Secondo l’ultimo report del World Inequality Lab, in media, oggi, una persona emette circa 6,6 tonnellate di CO₂ all’anno. Sei tu che stai leggendo? Un neonato di pochi mesi? O un amministratore delegato che viaggia da un continente all’altro con il suo jet privato? Ovviamente questi profili di persone non emettono la stessa quantità di anidride carbonica. Il concetto di media è molto utile per riassumere le caratteristiche di un fenomeno misurabile con un solo numero, ma in alcuni casi può invece essere fuorviante.
È provato infatti che le persone più ricche contribuiscano in maniera maggiore alle emissioni rispetto al resto della popolazione; queste differenze individuali emergono anche dal confronto tra cittadini di Paesi che hanno redditi medi diversi. Per esempio, negli Stati Uniti, le emissioni pro capite possono superare le 20,8 tonnellate di CO₂ all’anno (pari a quelle che emettono 13 cittadini dell’Africa subsahariana), mentre nei paesi del cosiddetto Sud Globale, come l’India, il valore si aggira intorno a 2 tonnellate per persona.
Lo stesso report del World Inequality Lab ci dice che il 10% dei maggiori emettitori è responsabile di quasi il 50% delle emissioni totali, mentre il 50% della popolazione con le emissioni più basse contribuisce solo al 12% del totale. La media, in questo caso, è un dato che non racconta la verità, ma rischia di distorcerla.
Ci sono poi nuovi dati prodotti dall’organizzazione internazionale Oxfam e usciti in occasione della 29esima Conferenza del Clima di Baku che ci possono aiutare a capire perché bisogna fare attenzione quando viene comunicato il valore medio di un qualsiasi fenomeno o comportamento. Il titolo, eloquente, è Carbon inequality kills, cioè “Le disuguaglianze nelle emissioni uccidono”.
Dall’analisi condotta dall’ong risulta che un miliardario tra i 23 più ricchi al mondo ha volato, in media (di nuovo!), 184 volte su un jet privato nel 2023, trascorrendo 425 ore in volo ed emettendo così in atmosfera una quantità di CO2 pari a quella che una persona emetterebbe mediamente in 300 anni.
Questi dati dimostrano che la ricchezza estrema contribuisce in modo significativo alla crisi climatica, soprattutto con i viaggi sui jet privati, ma anche con gli yacht: quelli di 18 miliardari hanno prodotto tanta anidride carbonica quanto quella emessa in 860 anni da un cittadino medio globale.
Guardare dentro i gruppi di persone, cercare il dato disaggregato
La disuguaglianza nelle emissioni non si limita al confronto tra Paesi diversi, ma emerge anche all’interno delle stesse comunità. In Europa, il 50% più povero della popolazione emette circa 5 tonnellate di CO₂ pro capite all’anno, mentre il 10% più ricco ne emette in media 29 tonnellate. Questa enorme disparità mostra come le emissioni siano fortemente correlate con il reddito anche all’interno dello stesso Paese.
Inoltre, il rapporto del World Inequality Lab, ci racconta che il 50% più povero della popolazione nei paesi ricchi è già in linea o vicino agli obiettivi climatici fissati per il 2030, mentre il resto della popolazione, in particolare la fascia più ricca, non lo è. Questo suggerisce che le politiche climatiche dovrebbero essere maggiormente orientate alla riduzione delle emissioni delle persone con un reddito più alto, invece gravare soprattutto sui gruppi a basso reddito. L’utilizzo del valore medio pro capite delle emissioni rischia di essere quindi fuorviante per descrivere le misure di contrasto al riscaldamento globale.
E uomini e donne emettono la stessa quantità di anidride carbonica? Anche qui, meglio guardare dal dato disaggregato, perché le differenze di genere giocano un ruolo significativo nella disuguaglianza delle emissioni. La quota di reddito da lavoro femminile nel 2022 – anno di riferimento del report – è rimasta attorno al 30-35% del totale: le donne, dunque, guadagnando meno e avendo meno accesso alla ricchezza, contribuiscono anche in misura minore alle emissioni di CO₂ rispetto agli uomini. I grandi emettitori, come i proprietari di jet privati e yacht, sono prevalentemente uomini, spesso appartenenti a settori come la finanza, il banking e il real estate.
Confrontare i dati storici
Confrontare un dato tra paesi diversi e tra fasce di reddito è utile, ma è fondamentale anche guardare indietro nel tempo. L’anidride carbonica resta nell’atmosfera per secoli, quindi la CO2 emessa nell’Ottocento contribuisce al cambiamento climatico a cui assistiamo oggi. Sebbene abbia senso concentrarsi sulle emissioni attuali, perché è su queste che possiamo intervenire per ridurle, è fondamentale considerare anche i contributi storici dei vari paesi.
Il Regno Unito, per esempio, ha bruciato grandi quantità di carbone per secoli, sviluppando la propria economia e ricchezza grazie a industrie alimentate da combustibili fossili, che hanno portato agli alti standard di vita di cui gode oggi. Lo stesso vale per molti altri paesi ricchi, i quali, pur rappresentando attualmente una quota ridotta delle emissioni globali, hanno contribuito in modo significativo nel corso del tempo.
- Il World Inequality Database
- Il report Carbon Inequality Kills
- L’account Instagram Jet dei ricchi
immagine di copertina: Jet privato Gulfstream G-400 (Wikipedia)