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Un coinquilino ingombrante ma essenziale

La metagenomica ci permette di studiare la composizione del microbiota in condizioni di salute e malattia. Che cosa succede se il microbiota si altera?

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Per gran parte della storia umana, non ci siamo nemmeno accorti della loro esistenza. Fino a quando, a partire dalla fine del XVII secolo, sono apparsi sotto le lenti dei primi microscopi: da quel momento, i microrganismi sono passati dall’essere coinquilini invisibili della nostra vita a protagonisti degli studi di microbiologia.

Per molti decenni, l’analisi dei microrganismi è andata di pari passo con l’indagine delle malattie infettive: se, infatti, i microrganismi erano passati inosservati fino a quel momento, lo stesso non si poteva dire dei loro effetti. Vaiolo, tubercolosi, tifo e peste sono solo alcune delle malattie infettive, causate da microrganismi patogeni, con cui l’umanità si è dovuta confrontare nel corso della sua storia. Eppure, non tutti i microrganismi causano malattie: con molti di essi gli esseri umani convivono senza ricevere danni e, talvolta, ne acquisiscono anche dei benefici, come nel caso delle comunità microbiche che formano il microbiota umano, cioè l’insieme di batteri, virus e funghi che vivono sulla superficie o all’interno del corpo umano.

Grazie agli studi di metagenomica, oggi possiamo studiare l’identità e le funzioni dei numerossimi microrganismi che vivono a contatto con i nostri tessuti e che costituiscono un universo perfettamente integrato con il nostro corpo: quasi un vero e proprio mondo parallelo, che non si limita a colonizzare i tessuti umani ma - come previsto dal galateo delle relazioni simbiotiche - ricambia l’ospitalità elargendo funzioni fondamentali per la nostra salute.

Che cosa studia la metagenomica

La metagenomica è la scienza omica che studia il genoma delle comunità microbiche che si possono trovare nell’ambiente esterno agli organismi, per esempio nel suolo o in un campione di acqua, oppure all’interno o a contatto con altri organismi, come il microbiota umano.

Per quasi due secoli, gli studi di microbiologia si sono basati quasi esclusivamente su test di laboratorio in cui i microrganismi (soprattutto i batteri) venivano “coltivati” e fatti crescere in condizioni artificiali. Piastre Petri con terreno agar e altri additivi sono stati fondamentali per rendere sistematici gli studi di microbiologia, per scoprire gli agenti patogeni di alcune malattie infettive e per testare i farmaci efficaci nel debellarli. Eppure, le colture microbiologiche tradizionali si basano su colture artificiali che eliminano il contesto ecologico in cui normalmente proliferano i microrganismi: questo ha limitato molto la nostra capacità di conoscere la moltitudine di microrganismi che popola l’ambiente in cui viviamo o che vive all’interno di specifiche nicchie ecologiche interne al nostro corpo, come il tratto gastrointestinale o le mucose dell’apparato respiratorio.

Grazie alla metagenomica, oggi possiamo isolare direttamente dall'ambiente naturale e poi sequenziare il genoma dei microrganismi presenti in diversi distretti anatomici. Questo ha permesso finalmente di arricchire il quadro delle comunità microbiche presenti nel nostro corpo e di caratterizzare molti di quei microrganismi che in passato sono passati inosservati solo perché non si conoscevano le condizioni per coltivarli in laboratorio con i metodi tradizionali.

Tra gli studi di matagenomica che più hanno contribuito ad aumentare le nostre conoscenze sul microbiota umano ci sono lo Human Microbiome Project (HMP) e il Metagenomics of the Human Intestinal Tract consortium (MetaHIT). I risultati di questi consorzi di ricerca hanno permesso di ottenere un primo atlante dei taxa microbici presenti sulla superficie o all’interno del corpo umano e di mettere in luce le prime associazioni tra composizione del microbiota e condizioni di salute o malattia. Grazie alle tecniche di sequenziamento, applicate in modo specifico ai genomi di origine batterica, è stato possibile creare anche un catalogo dei geni di tutti i microrganismi trovati: queste informazioni sono fondamentali per dedurre quali vie metaboliche sono attive in questi microrganismi e quali funzioni svolgono nel corpo umano in condizioni sia fisiologiche sia patologiche.

Come si fa a sequenziare i genomi del microbiota?

Negli studi di metagenomica è importante che il sequenziamento sia diretto agli acidi nucleici della comunità microbica. Per distinguerli dalle sequenze derivanti dal genoma umano, un metodo molto usato è quello di sequenziare gli acidi nucleici che contengono una sequenza specifica dei procarioti e assente nelle cellule eucariote: si tratta della sequenza che codifica per l’unita 16S dell’RNA ribosomiale. Oltre a essere molto specifica, la subunità 16S dell’rRNA è anche la più conservata ed è quindi un ottimo punto di riferimento per individuare e caratterizzare i diversi taxa microbici.

Il microbiota: l’organo che non sapevamo di avere

Il microbiota è costituito da un numero di cellule microbiche così grande da superare di gran lunga il numero totale di cellule eucariote che costituisce il nostro corpo: una presenza che non può passare inosservata, tanto che alcuni considerano il microbiota un vero e proprio “organo in più”. Anche se questa definizione può sembrare forzata, senza dubbio il microbiota è un elemento imprescindibile per la nostra salute fin dalla nascita, e si fa carico ogni giorno di numerose funzioni metaboliche su cui il nostro corpo fa costantemente affidamento.

L’esempio più conosciuto è quello del microbiota intestinale (un tempo chiamato “flora batterica”), costituito da batteri, virus e funghi che risiedono all’interno del canale digerente e svolgono numerose funzioni:

  • digeriscono macromolecole complesse che noi non saremmo in grado di digerire;
  • contribuiscono allo sviluppo e all’attivazione del sistema immunitario innato ed adattativo;
  • costituiscono una difesa contro organismi patogeni: occupando la superficie dell’intestino, i microrganismi competono con i potenziali patogeni che potrebbero invadere e colonizzare l’apparato digerente;
  • permettono la sintesi di alcune vitamine essenziali, come la vitamina K e alcune vitamine del gruppo B;
  • partecipano al metabolismo dei farmaci e influiscono sull’efficacia di alcuni trattamenti farmacologici (per esempio, favorendo la sintesi del composto attivo);
  • sembrano contribuire anche allo sviluppo comportamentale attraverso il cosiddetto asse intestino-cervello, un sistema di comunicazione bidirezionale che collega questi due distretti anatomici grazie a segnali ormonali e neurotrasmettitori.

Oltre al microbiota intestinale, esistono anche altre comunità microbiche che occupano specifiche nicchie del nostro corpo: in tempi recenti, sono stati identificati microbioti specifici della superficie della pelle, della superficie oculare, delle mucose respiratorie, dei genitali e persino nell’ombelico.
Proprio come nel caso del microbiota intestinale, i membri di questi microbioti svolgono numerose funzioni importanti: per esempio, oltre a ostacolare la colonizzazione da parte di patogeni, il microbiota della pelle metabolizza alcuni componenti del sudore e del sebo, contribuendo a regolare il pH della pelle, e produce metaboliti che proteggono la cute dai danni alle radiazioni UV. 

Un equilibrio delicato

Al momento della nascita, il neonato è un organismo pressoché privo di microrganismi, ma già durante il passaggio nel canale vaginale avviene il suo primo contatto con le prime comunità microbiche, alle quali si aggiungeranno quelle che formeranno il microbiota dell’intero corpo per tutta la durata della sua vita.
La formazione del microbiota è in prima battuta un processo dinamico. Dopo la nascita, il microbiota infatti si arricchisce e si diversifica con il tempo: la composizione del microbiota - cioè le specie di microrganismi presenti e la percentuale relativa dei diversi taxa - dipende dalla dieta e dalla varietà degli alimenti ingeriti, ma risente anche di altri fattori, come gli ormoni rilasciati durante la pubertà.

Quando asseconda lo sviluppo dell’organismo, la diversificazione del microbiota è un processo del tutto fisiologico. Gli studi di metagenomica suggeriscono però che, una volta definita, la composizione del microbiota rimane per lo più stabile negli individui sani. O meglio: si possono verificare alcune variazioni ma, nelle persone sane, sembra che si mantenga sempre un nucleo di taxa microbici essenziali. Significative alterazioni del microbiota, le cosiddette disbiosi, sono invece il campanello d’allarme di un disturbo in atto o, addirittura, potrebbero a loro volta favorire l’insorgenza di una malattia.

Quando il microbiota si modifica: le disbiosi

Le condizioni associate a un’alterazione del microbiota sono diverse. Nel caso del microbiota intestinale - il più studiato - le disbiosi possono dipendere da malattie infettive che colpiscono il tratto gastrointestinale oppure possono essere un effetto collaterale di terapie a base di antibiotici: trattandosi di farmaci attivi contro i batteri, alcuni antibiotici possono infatti eliminare non solo i batteri che causano un certo tipo di infezione (per la quale sono stati prescritti), ma possono agire anche contro alcune specie batteriche del microbiota che, pur non essendo patogene, sono sensibili all’azione di quell’antibiotico.

Oltre a questi casi, noti da tempo, negli ultimi anni sono state riscontrate associazioni tra disbiosi intestinali e alcune condizioni croniche, come l’obesità, il diabete di tipo II, il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa. A queste, si aggiungono anche i tumori, in particolare il carcinoma del colon-retto.
L’effetto del microbiota sulla crescita di questo tipo di tumore potrebbe dipendere da alterazioni della barriera di mucina che normalmente separa i microrganismi dalle cellule epiteliali intestinali. In caso di infiammazione o di specifiche predisposizioni genetiche che riducono la produzione di mucina, i microrganismi possono venire a contatto con l’epitelio o addirittura entrare in circolo, fomentando l’infiammazione e creando un terreno fertile per lo sviluppo di tumori.

Questa aumentata permeabilità intestinale è stata associata anche a condizioni a carico del sistema nervoso centrale, come malattie neurodegenerative, ansia e depressione: il meccanismo eziologico rimane ancora da individuare e diverse ricerche sono in corso per confermare questa associazione. L'ipotesi è che il microbiota possa modulare lo scambio di informazioni che avviene lungo l'asse cervello-intestino.

Svelare il meccanismo che collega la disbiosi con le malattie croniche è uno dei principali obiettivi degli studi di metagenomica dei prossimi anni. Nuove informazioni potrebbero arrivare grazie alla medicina delle reti (network medicine), in particolare intrecciando i dati di metagenomica con i risultati di altre scienze omiche applicate al microbiota (la metatrascrittomica, la metaproteomica o la metametabolomica). Questa analisi integrata potrebbe svelare diversi aspetti utili per comprendere il ruolo delle disbiosi nell'insorgenza di patologie croniche:

  • l'interazione reciproca tra le comunità microbiche di uno specifico microbiota e il rapporto con il microambiente intestinale o di altre zone del corpo;
  • il ruolo di condizioni genetiche predisponenti e la loro interazione con l'ecosistema del microbiota;
  • l'effetto di fattori ambientali, come la dieta, i farmaci o le sostanze tossiche.

Se vuoi approfondire la medicina delle reti (o network medicine), puoi leggere questo articolo dell'Aula di Scienze: Network medicine: la scienza delle reti per comprendere le malattie

Il microbiota come terapia

L’idea che una disbiosi possa essere associata a condizioni patologiche apre nuove prospettive diagnostiche e terapeutiche, soprattutto nel caso dei tumori.

Le analisi di metagenomica condotte su campioni di feci indicano che il microbiota intestinale dei pazienti con tumore del colon-retto ha una composizione molto diversa da quello delle persone sane e sono state identificate alcune specie microbiche che potrebbero aiutare a identificare i pazienti a rischio. Esistono però anche specie microbiche che proteggono dal tumore del colon-retto: il gruppo di studio di Maria Rescigno ha individuato un ceppo batterico, Faecalibaculum rodentium, con proprietà antitumorali nel topo: se la presenza di F. rodentium viene ridotta drasticamente, la crescita delle cellule tumorali viene infatti accelerata. 

Il microbiota potrebbe avere applicazioni terapeutiche anche come supporto di altre terapie antitumorali già in uso, come nel caso dell’immunoterapia. Nonostante i risultati promettenti ottenuti fino ad oggi, esiste ancora una significativa percentuale di pazienti che non risponde ai trattamenti immunoterapici: è come se fossero refrattari ai tentativi di risvegliare il loro sistema immunitario contro le cellule tumorali.

Che cosa hanno questi pazienti di diverso rispetto a quelli che invece rispondono bene all’immunoterapia? Una possibile risposta potrebbe essere proprio il microbiota, e in particolare le azioni che esso svolge nel regolare processi infiammatori e immunitari: una conferma di questa ipotesi è data dal trapianto di feci, grazie al quale è possibile migliorare la risposta all’immunoterapia. Se questi risultati verranno confermati, una possibile soluzione alternativa al trapianto (che, al momento, rimane una pratica piuttosto complessa) potrebbe essere quella di migliorare il microbiota dei pazienti prima dell’immunoterapia, attraverso una dieta a base di specifici probiotici e di alimenti ricchi di prebiotici (per esempio fibre o altre sostanze come l’inulina e la pectina, che aiutano la crescita dei batteri del microbiota).

Immagine banner e box: E. coli (colorazione artificiale). Credits: Wikimedia Commons
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Credits: Gabriele Berg, Daria Rybakova et al. Microbiome 8, 103 (2020). https://doi.org/10.1186/s40168-020-00875-0
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I microrganismi che costituiscono il microbiota della cute umana. Credits: NHGRI (National Human Genome Research Institute)
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Fotografia al microscopio elettronico del microbioma orale. Credits: Sultan AS, Kong EF, Rizk AM, Jabra-Rizk MA PLoS Pathog 14(1): e1006719. https://doi.org/10.1371/journal.ppat.1006719
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Il microbiota non è una prerogativa del corpo umano. Questa immagine riassume le specie batteriche più comuni trovati sulla cute dei cani. Credits: Aline Rodrigues Hoffmann et al. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0083197
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L'asse cervello-intestino e la possibile interazione con il microbiota. VN: nervo vago. Credits: Susane Fonseca Santos et. al (2019) DOI: 10.3389/fneur.2019.00574