C’è chi è diventato immortale perché il proprio nome è diventato un’unità di misura. È successo tra gli altri a James Watt, Wilhelm Hertz, Marie Curie. Altri hanno dato il loro nome a una legge, come è successo per esempio a Hans Christian Ørsted, o hanno associato il proprio nome a un’idea rivoluzionaria, come nel caso di Dmitrij Ivanovic Mendeleev. Così il nome di Louis Pasteur rimarrà per sempre legato a un procedimento che lui stesso ha studiato e con il quale ha salvato l’industria vinicola francese: la pastorizzazione. Ma i suoi contributi spaziano in talmente tanti ambiti della ricerca scientifica, sempre con originalità, da essere considerato uno dei più grandi scienziati di sempre.
Oltre ad aver messo a punto la pastorizzazione, Pasteur ha infatti ideato molti vaccini per altrettante malattie che colpiscono sia gli esseri umani, sia alcune specie di animali da allevamento, e ha dimostrato che la generazione spontanea era una credenza sbagliata. Nonostante abbia per certi versi fondato una nuova disciplina, la microbiologia, alcuni storici della scienza ritengono che il suo contributo più profondo e originale riguardi la cristallografia, quindi un settore della fisica. Nel 1848, infatti, è il primo a dimostrare la chiralità molecolare e il primo a spiegare l’isomeria.
La pastorizzazione
Louis Pasteur nasce a Dole, in Borgogna, il 27 dicembre del 1822 in una umile famiglia di conciatori di pelli. Il padre, però, riesce a farlo studiare e nel 1842 tenta di entrare all’École Normale Supérieure di Parigi, all’epoca una delle scuole universitarie più prestigiose del mondo. All’esame ottiene voti mediocri, ma sufficienti per iscriversi, eppure rifiuta. È un fatto che i biografi indicano come significativo del suo carattere perfezionista. Decide di studiare un anno in più per migliorare e potersi così iscrivere dopo aver raggiunto il vertice della graduatoria. Così avviene e quattro anni più tardi, dopo gli studi, comincia la sua carriera di ricercatore nella stessa École. I primi anni li dedica alla cristallografia, studiando chiralità e isomeria delle molecole, arrivando a soli 26 anni a importanti risultati.
Tra il 1854 e il 1863 tiene la cattedra di chimica all’Università di Lille, dove comincia a studiare i processi di fermentazione, stimolato dalle richieste dell’industria locale che ricava alcol etilico dalla fermentazione delle barbabietole. Ritornato a Parigi, questi studi sono il primo passo nel mondo della microbiologia. L’industria vinicola francese, molto importante anche per l’economia nazionale, vuole risolvere il problema delle cosiddette “malattie dei vini”. In alcuni casi, infatti, senza nessun motivo apparente, alcuni vini andavano a male, diventando amari. Pasteur dimostra che la causa è la decomposizione dei batteri e che è sufficiente riscaldare per breve tempo il vino a una temperatura tra i 50 e i 60 °C per evitare il problema. Ha inventato il metodo di pastorizzazione.
La messa a punto della pastorizzazione è un evento epocale. Non solo perché ancora oggi, migliorata e raffinata, permette la conservazione di vini, birre e latte, ma anche perché si basa su una nuova concezione della vita. L’esistenza dei batteri, a metà dell’Ottocento, era una teoria controversa e non esistevano ancora microscopi in grado di farli vedere chiaramente agli scienziati. Anche sul fronte delle malattie, l’idea che il raffreddore sia causato da un microrganismo invisibile a occhio nudo, contraddiceva le convinzioni scientifiche dell’epoca, che imputavano alle “arie contaminate”, o miasmi, la trasmissione delle malattie. L’efficacia del processo di Pasteur implica una moderna teoria microbiologica.
Il vaccino antirabbico
Dopo vini e birra, Pasteur comincia a dedicarsi allo studio delle malattie e sviluppa una serie di vaccini per diversi patogeni. Per un ventennio lavora a vaccini per alcune malattie del baco da seta, contro il colera dei polli e il carbonchio di bovini, ovini, equini. Ma a dargli ulteriore fama è il vaccino contro la rabbia.
La rabbia è una malattia dei cani può essere trasmessa alle persone attraverso il morso di un cane infetto. All’epoca di Pasteur non esistono medicinali e il decorso porta nella totalità dei casi alla morte dei malati. Non si tratta di una malattia per la quale si registrano molti casi, ma è comunque un problema sociale diffuso. I primi tentativi di produrre un vaccino si basano, come nei casi precedenti, sul principio dell’inoculazione di un materiale infetto attenuato, cioè reso meno aggressivo e meno pericoloso. Per il colera dei polli, per esempio, l’attenuazione si può ottenere esponendo all’aria il siero prelevato da animali infetti.
Per la rabbia il processo è più complicato, perché bisogna usare il midollo spinale di cani rabbiosi che, esposto all’aria, marcisce rapidamente. È un suo collaboratore e collega, Émile Roux, a mettere a punto il metodo per seccare il midollo infetto, riuscendo così a ottenere il materiale attenuato necessario per la vaccinazione. La dimostrazione dell’efficacia del metodo avviene nel 1885, quando Pasteur decide di testarlo su un ragazzino, Joseph Meister, che era stato morso da un cane rabbioso. Non avrebbe avuto nessuna speranza, se si fosse ammalato, di sopravvivere, perciò Pasteur decide di correre il rischio, comportandosi in un modo che oggi non sarebbe ritenuto eticamente corretto. Meister sopravvive e diventa il primo essere umano vaccinato contro la rabbia, aumentando ancora di più la nomea di Pasteur come lo scienziato che cura le malattie.
Controversie
Nonostante i grandi risultati ottenuti, Pasteur è anche oggetto di alcune controversie. La prima è quella che riguarda la sperimentazione del vaccino della rabbia sugli esseri umani senza avere alcune certezza circa la sua efficacia e la sua sicurezza. Il rischio che Meister non si fosse ammalato per il morso del cane, ma potesse contrarre la rabbia per il vaccino attenuato era concreto.
In occasione del centenario della sua morte, avvenuta nel 1895, lo storico della scienza Gerald Geison ha pubblicato una nuova biografia dello scienziato, potendo per la prima volta accedere ai suoi taccuini privati. Secondo questa ricostruzione, Pasteur avrebbe fornito spesso nella sua carriera ricostruzioni edulcorate e manipolate dei risultati delle sue scoperte più importanti. In particolare, sembrerebbe che Pasteur non amasse riconoscere la paternità delle idee altrui, come per esempio nel caso del metodo messo a punto da Émile Roux. In seguito, la polemica si è in parte ridimensionata, ma non cancellata. Patrice Debré, un immunologo francese anch’egli autore di una recente biografia, sostiene che Pasteur sia stato un genio, ma che fosse «ingiusto, combattivo, arrogante, di cattive maniere, inflessibile e persino dogmatico».
Louis Pasteur in un’immagine realizzata da Félix Nadar (1820-1910).