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JUNO, ti presento IZUMO1

Quali sono le proteine che permettono la fusione tra spermatozoo e oocita? Storia di JUNO e IZUMO1, la coppia molecolare che guida la riproduzione dei mammiferi.

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Il primo contatto tra uno spermatozoo e un oocita rappresenta uno dei momenti cruciali della riproduzione sessuata: solo un incontro azzeccato può innescare la sequenza di eventi che porterà alla fusione dei due gameti e a un nuovo individuo. Ma che cosa avviene a livello molecolare durante questo primo incontro? Per quanto possa sorprendere, ad oggi gli scienziati conoscono solo una coppia di proteine coinvolte nella prima "stretta di mano" tra gameti: JUNO e IZUMO1. Oggi, grazie al contributo di diversi gruppi di ricerca, la struttura tridimensionale di queste proteine e i dettagli della loro interazione iniziano a essere svelati.

Il momento della fusione tra uno spermatozoo e un oocita (Immagine: Wikipedia).

Non basta incontrarsi, serve riconoscersi

Fino a non molti anni fa, gli attori molecolari coinvolti nell'incontro tra spermatozoo e oocita erano del tutto sconosciuti. Una carenza che sorprende ancora di più se si pensa invece a tutti i progressi fatti nel descrivere altri incontri tra cellule, come per esempio quelli tra cellule del sistema immunitario e patogeni. Negli ultimi anni, le tecniche per la manipolazione dei gameti in vitro hanno permesso uno studio più accurato anche della fecondazione; nonostante questo, le molecole ad oggi note - sia per lo spermatozoo sia per l'oocita - si contano sulle dita di una mano o poco più. Tra queste, però, ve ne sono due del tutto speciali: si tratta della coppia molecolare JUNO-IZUMO1, due proteine espresse rispettivamente sulla membrana dell'oocita e dello spermatozoo. Il legame tra JUNO e IZUMO1 è considerato oggi uno degli eventi indispensabili per innescare la cascata di eventi che porta alla formazione dello zigote.  

Storia di IZUMO1

IZUMO1 viene da un clan nobile, imparentato con la superfamiglia delle immunoglobuline. Incute rispetto già il suo nome, ispirato a Izumo-taisha, uno dei più importanti santuari giapponesi dedicati al matrimonio. Della famiglia IZUMO fanno parte anche altri tre membri, nessuno dei quali però sembra svolgere un ruolo nella fecondazione. Questa funzione è riservata a IZUMO1. Nel 2005, un gruppo di ricercatori giapponesi ha infatti dimostrato che l'assenza congenita di IZUMO1 non comporta alcun difetto per le femmine, mentre i maschi, pur essendo perfettamente sani, sono sterili. Il problema dipende dall'incapacità degli spermatozoi di riconoscere e fondersi con l'oocita. Tant'è vero che, se il nucleo dello spermatozoo è iniettato direttamente nell'oocita (bypassando, quindi, la fase di fusione), i nuclei dei due gameti si uniscono senza problemi, generando un nuovo individuo. Il ruolo chiave di IZUMO1 è stato dimostrato anche da studi di microscopia: IZUMO1 si trova inizialmente concentrato sulla punta della testa dello spermatozoo. Tuttavia, durante la fase di reazione acrosomale, IZUMO1 inizia a spostarsi un po' più in basso, verso la linea equatoriale della testa dello spermatozoo: guarda caso, proprio nel punto da cui prende avvio la fusione della membrana del gamete maschile con quello femminile.

Le fasi di interazione dello spermatozoo con l'oocita (Immagine: Pixabay).

Storia di JUNO

Dalla scoperta di IZUMO1 si sono dovuti aspettare quasi dieci anni prima che la sua controparte sulla membrana dell'oocita fosse scoperta. Il merito di questa scoperta va a Enrica Bianchi che nel 2014, insieme ai colleghi del Wellcome Trust Sanger Institute, ha reso nota la scoperta di un recettore per il folato (Flr4) in grado di legarsi a IZUMO1: la proteina è stata ribattezzata JUNO, in onore di Giunone, la dea romana dell'amore e della fertilità. I topi knockout per JUNO hanno un fenotipo che è l'esatta controparte di quello dei topi knockout per IZUMO1: maschi e femmine sono entrambi sani, ma le femmine - e solo le femmine - sono sterili. Le analisi al microscopio dimostrano che JUNO è diffusa su tutta la membrana dell'oocita, ma dopo la fase iniziale della fecondazione avviene un cambiamento importante: JUNO scompare rapidamente dalla membrana (mediante un fenomeno chiamato shedding) e, circa 40 minuti dopo, non ve n'è più traccia. Gli scienziati pensano che questo fenomeno contribuisca a impedire l'interazione con altri spermatozoi e la polispermia.

Struttura della proteina JUNO, recettore per IZUMO1 (Immagine: Wikimedia Commons).

Un incontro recente

L'interazione tra JUNO e IZUMO1 è una prerogativa dei mammiferi. In altri organismi a riproduzione sessuata, queste proteine non sembrano giocare un ruolo essenziale nella fecondazione. La storia del loro incontro deve dunque essere, evolutivamente parlando, piuttosto recente. Analisi filogenetiche e bioinformatiche hanno dimostrato che sia IZUMO1 sia JUNO derivano da proteine ancestrali con una lontana origine evolutiva. Tuttavia, solo di recente, e solo nei mammiferi, le due proteine avrebbero iniziato a interagire e a coevolvere sotto le medesime spinte selettive. In particolare, gli studi dimostrano che JUNO - nonostante l'omologia con i recettori per il folato - non è di fatto in grado di legarne la molecola. È quindi probabile che JUNO abbia avuto origine dalla duplicazione di un gene ancestrale, seguita da neofunzionalizzazione e dalla capacità di legare IZUMO1.  

Una storia ancora da scrivere

In questo quadro c'è però qualcosa che lascia gli scienziati perplessi: in quale modo l'interazione tra JUNO e IZUMO1 porta alla fusione delle membrane dei gameti? JUNO è un classico recettore di membrana e IZUMO1 contiene solo il dominio immunoglobulinico, tipico delle proteine di adesione. Nessuna traccia, invece, dei domini strutturali tipici delle proteine che favoriscono la fusione di membrane. Ma qualche passo avanti si sta facendo: due recenti studi hanno messo in luce, mediante analisi cristallografiche ai raggi X, i dettagli strutturali di JUNO, IZUMO1 e del complesso formato dal loro legame. L'ipotesi che si fa strada è che l'interazione tra JUNO e IZUMO1 sia un primo, indispensabile, incontro che fa da preludio alla formazione di complessi multiproteici sulla membrana: tra le proteine accessorie di questo complesso vi potrebbero essere le vere responsabili - purtroppo ancora sconosciute - della fusione. I punti da chiarire rimangono ancora molti, ma è certo che con JUNO e IZUMO1 si è aperta la strada alla comprensione di uno dei fenomeni biologici più affascinanti. Capire come queste - e altre - proteine contribuiscono alla fusione dei gameti potrebbe in futuro aiutare a sviluppare nuovi trattamenti contro la sterilità, oppure - per contro - a farmaci contraccettivi che non comportino l'assunzione di ormoni.   -- Immagine box: Wikimedia Commons Immagine banner: Shutterstock Ringrazio Vittorio Gaydou per aver fornito l'interessante spunto ad approfondire l'interazione tra JUNO e IZUMO1.

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