"Quando mi chiedono come mai per me gli uccelli sono così importanti, posso solo sospirare e scuotere la testa, come se mi avessero chiesto di spiegare perché voglio bene ai miei fratelli."
Jonathan Franzen, La vita in volo su di noi, in «National Geographic Italia», gennaio 2018, p. 34
"Siamo ancora come piccoli di merlo" disse. "Felici la metà del tempo e spaventati a morte l'altra metà."
David Almond, Skellig
Per celebrare il centenario del Migratory Bird Treaty Act, la prima legge di salvaguardia degli uccelli migratori promulgata nel 1918 negli Stati Uniti, il «National Geographic» ha deciso di dedicare l’intero anno 2018 agli uccelli. Nei numeri di gennaio, febbraio e marzo «National Geographic Italia» ha già raccontato in molti articoli e approfondimenti il meraviglioso mondo degli uccelli, capaci di così tanti prodigi che l’esistenza del birdwatching sembra giusta e inevitabile, tanto che viene da chiedersi come mai non sia ancora diventata una disciplina scolastica (disciplina che, peraltro, darebbe senso a tante gite).
Sarebbe bello scoprire, addirittura a scuola, che l’albatro urlatore, con i suoi 3,5 metri di apertura alare, passa il 95% del tempo in volo, percorrendo nel corso della sua esistenza l’equivalente di otto viaggi di andata e ritorno sulla Luna.
I giovani rondoni, una volta lasciato il nido, trascorrono dai tre ai quattro anni in volo senza mai toccare terra: in aria mangiano, bevono, dormono.
Gli uccelli delle nostre città e delle nostre campagne costruiscono i propri nidi solo fin verso mezzogiorno, cioè fino a quando i rametti sono ancora umidi di rugiada, dunque malleabili.
Le gazze ladre, oltre a essere in grado di riconoscersi allo specchio come pochissimi altri mammiferi (e a quanto pare nessun altro uccello), eseguono veri e propri funerali ai propri compagni, radunando rumorosamente altre gazze attorno al defunto per poi zittirsi completamente per alcuni minuti.
Gli irresistibili codibugnoli invece costruiscono un nido a sacco rivestito internamente di piume e composto di licheni e ragnatele, in grado di deformarsi via via che i molti pulcini della nidiata crescono.
E perché, qualcuno chiederà, dovremmo sapere tutte queste cose? A cosa serve? Cercheremo di rispondere con questo percorso di lettura.
Nella quantità enorme di libri dedicati a questo mondo affascinante, ne abbiamo scelti alcuni in grado di modificare il nostro sguardo, con il binocolo o semplicemente a occhio nudo, magari dalla finestra di casa mentre gli uccellini mangiano i semi di girasole che abbiamo lasciato loro per superare il gelo invernale (ricordandosi, se possibile, di accompagnarli con un recipiente pieno d’acqua, e controllando che non geli).
Penne e piume
Nel suo Corvi d’inverno, che abbiamo già recensito, Bernd Heinrich durante una devastante bufera di neve nei boschi del Maine (che immaginiamo diversa dal nostro recente Buran/Burian) si chiede:
Come possono sopravvivere là fuori i piccoli ciuffolotti che sentivo ieri mattina volare nell’oscurità? Cosa accade agli ancor più piccoli regoli, ai rampichini e alle cince bigie? Dove si rifugiano i corvi in una notte come questa? Come riescono a tenersi aggrappati ai rami? [Heinrich, p. 228]
In una sorta di dialogo scientifico a distanza risponde Thor Hanson, ex allievo di Heinrich, nel suo illuminante Piume – L’evoluzione di un miracolo della natura (Il Saggiatore, 2016, 449 pp., euro 22. Tit. or. Feathers, traduzione di Allegra Panini), dove affronta – sotto ogni punto di vista – le penne e le piume degli uccelli.
Iniziamo col dire che, diversamente dall’inglese (feathers), in italiano le due parole indicano cose diverse con funzioni diverse.
Le penne sono una “formazione cornea della pelle caratteristica degli Uccelli, costituita da un asse centrale, la cui parte basale (calamo) è inserita sulla pelle, mentre la parte rimanente (rachide) porta il vessillo, formato da tante appendici laterali sfrangiate”, così le definisce il Dizionario Zingarelli, dove le "appendici laterali sfrangiate" sono barbule agganciate fra loro. Possono essere remiganti e timoniere (sono responsabili del volo), oppure di contorno: sono il maggior numero e hanno una funzione prevalentemente isolante, fondamentali per impermeabilizzare il corpo degli uccelli mantenendo costante l'umidità delle piume sottostanti.
Le piume hanno una funzione termica e comprendono semipiume, piumino, vibrisse/setole e filopiume e, generalizzando, sono penne prive di rachide e vessillo. Se un essere umano può sopravvivere per non più di un’ora nell’acqua fredda del mare, un uccello, con le sue dimensioni molto più ridotte rispetto alle nostre, dovrebbe sopravvivere pochi minuti. E allora come mai, paradossalmente, “gli uccelli acquatici non si bagnano mai”? [Hanson, p. 201].
E come mai, per rispondere alla domanda di Bernd Heinrich, uccellini che pesano pochi grammi possono sopravvivere a temperature di -50°C? Il loro segreto, si sarà capito, è proprio nel piumaggio:
In media il piumaggio di un passeriforme comprende da 2000 a 4000 penne (mentre il cigno minore può averne fino a 25.000) la stragrande maggioranza delle quali è rappresentata dalle barbe basali o dalle appendici piumose delle penne, che prendono il nome di iporachidi, o semplicemente da piumino. Le penne adatte al volo, per contro, arrivano a essere appena qualche dozzina. Quando sono ben rimboccate al di sotto delle penne di contorno resistenti alle intemperie, le piume intrappolano sacche di aria calda e asciutta vicino alla pelle e permettono così agli uccelli di sopravvivere nei climi più rigidi. [p. 129]
L’autore ci accompagna nel viaggio di scoperta dei più microscopici segreti delle penne e delle piume, mostrandoci la perfezione assoluta di questi meravigliosi prodotti dell’evoluzione che affondano le loro radici in fossili antichi più di 100 milioni di anni e che oggi hanno molte funzioni: aerodinamica per volare, isolante per proteggersi dall’acqua e dal freddo, estetica quindi riproduttiva nei maschi, con fogge ai limiti dell’immaginabile (basti pensare alla coda del pavone, composta da penne di contorno modificate).
Impareremo della capacità che gli uccelli hanno di controllare ogni singola penna durante il volo, come e meglio degli aeroplani con i loro flap, alettoni e stabilizzatori (il falco pellegrino in picchiata raggiunge i 390 km/h!), conosceremo una parte dell’impressionante varietà delle 42 specie esistenti di uccelli del paradiso (famiglia Paradiseidi) i cui maschi, grazie alla selezione esigentissima operata dalle femmine, sfoggiano piumaggi a dir poco incredibili, come possiamo ammirare in questo breve video di BBC Earth.
Ma Hanson non si limita a svelarci i segreti delle piume. Mettendosi in gioco in prima persona, con simpatia e grande competenza, amplia il discorso a ciò che penne e piume significano, e hanno significato nel tempo e in tanti modi, per gli esseri umani.
A partire dalla pesca, dove apprendiamo che costruire “mosche” con le piume è un'arte che può dare dipendenza, a tutto ciò che riguarda, ancora oggi, l’imbottitura di piume d’oca di giubbotti, cuscini e piumoni invernali. Per non tralasciare l’impennatura delle nove milioni di frecce di Gengis Khan…
Che si tratti di penne o piume, queste meraviglie sono composte in gran parte di cheratina, la stessa proteina che costituisce i nostri capelli e le nostre unghie (converrete, con risultati molto diversi). E infatti anche questa proprietà viene sfruttata a fini industriali:
Sono circa cinque milioni di tonnellate le penne di tacchino e di pollo che vengono raccolte ogni anno negli Stati Uniti e convogliate verso aziende come ConAgra e Purina con ottimo profitto. Dalle penne bollite, seccate e tritate si ottiene una sorta di farina molto proteica che si trova praticamente in ogni scatola di cibo per cani e perfino negli alimenti per bovini. Questa farina, anche se può sembrare un po’ macabro, è usata anche per produrre cibo per polli [Hanson, p. 101].
Ben prima di questo, però, come sappiamo le penne erano utilizzate per tutt’altro e per più di mille anni sono state lo strumento fondamentale per scrivere, con tutto ciò che questo ha comportato ai fini dell’evoluzione culturale umana. Ancora oggi per scrivere usiamo le penne, anche se sono di plastica e si chiamano “penne a sfera”. Ma un tempo si scriveva con penne d’oca e si intingeva il loro calamo, naturalmente cavo e perfetto per raccogliere l’inchiostro, nel calamaio. L’incisione della punta e i trattamenti per rendere durevoli le penne d’oca da scrittura sono descritte molto bene da Thor Hanson, insieme ai suoi divertiti tentativi di creare da sé penne funzionanti.
…Considerando poi la sola città di San Pietroburgo, sappiamo che le esportazioni raggiungevano una cifra pari a ventisette milioni di penne all’anno. Se teniamo conto del fatto che da ogni uccello si possono ottenere soltanto cinque penne utilizzabili per ala (corrispondenti alle remiganti primarie più grandi), non stupisce che la gente abbia sviluppato una certa familiarità per il sapore della carne di oca [p. 315].
Ma di tutti gli infiniti usi di penne e piume che Hanson racconta, uno dei più sorprendenti è questo: a quanto pare le rondini amano giocare a Quidditch!
In varie specie di rondini, quella che apparentemente è iniziata come una competizione per il materiale con cui rivestire il nido, si è trasformata in un rituale elaborato che molti ornitologi interpretano come un vero e proprio gioco. Quando viene individuata una penna adatta, coppie o gruppi di rondini si inseguono all’impazzata tra di loro, eseguendo incredibili affondi e picchiate mentre afferrano più volte la penna a mezz’aria. Anche un individuo da solo può dedicarsi a questa caccia alla penna, volando con una tale esuberanza che ha spinto perfino gli scienziati più rigorosi a pensare che si tratti di un divertimento [p. 324]
Sono pochi, e sempre molto intelligenti, gli animali capaci di giocare. E a proposito dell'intelligenza degli animali, e in particolare degli uccelli...
Per volare ci vuole corpo, cervello e spirito
Un altro libro molto interessante da abbinare alla lettura di Piume è, secondo me, Volare – La straordinaria vita degli uccelli (Codice edizioni, 2017, 245 pp., euro 24. Tit. or. The Thing with Feathers, traduzione di Monica Belmondo).
L’autore Noah Stricker (1986), biologo e ornitologo, dopo aver scritto e pubblicato l’edizione originale statunitense di questo libro nel 2014, nel 2015 ha avuto il suo annus mirabilis visitando nel corso dell’intero anno, armato di zaino e binocolo, 42 Paesi in tutti e sette i continenti del globo, e stabilendo un nuovo record mondiale di birdwatching grazie all’avvistamento di ben 6042 specie (la stima del numero totale di specie di uccelli esistenti in tutto il mondo supera di poco le 10.000).
Questa impresa fa venire in mente la commedia del 2011 Un anno da leoni (The Big Year) di David Frankel, con protagonisti Steve Martin, Jack Black e Owen Wilson, tre uomini in crisi che decidono di mollare tutto per partecipare al campionato mondiale di birdwatching della durata di un anno.
Il libro di Noah Strycker è suddiviso in tre parti: corpo, mente, spirito, ed è come un libro delle meraviglie dove ognuno dei tredici capitoli si concentra su una singola specie di uccello. Indagandone doti e capacità e raccontando esperienze in prima persona da esperto ricercatore sul campo quale è, l’autore amplia il discorso a un tema più vasto e di interesse universale, fedele a quanto scritto nell’introduzione: “Studiando gli uccelli in sostanza impariamo a conoscere noi stessi. Il loro comportamento è uno specchio nel quale possiamo riflettere sul comportamento umano” [p. 7].
Così, per esempio, i piccioni ci portano a conoscere i meccanismi e i fondamenti biologici dell’homing, cioè della capacità di molti animali di percorrere migliaia di chilometri per tornare a casa basandosi su magnetismo terrestre, bussole interne, costellazioni, vista, etc.
Gli avvoltoi collorosso ci aprono il mondo dell’olfatto negli uccelli, ma non solo. Il loro nome latino, Cathartes aura, significa “brezza purificatrice”. Com’è possibile, visto che passano la vita immersi in carogne di cui captano l’emissione di mercaptani, le molecole tossiche della putrefazione? Il motivo risiede nella capacità del loro sistema digerente di uccidere qualsiasi agente patogeno.
Difficile a credersi, ma gli escrementi degli avvoltoi sono completamente sterili. Di fatto questi uccelli defecano abitualmente lungo le zampe, con un duplice vantaggio pratico: le feci, evaporando, li raffreddano (gli avvoltoi non sudano) e contribuiscono a sterilizzare le zampe, che spesso sono state immerse in carcasse piene di batteri. È stato recentemente riscontrato che lo stomaco degli avvoltoi è in grado di trasformare e sterilizzare le spore di antrace, senza subire danni. Questi uccelli possono anche nutrirsi di carcasse infettate dal botulino, poiché il loro stomaco è in grado di uccidere i batteri, mentre il loro sistema immunitario agisce sulle tossine. […] Se riuscissimo a capire esattamente il modo in cui gli avvoltoi gestiscono infezioni e veleni di quella pericolosità forse potremmo trasporlo agli esseri umani, con importanti ripercussioni sulla prevenzione della guerra batteriologica e delle epidemie […] Gli avvoltoi si sono evoluti per sopravvivere – e addirittura prosperare – sfruttando cose che avrebbero ucciso noi e molti altri animali [p. 56].
Oppure gli albatri, che ci introducono ai misteri dell’amore, oltre a essere uccelli detentori di molti record. Dalla lettura di Volare apprendiamo che gli albatri trascorrono il 95% del loro tempo in volo sugli oceani; hanno la più ampia apertura alare esistente, di ben 3,5 metri; percorrono 160.000 chilometri all’anno e nel corso di un’intera vita un albatro in media percorre 6,5 milioni di chilometri; raggiungono la maturità sessuale verso i 15 anni di età (come i capodogli!), e nidificano deponendo un singolo uovo ogni due anni, continuando a farlo per circa 50 anni; vivono quindi mezzo secolo con lo stesso partner, per tutta la vita, e involontariamente ci forniscono anche il segreto per una relazione amorosa di successo: passare poco tempo insieme, ma di qualità, e per il resto, una volta che il pulcino dopo un anno è autonomo, viaggiare il mondo in solitaria…
Concludiamo questo assaggio con il capitolo dedicato agli storni, che ci porta inaspettatamente a Roma.
Gli stormi di storni sembrano emergere dall’essenza della vita stessa, vibrante e coreograficamente complessa, una forza che sfida la comprensione. Come fanno centinaia di migliaia di uccelli che volano a quasi 50 chilometri orari a pochi centimetri l’uno dall’altro a mantenere una formazione compatta con continui cambi di direzione? Più ci si pensa, più si rimane sconcertati [p. 33].
Strycker sta parlando di questo spettacolare fenomeno:
Gli scienziati lo chiamano comportamento collettivo e il suo studio coinvolge matematici, economisti, informatici, etologi e fisici come il premio Nobel Giorgio Parisi o il suo allievo Andrea Cavagna, ampiamente indagato e interpellato da Strycker per il suo studio all’avanguardia sugli stormi di storni a Roma.
Il gruppo di Cavagna scoprì che gli storni evitano le collisioni, si tengono ad almeno un’ala di distanza l’uno dall’altro e raramente si allontanano dagli altri esemplari tanto da rompere lo stormo […] Nella scelta della direzione di volo ogni esemplare, anziché basarsi sugli uccelli che volano entro una certa distanza da lui, fa riferimento ai sette uccelli più vicini, indipendentemente da quanto sono distanti [pp. 45-46].
È un mondo davvero affascinante, che questi due ottimi libri restituiscono in modo coinvolgente, modificando lo sguardo del lettore in profondità.
Altri libri consigliati
Rob Hume, Uccelli d’Europa – Guida fotografica a oltre 500 specie (Fabbri, 2006, fuori catalogo) Se siete molto fortunati e riuscite a trovarne una copia, tenetevela stretta, perché è la miglior guida fotografica in italiano. Se non ci riuscite, ma siete comunque interessati a conoscere gli uccelli e osservarli in natura, prendetene un’altra qualsiasi: non si può fare birdwatching senza una guida all’identificazione delle specie in una mano e un binocolo nell’altra: per questo la natura ci ha dotato di due arti superiori (sprovvisti di penne e piume).
Autori vari, Tracce e segni degli uccelli d’Europa – Guida al riconoscimento (Ricca, 2012) Volume già recensito in precedenza, consigliato in abbinamento a una guida per l’identificazione delle specie. Osservare e conoscere gli uccelli ha a che fare anche con tutto ciò che i pennuti si lasciano dietro quando sono volati altrove. Dopo tanto parlare di penne e piume, questo libro dedica alle penne, con tanto di illustrazioni, addirittura un centinaio di pagine sulle 230 complessive.
Danilo Mainardi, La strategia dell'aquila. Gli uccelli ci raccontano come eravamo, come siamo, come dovremmo essere (Mondadori, 2000, fuori catalogo) Capitoli brevi, racconti divulgativi scritti da un vecchio amico che vi parla di tutto quel che sa sugli uccelli: Danilo Mainardi (1933-2017), il grande etologo italiano scomparso un anno fa, con cui siamo cresciuti in tanti e che per anni è stato presidente della Lipu.
David Almond, Skellig (Salani, 2014) Almond è un grandissimo scrittore e le sue non sono “solo” storie per ragazzi. Il suo sguardo affonda sempre le radici nel mondo dell’infanzia e in quello naturale, con una particolare predilezione per il mondo degli uccelli. Questo romanzo è un capolavoro di delicatezza, mistero e potenza narrativa, e Skellig è una creatura mezzo uomo mezzo uccello che rimane impresso nel lettore per sempre.
Henry David Thoreau, Tra cielo e terra – Appunti e riflessioni sugli uccelli (Piano B, 2017) Se «National Geographic» dedica il 2018 agli uccelli per celebrare il Migratory Bird Treaty Act, Piano B, piccolo e prezioso editore di Prato attento ai temi ambientali, celebra il bicentenario della nascita di Thoreau (1817-1862) raccogliendo dai suoi scritti tutte le pagine, molte delle quali inedite in Italia, che il famoso filosofo ecologista statunitense ha dedicato agli uccelli. Un libro molto bello, sia per forma che per contenuto. «Io formo, con il corvo, un’unica grande creatura».
Dopo queste letture probabilmente guarderete i due DVD della miniserie Earth Flight, targata BBC Earth, con occhi diversi. A volo d'uccello, ecco a voi il suo trailer:
Toccò una piuma con la punta del dito. Era così liscia , aveva una forma così perfetta. Ne toccò un’altra, di un nero intenso e lucente.
«È una piuma di merlo?» gli chiese.
«Sì Lizzie, di merlo».
Il papà si tolse le ali. Quando le sollevò, frusciarono come alberi, come esseri viventi. Le indicò altre piume. Le mostrò una piuma di piccione, una di tordo e una di gazza. Le mostrò com’era grande una piuma di corvo, e com’era forte una piuma di gabbiano. E le mostrò la piuma minuscola e delicata del fanello, la piuma dai colori armoniosi del luì e la splendida piuma del piccolo e tenero scricciolo.
E mentre gliele mostrava, Lizzie sorrideva. E sospirava con lui davanti alla bellezza delle piume e delle ali.
David Almond, Mio papà sa volare!, Salani 2017, pp. 33-34.
Immagine in evidenza: shutterstock.com
Immagine in homepage: Aquila reale fotografata da Paolo Taranto tratta da: http://www.fotografianaturalis