«E allora che cosa facciamo se ci morde un animale mortale?» chiesi. Mi guardò come se fossi stupido. «Be', che cosa volete fare?» disse. «Morite. Proprio per questo si chiama "mortale".»
Douglas Adams (con Mark Carwardine), L’ultima occasione, p. 17
Questa recensione avrebbe dovuto essere pubblicata il 25 maggio, e invece esce oggi, non sempre si può avere un tempismo perfetto. Il 25 maggio è il Towel Day, il “giorno dell’asciugamano”. Perché dedicare una giornata mondiale al festeggiamento dell’asciugamano? Parliamo di un semplice asciugamano, come l’asciugamano che tutti abbiamo in bagno, che, come è noto, è un oggetto fondamentale per viaggiare nell’Universo. O almeno questo è ciò che viene raccontato nel famoso romanzo umoristico di fantascienza Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Noel Adams (1952-2001), gigante buono alto due metri scomparso prematuramente per un attacco di cuore dopo essere uscito dalla palestra, nonché scrittore di dirompente inventiva e simpatia. Il 25 maggio, in tutto il mondo, lo si omaggia con il Towel Day, e chi vuole è legittimato ad andare in giro con un asciugamano intorno al collo, nell’eventualità che una civiltà aliena costruisca un’autostrada galattica proprio dove si trova la nostra amata e già martoriata Terra. Nella Guida galattica per gli autostoppisti, al computer Pensiero Profondo, che tiene le redini dell’intero Universo da circa 7,5 milioni di anni e che in tutto questo tempo non ha mai parlato, viene chiesto quale sia il segreto ultimo sulla Vita, sull’Universo e su Tutto quanto. La risposta, finalmente, arriva, ed è: 42. Un nonsenso paradossale, come a dire che non esiste un vero segreto. O che forse la domanda era stupida. Nel caso de L'ultima occasione (Mondadori Strade blu, 2016, pp. 226, 18,50 euro. Titolo originale Last Chance to See…, traduzione di Paolo Bianchi), atipico libro di divulgazione scientifica e di viaggio che affonda tutte le sue radici nel nostro piccolo pianeta, la risposta per fortuna non è 42, perché la domanda che c’è sotto ha perfettamente senso ed è legittima. E la risposta a quella domanda è conservazione. Pubblicato in Inghilterra nel 1990, dopo una prima edizione italiana passata praticamente sotto silenzio del 1991, L’ultima occasione è stato ripubblicato da Mondadori Strade blu appena sei mesi fa. Adams, autore che ha venduto alcune decine di milioni di copie, lo ha definito come il suo libro più importante. Il sottotitolo recita: Alla ricerca di specie animali in via d’estinzione. Ed è precisamente ciò che Adams e lo zoologo Mark Carwardine fanno: andare in giro per il mondo per cercare, incontrare, conoscere di “persona” e far conoscere (a chi ascolta, perché

Da sinistra verso destra: Douglas Adams, Arab (cercatore di kakapo), Mark Carwardine in compagnia di un esemplare di kakapo (immagine: markcarwardine.com)
Dovendo fare i conti con la brevità di una recensione, soffermiamoci sul kakapo. Nel libro è raccontato molto bene chi e come è riuscito a salvare il kakapo dall’estinzione totale. Ed è raccontato molto bene anche il kakapo. È un pappagallo grosso, verde, incapace di volare. Adams, che non ama i volatili («trovo gli altri uccelli piuttosto irritanti per l’altera sicurezza con cui si librano nell’aria», p. 131), non nasconde le sue simpatie per questa bestiola «di esasperante complicatezza» [p. 122].
L’unico predatore del kakapo era un falco che si è estinto nel Sedicesimo secolo, e la sua strategia di difesa, efficace nel caso del falco, era quella di immobilizzarsi, mimetizzandosi nel fogliame. Poi in Nuova Zelanda è arrivato l’uomo occidentale che ha introdotto cani, gatti, ratti e altri mammiferi che in quell’habitat non c’entravano nulla, e che evidentemente devono aver trovato divertentissimo e appagante nutrirsi di un uccello dal piacevole e intenso odore che invece di scappare se ne stava fermo incapace di reagire e di capire cosa stava accadendo. È così che da una popolazione di kakapo stimata in tre milioni di individui si è arrivati a… 40 esemplari (forse 42?).
Nonostante Adams non utilizzi quasi mai termini specialistici, questo è un chiaro esempio di mancata coevoluzione, nella quale preda e predatore, evolvendosi insieme, attuano nel corso del tempo (un lungo tempo biologico, non un tempo culturale come il nostro) le rispettive strategie di difesa e di attacco, modellandosi reciprocamente sia fisicamente che nel comportamento (i ricci e gli altri animali della nostra fauna selvatica che vediamo continuamente schiacciati lungo le strade non hanno ancora avuto il tempo di coevolversi con le nostre automobili).
Mark Cawardine ha ripercorso, allargandolo, il lungo viaggio del libro in una recente serie della BBC insieme all’attore Stephen Fry. In questo video viene giustamente percosso da un kakapo fermamente intenzionato a non estinguersi.
Ma tutto, nel kakapo, è strano e incredibile. «Sembra che non solo il kakapo abbia dimenticato come si vola, ma che abbia anche dimenticato di essersene dimenticato.» [p. 119] Così eccolo buttarsi dagli alberi e schiantarsi al suolo con strida di dolore piene di delusione (ha una ricchissima e affascinante vocalità). Per non parlare del suo laborioso, faticoso, esasperante rituale di corteggiamento, che avviene solo ogni 4 anni, legato al ciclo di fruttificazione di una precisa specie arborea. «Perciò la vera domanda è: come diavolo hanno fatto i kakapo a durare così a lungo?» [p. 123]
Perché leggere questo libro?
Usando le parole finali di Carwardine, la lettura di questo libro è consigliata perché «la conservazione è sempre una corsa contro il tempo», e nonostante questo «più si fa buio e più noi guidiamo veloci». Perché «la conservazione ha molto a che fare con la nostra stessa salvezza». O, più semplicemente, perché senza questi animali «il mondo sarebbe un luogo più povero, più tetro e molto più solitario.» [p. 221-223] Oppure, come dice uno dei principali responsabili della salvaguardia del kakapo, perché: Se riusciamo a preservarli per il tempo della nostra vita starà alle prossime generazioni riprendere l’opera, magari con nuovi mezzi tecnologici e scientifici. Tutto quello che possiamo fare è mantenerli in vita finché siamo vivi anche noi. Poi li passeremo nelle migliori condizioni possibili alla generazione futura. Auguriamoci con tutto il cuore che anche chi verrà dopo di noi creda altrettanto in queste cose. [p. 147] Perché questo accada, nel frattempo, possiamo trasmettere alle nuove generazioni libri come L’ultima occasione, in grado di creare una sensibilità nuova in un modo nuovo, cioè attraverso la risata, unita al rigore, alla passione, all’amore per ciò che ci circonda.
