La medicina personalizzata o medicina di precisione rappresenta un nuovo modo di affrontare e prevenire le malattie, che tiene conto della variabilità genetica di ciascun individuo, della sua storia clinica e del suo stile di vita.
Il genoma di ciascuna persona, interagendo con l’ambiente e influenzato da fattori come la dieta, l’alcol o l’abitudine al fumo, può condizionare diversi aspetti di una patologia complessa: l’età d’esordio, la velocità di progressione, la risposta alle terapie o la comparsa di effetti collaterali in seguito al trattamento. Conoscere quali sono le caratteristiche genetiche che influenzano questo dialogo tra genoma e ambiente può aiutare a diagnosticare e trattare una malattia in modo più preciso ed efficace.
L’idea di fondo è modificare l’approccio alla prevenzione, diagnosi e cura delle malattie per renderlo più globale e inclusivo di tutte le caratteristiche di una persona. Questo metodo comporta un notevole cambio di prospettiva: i protocolli diagnostici e terapeutici tradizionali vengono in genere strutturati sulla base del “paziente medio”, mentre la medicina personalizzata intende prendere in considerazione la variabilità della popolazione, in modo da sviluppare terapie mirate per sottogruppi selezionati. La variabilità genetica nella popolazione diventa quindi un elemento di cui è importante tenere conto per sviluppare protocolli terapeutici sempre più mirati.
C’è chi obietta che la medicina è da sempre personalizzata; ogni medico sa che, per trattare una patologia complessa, come una malattia cardiovascolare o neurodegenerativa, serve una valutazione globale che tenga conto non solo degli esami clinici e strumentali, ma anche della storia del paziente, della familiarità, del suo stile di vita, perché questi fattori possono incidere sulla progressione della malattia o sulla risposta alle terapie. Questo è certamente vero, ma lo è altrettanto il fatto che molto spesso è difficile capire le ragioni e i meccanismi molecolari alla base di queste differenze individuali. La diffusione di test molecolari oggi promette, e in alcuni casi già consente, di approfondire la comprensione di queste differenze tra persone e di tenerne conto per scegliere la terapia più indicata.
Questi due termini vengono spesso usati in modo intercambiabile, anche se alcuni ricercatori attribuiscono loro sfumature diverse. Nei Paesi anglosassoni oggi si preferisce usare “medicina di precisione”, per evitare che l’aggettivo “personalizzata” venga interpretato come un tipo di terapia messa a punto per un solo individuo. Qui useremo, oltre a medicina di precisione, anche il termine medicina personalizzata, che rimane molto usato in Italia e in Europa, ma sempre nell’accezione di una medicina che mira a sviluppare strategie efficaci per gruppi di pazienti che condividono specifiche caratteristiche genetiche e molecolari.
Come nasce la medicina di precisione?
Da sempre la medicina deve fare i conti con la consapevolezza che persone diverse, anche se con la stessa malattia, possono rispondere ai trattamenti in modo molto variabile: accanto a chi risponde rapidamente, c’è chi non trae benefici dalla terapia oppure manifesta effetti collaterali così gravi da costringere a interrompere o cambiare trattamento.
In questo ambito hanno fatto scuola gli studi di oncologia. Il primo criterio di classificazione di un tumore si basa sul tessuto in cui si è formato; le caratteristiche istologiche del tumore ci permettono di distinguere, per esempio, un carcinoma mammario da un carcinoma del colon. Eppure, gli oncologi sanno da tempo che lo stesso tipo di tumore può svilupparsi in modi molto diversi. Questo accade perché i tumori sono costituiti da cellule con caratteristiche genetiche che possono cambiare molto da una persona all’altra, influenzando l’esito delle terapie. Per esempio, circa il 20-25% dei tumori al seno esprime quantità eccessive del recettore HER2 (recettore 2 del fattore di crescita epidermico umano), che favorisce la crescita delle cellule tumorali. Grazie a una terapia mirata, i tumori che possiedono HER2 possono oggi essere trattati con l’anticorpo monoclonale trastuzumab che agisce in modo mirato contro questo recettore. Agli studi oncologici si deve anche la scoperta dell’imatinib, un farmaco che inibisce la crescita nelle cellule di leucemia mieloide cronica che presentano un’anomala fusione di due geni (BRC/ABL). Questi due farmaci sono efficaci solo per i tumori che presentano queste caratteristiche molecolari, mentre non avrebbero alcun effetto in quelli che ne sono privi.
Le terapie mirate, come quelle appena descritte, si sono moltiplicate negli ultimi anni e hanno migliorato l’aspettativa di vita di molti pazienti affetti da tumore. Tuttavia, per quanto questi farmaci siano specifici, non bastano ad azzerare le diverse risposte che i pazienti continuano tuttora a presentare. Oltre alla variabilità genetica delle cellule tumorali è infatti importante iniziare a tenere conto della variabilità genetica delle persone. È a questo punto che entrano in gioco gli studi di farmacogenetica, il cui obiettivo è quello di capire come le differenze genetiche possono influenzare la risposta a uno specifico farmaco: questo è il primo esempio di medicina personalizzata che mira a una “stratificazione” dei pazienti, cioè alla loro suddivisione in gruppi sulla base delle loro caratteristiche genetiche e molecolari.
Questo concetto si sta diffondendo a molti ambiti, non solo quello oncologico. Per esempio, il metabolismo del warfarin, un anticoagulante, è influenzato da specifiche varianti dell’enzima che lo metabolizza (CYP2C9) e di un enzima che attiva la vitamina K (VKORC1). Sapere se la persona ha o meno queste varianti può aiutare a trovare da subito la dose ottimale.
Dalla farmacogenetica alla medicina personalizzata
Oggi la medicina personalizzata rappresenta il punto in cui convergono molte delle innovazioni che, negli ultimi trent’anni, sono fiorite nel campo della genetica, della biologia molecolare, delle biotecnologie mediche e farmaceutiche, e dell’informatica applicata alle scienze della vita. L’origine di questa rivoluzione è stato il Progetto Genoma Umano (PGU), completato nel 2000 dopo dieci anni di ricerche.
Da quel momento è cambiato del tutto il modo di fare ricerca biomedica: il completamento del PGU ha infatti segnato l’inizio dell’era della genomica e ha spianato la strada alla nascita di altre scienze omiche - come la trascrittomica, la proteomica, l’epigenomica o la metabolomica - che oggi ci permettono di iniziare a delineare il profilo molecolare di organi, tessuti e, talvolta, singole cellule.
Dall’analisi di tutti questi dati si può ottenere il profilo patogenetico di specifici gruppi di pazienti, cioè un quadro dettagliato dei meccanismi molecolari che possono aver favorito la comparsa della malattia: questo è il punto di partenza per progettare trattamenti più efficaci, in grado di sabotare i meccanismi molecolari responsabili della malattia.
Quali sono gli obiettivi della medicina personalizzata?
L’obiettivo generale della medicina personalizzata è assicurare che ciascun paziente riceva il trattamento giusto al momento giusto. Questo traguardo può essere raggiunto mediante diverse strategie, ciascuna con il proprio obiettivo.
1. Prevenire le malattie. Grazie a specifici biomarcatori (genetici, ma non solo), si può definire il rischio che una persona sviluppi una certa malattia prima ancora della comparsa dei sintomi. Questo permette di mettere in atto strategie preventive o trattamenti che, se messi in atto precocemente, risultano più efficaci.
2. Scegliere terapie mirate. Test diagnostici mirati possono aiutare a scegliere la terapia migliore. Come per i farmaci imatinib o trastuzumab, l’analisi delle caratteristiche biologiche del tumore permette di selezionare i pazienti che potranno beneficiare del trattamento e, da subito, indirizza gli altri verso terapie alternative.
3. Ridurre gli effetti collaterali e le reazioni avverse. I test di farmacogenetica aiutano a prevedere quali trattamenti sono più sicuri e con meno effetti avversi per una persona in base al suo profilo genetico. Molti effetti collaterali sono infatti riconducibili a varianti di geni che codificano per enzimi coinvolti nel metabolismo dei farmaci, come il citocromo P450: in base alla variante, il farmaco verrà metabolizzato più o meno velocemente. Questo può spiegare perché alcuni pazienti soffrono di effetti avversi come se fossero stati esposti a dosaggi troppo alti (il farmaco viene metabolizzato troppo lentamente e si accumula nell’organismo) e altri invece sembrano non beneficiare del farmaco (che viene metabolizzato ed eliminato prima che possa fare effetto).
4. Sviluppare nuovi farmaci. Grazie alla diffusione delle indagini molecolari, oggi sappiamo che anche tumori diversi possono condividere la stessa alterazione molecolare. Questo permette di concentrare la terapia non solo sulle caratteristiche istologiche (tumore del seno, del colon, del polmone ecc.) ma anche sul meccanismo molecolare che sostiene la crescita anomala delle cellule o la loro capacità di formare metastasi. A settembre del 2021 è stato approvato il primo “farmaco jolly”: si tratta del larotrectinib, un anticorpo monoclonale che può essere usato per trattare tutti i tumori con una fusione dei geni Ntrk, indipendentemente dall’organo in cui ha avuto origine. Il cambio di prospettiva rispetto al passato è evidente: non si cura il tumore al seno o quello alla prostata, ma si colpisce la mutazione che ne è alla base.
5. Aumentare il successo della terapia. Se le terapie si dimostrano da subito più efficaci e hanno meno effetti collaterali, è più probabile che le persone le seguano senza interruzioni. Questo è particolarmente importante per patologie croniche con cui è necessario convivere per tutta la vita.
6. Diminuire l’uso di test invasivi a favore di test molecolari. Per alcune patologie, la diagnosi e il follow-up dei pazienti richiedono test invasivi, come le biopsie, che però sono talvolta difficile da eseguire o pericolose. L’uso di test molecolari e di biomarcatori affidabili potrebbe ridurre l’uso delle pratiche più invasive, sostituendole come un prelievo di sangue. Ne è un esempio la “biopsia liquida” usata per monitorare il carcinoma del fegato, grazie alla quale si può estrarre e analizzare il DNA delle cellule tumorali che circolano nel sangue.
7. Favorire una sanità più efficiente e sostenibile. Il tema della sostenibilità tocca anche le scelte terapeutiche. Come? Diagnosticare malattie a uno stadio molto precoce, intraprendere fin da subito i percorsi terapeutici più adatti, evitare trattamenti inutili e dosaggi inadeguati, ridurre gli effetti collaterali più gravi e i ricoveri ospedalieri che ne derivano: questi sono alcuni esempi di come la medicina di precisione può rendere le terapie sempre più sicure e sostenibili.
Quali sono gli strumenti della medicina personalizzata?
Il principale strumento a disposizione della medicina di precisione è il sequenziamento del DNA. Come abbiamo visto, grazie allo studio del DNA si può, in alcuni casi, stabilire se una persona possiede una variante genica che aumenta o diminuisce l’efficacia di un farmaco.
Oltre al sequenziamento esistono anche altre strategie di studio della variabilità individuale, che permettono di rendere i criteri di stratificazione dei pazienti sempre più precisi, non solo per lo studio dei tumori ma anche di molte patologie complesse, come i disturbi cardiovascolari o le malattie neurodegenerative. Oggi è possibile analizzare anche altre biomolecole, per ciascuna delle quali è nato un settore di ricerca dedicato: per ciascun tessuto o organo si possono raccogliere informazioni sul contenuto di RNA (trascrittomica), di proteine (proteomica) o di metaboliti (metabolomica). Un esempio di questo tipo di applicazione è MammaPrint, un test che analizza l’espressione di 70 molecole di RNA in cellule di carcinoma mammario e permette di stimare il rischio di metastasi.
Si possono inoltre studiare anche le modifiche epigenetiche (epigenomica) che influenzano l’espressione o il silenziamento di specifici geni. Le informazioni ottenute dalle diverse scienze omiche possono poi essere “incrociate” tra di loro, per capire come le biomolecole si influenzano a vicenda: questo è il campo di indagine della network medicine o medicina delle reti.
Le caratteristiche individuali che possono influenzare l’esito di una terapia o la progressione di una malattia possono riguardare anche il microbiota. Alcuni studi suggeriscono che le interazioni del microbiota con il sistema immunitario possono influenzare l’esito della chemioterapia in alcuni tumori: l’analisi della composizione del microbiota potrebbe quindi diventare uno strumento per valutare il tipo di trattamento da intraprendere.
Lo stesso ragionamento vale per gli effetti che l’assetto ormonale e le sue oscillazioni periodiche possono avere sulla predisposizione a malattie e sulla risposta ai farmaci: questi sono i principi su cui si basa la medicina di genere, una delle aree più promettenti della medicina personalizzata.
Le ramificazioni e i campi di applicazione della medicina di precisione sono numerose e aumentano di giorno in giorno con il miglioramento delle tecnologie biomediche e informatiche.
Nei prossimi approfondimenti dell’Aula di Scienze, descriveremo alcune di queste aree di studio, i concetti su cui si basano, i risultati raggiunti e le sfide ancora da affrontare.
Il sequenziamento genico e altri test molecolari aiutano a suddividere i pazienti in gruppi e a scegliere per ciascuno la terapia più adatta (immagine: Wikimedia Commons)
La farmacogenetica combina esami biochimici tradizionali con test genetici per individuare specifiche varianti nel genoma; i risultati di questa analisi combinata indirizza in modo più preciso la terapia (immagine: Gizem Calibasi Kocal and Yasemin Baskin, 2017)
La biopsia liquida permette di studiare cellule tumorali in circolo nel sangue (Circulating Tumor Cells, CTC) e il loro DNA (circulating free tumor DNA, ctDNA) (immagine: Wikimedia Commons)
L’obiettivo della medicina personalizzata: dare il farmaco giusto alla persona giusta al momento giusto.