La situazione dei manicomi nel 1961 in Italia
I calcoli sulle dimensioni della popolazione degli ospedali psichiatrici italiani nell’immediato Secondo dopoguerra si aggirano sulle decine di migliaia di pazienti. Nel reportage da Gorizia che Sergio Zavoli, giornalista RAI, gira nel 1967 (I giardini di Abele) si parla di 50 mila. Secondo la legge in vigore, ognuna di queste persone era stata privata dei diritti civili e iscritta al casellario giudiziario. I pazienti non erano quindi nella situazione di poter decidere autonomamente della propria esistenza. A determinare questi aspetti e l’ordinamento delle istituzioni psichiatriche è ancora la Legge n. 36 del 14 febbraio 1904 (Disposizioni sui manicomi e sugli alienati. Custodia e cura degli alienati), conosciuta anche come legge Giolitti, dal nome del ministro dell’Interno Giovanni Giolitti in carica allora.
Antipsichiatria e psichiatria alternativa
Basaglia è diventato il simbolo di una rivoluzione sanitario-sociale, ma non ha agito nel vuoto. Il suo contributo va contestualizzato rispetto all’ambiente in cui ha operato e alle conoscenze scientifiche dell’epoca. Un punto di partenza può essere la risposta dello stesso Basaglia a Zavoli che gli chiede cosa sia la malattia mentale. «Nessuno lo sa», risponde. E per molti versi è ancora così oggi: non si conoscono le basi neurologiche e biologiche di tanti dei disturbi che vengono ancora indicati come malattie della mente. Per le diagnosi, in molti casi, si fa riferimento al Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali che è composto di elenchi di sintomi che afferiscono a una determinata patologia: se si riscontra un certo numero di sintomi, allora il paziente o la paziente soffriranno di quella malattia.
L’apertura dei manicomi e una nuova libertà
A un approccio basato sulla costruzione di un rapporto medico-paziente nuovo, assieme alle novità farmacologiche dell’epoca, si fa strada velocemente in Basaglia una insofferenza per l’istituzione manicomiale. La prima riforma che mette in campo è l’apertura dell’ospedale, con i pazienti liberi di circolare in tutti gli edifici e il giardino, e di riprendere anche a frequentare la società oltre l’ospedale. Gorizia è il primo esempio di questo tipo, ma in un clima di trasformazione culturale come gli anni Sessanta, sono diversi i manicomi che seguono il suo esempio. A favorirlo è una nuova sensibilità da parte degli amministratori pubblici, a partire dai presidenti delle province che gestiscono la maggioranza dei 124 ospedali psichiatrici allora presenti in Italia. Nel 1968 si registra una prima trasformazione importante per i pazienti manicomiali. Con la legge Mariotti viene eliminato il ricovero coatto introdotto nel 1904 e i malati riacquistano i diritti civili. Basaglia fa un passo ancora più lungo: costituisce cooperative di pazienti lavoratori, così che gli ospiti dei manicomi possano lavorare e ricevere uno stipendio. In questo modo, acquisiscono una nuova dignità e una propria autonomia, che permette loro in alcuni casi di allontanarsi dall’indigenza che ha contribuito al loro stesso internamento.
Su Franco Basaglia e la sua attività le pubblicazioni sono sterminate. Per questo articolo, il punto di riferimento è stata la biografia scritta dallo storico John Foot "La Repubblica dei matti. Franco Basaglia e la psichiatria radicale in Italia 1961 - 1978" (Feltrinelli, 2015). Sul sito dell'editore è presente anche una presentazione video del libro registrata al Festival Letteratura di Mantova. Assieme a John Foot, sono presenti Massimo Cirri, conduttore radiofonico e psicologo, e Franco Rotelli, psichiatra dell'équipe di Basaglia.
Il reportage di Sergio Zavoli "Il giardino di Abele", girato a Gorizia nel 1967 e andato in onda sulla RAI nel 1968, è disponibile su Rai Play. Tra i tanti contributi video su Basaglia disponibili sul sito della televisione pubblica italiana manca purtroppo la fiction in due puntate realizzata dalla stessa RAI nel 2010. Il titolo è "C'era una volta la città dei matti" e Franco Basaglia è interpretato da Fabrizio Gifuni, mentre la regia è affidata a Marco Turco.





