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In volo con Giorgio Parisi

Il Nobel per la Fisica 2021 racconta in un libro le evoluzioni di uno stormo di storni: un modo affascinante per dirci che cosa sono i sistemi complessi

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Nel 2021 Giorgio Parisi (1948) ha vinto il premio Nobel per la fisica ed è entrato definitivamente nella storia insieme a Guglielmo Marconi, Enrico Fermi, Emilio Segrè, Carlo Rubbia e Riccardo Giacconi, i precedenti vincitori di nazionalità italiana (di tutte le categorie del Nobel, le personalità italiane premiate sono attualmente in tutto 21). L’ultimo di una lunga serie di riconoscimenti per il suo lavoro, come la medaglia Boltzmann, il premio Dirac, il premio Galileo, il premio Lagrange, la medaglia Planck.

Un mese dopo la vittoria «per la scoperta dell'interazione fra disordine e fluttuazioni in sistemi fisici, da scale atomiche a scale planetarie», ha pubblicato un libro al quale lavorava da alcuni anni. Si intitola In un volo di storni (Rizzoli, 2021, 125 pp., euro 14) e raccoglie otto saggi brevi, tutti in qualche modo collegati alla motivazione del Nobel.

È un libro interessante e utile, sia per chi mastica bene la fisica, sia per gli altri, che magari non capiranno tutto di ciò che viene raccontato, per esempio, negli affascinanti capitoli intitolati Transizioni di fase, ovvero i fenomeni collettivi e Vetri di spin: l’introduzione del disordine, dove l’autore – studioso di meccanica statistica – divulga le sue ricerche più importanti dedicate ai sistemi complessi.

Molto altro però rimane accessibile ai non esperti, come il racconto – insieme di storia e autobiografia – intitolato La fisica a Roma, una cinquantina di anni fa. Oppure i tre capitoli finali, frutto di una lunga esperienza di vita dedicata alla ricerca teorica: Come nascono le idee, Il senso della scienza e Je ne regrette rien, quest’ultimo il racconto di come, alla fine degli anni Sessanta, Parisi si fece sfuggire la possibilità di vincere il Nobel a soli 25 anni.

La complessità degli stormi di storni

Come ha ampiamente raccontato Carlo Rovelli nei suoi libri e nei suoi interventi degli ultimi anni, nel mondo fisico «tutto è relazione». Siano particelle subatomiche, sistemi solari, relazioni fra esseri umani o… storni in volo.

Lo storno (Sturnus vulgaris) è un uccello piuttosto comune presente in tutti i continenti tranne in Antartide e America del sud. Simile a un merlo, ma con il piumaggio scuro screziato di bianco e con riflessi colorati, quando si trova a terra lo storno cammina, mentre il merlo saltella.

La più grande differenza, però, la troviamo nella vita sociale dei due volatili: il merlo è monogamo, vive in coppia ed è perlopiù stanziale. Lo storno è gregario, vive in stormi che possono contare varie migliaia di individui ed è un migratore. Nidifica al nord, e trascorre l’inverno al sud. Una volta nel nord Africa, oggi anche in Italia, con alte concentrazioni di individui in particolare a Roma.

Gli stormi di storni sono, fin dal primo sguardo, un evento naturalistico che sconfina con l’esperienza artistica. Il loro grande fascino è stato documentato, per esempio, dall’artista statunitense Richard Barnes (1953) nella sua serie di fotografie intitolata “Murmur”. Oppure in questo video di National Geographic:

In un volo di storni, che dà il titolo al libro, racconta una delle avventure più note di Parisi anche al grande pubblico. Come interagiscono gli individui di un qualsiasi sistema complesso? Quale correlazione si instaura fra le molte migliaia di storni di uno stormo? Nel mondo naturale/fisico siamo abituati a pensare che le forze diminuiscano con l’aumentare della distanza, come insegna la legge di gravitazione universale di Newton: «la forza di gravità tra due corpi è inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza». Per gli storni è diverso.

In questa appassionante commistione fra fisica e biologia, il gruppo di Parisi, coordinato dal suo allievo Andrea Cavagna (di cui avevamo già parlato in questo articolo dedicato agli uccelli), ha scoperto che in un sistema biologico come quello dello stormo non è la distanza il punto, ma il numero di individui vicini. Uno storno, cioè, ha sempre come punto di riferimento i sei o sette storni a lui vicini, indipendentemente dal fatto che gli individui siano vicini o lontani uno dall’altro (possono esserci stormi più o meno densi).

In tutti però la densità aumenta ai bordi dello stormo, dove gli individui sono molto più compatti rispetto al centro. Questo ha una motivazione etologica: la predazione del falco pellegrino, che per evitare di ferirsi urtando gli storni, cercherà sempre di catturare un individuo al margine del disco dello stormo, cercando di isolarlo per poi ghermirlo.

Qui Parisi introduce il concetto di anisotropia, ovvero, in fisica, una «caratteristica delle sostanze che hanno proprietà diverse nelle diverse direzioni» [cfr. dizionario Zingarelli 2023]. Detto altrimenti: «una grandezza è anisotropa se ha valori diversi nelle diverse direzioni spaziali» [p. 19]

Quindi, quando vediamo le brusche virate degli stormi, ora sappiamo che:

Gli uccelli seguono regole semplici, che sono state ricostruite dalle misurazioni effettuate, e si muovono regolandosi sulla posizione dei vicini. L’informazione della virata corre veloce tra un uccello e l’altro, come un passaparola velocissimo. [p. 21]

Poiché l’interazione non dipende dalla distanza, ma dai vicini.

Molto affascinanti anche i particolari raccontati da Parisi su come il gruppo di ricerca ha condotto lo studio, per esempio le inedite sfide tecnologiche e matematiche che hanno dovuto affrontare per gestire la tridimensionalità di uno stormo composto da così tanti individui. Con una considerazione generale che riguarda tutto il sapere:

in fisica e matematica è impressionante la sproporzione tra lo sforzo per capire una cosa nuova per la prima volta e la semplicità e naturalezza del risultato una volta che i vari passaggi sono stati compiuti. Nel prodotto finito, nelle scienze come in poesia, non c’è traccia della fatica del processo creativo e dei dubbi e delle esitazioni che lo accompagnano. [p. 19]

Divertirsi senza pensare all’utile

Sono molti gli insegnamenti di ordine generale e di metodo che i lettori possono trarre da questo libro.

Per esempio nel capitolo Il senso della scienza Parisi racconta uno degli insegnamenti del suo maestro Nicola Cabibbo, che diceva: «Perché dovremmo studiare questo problema, se non ci divertiamo?» [p. 105]. E infatti, al di là degli straordinari risultati raggiunti con il suo lavoro, sembra che Parisi si diverta anche a fare divulgazione scientifica. E questo divertimento lo trasmette ai lettori.

Inoltre: ritorna la necessità di spiegare ai non addetti ai lavori che i progressi della scienza non devono dipendere da ciò che viene considerato “utile” o economicamente vantaggioso. Basti pensare alle insensate critiche spesso rivolte ai costosissmi accelatori di particelle o all'esplorazione spaziale. Perché, come la storia insegna, una scoperta che non è utile oggi lo sarà molto probabilmente domani.

L’enfasi sulle ricadute immediate della ricerca è una follia. È famosa la risposta di Faraday al ministro britannico che gli chiedeva a cosa servissero i suoi esperimenti sull’elettromagnetismo: «Al momento non saprei» disse, «ma è assai probabile che in futuro ci metterete una tassa sopra». [p. 104]

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Un esemplare di Sturnus vulgaris (immagine: Wikipedia)

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La copertina di In un volo di storni