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Allarme impollinazione: la scomparsa delle api

Il bando totale su suolo europeo - ma non sotto le serre - di tre pesticidi molto dannosi per le api, ha rilanciato il tema della sopravvivenza degli impollinatori. Stiamo veramente rischiando di impedire alle piante di riprodursi? E che conseguenze avrà questo sulle nostre vite?
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Il bando totale su suolo europeo - ma non sotto le serre - di tre pesticidi molto dannosi per le api, ha rilanciato il tema della sopravvivenza degli impollinatori. Stiamo veramente rischiando di impedire alle piante di riprodursi? E che conseguenze avrà questo sulle nostre vite?

Perché l’impollinazione è importante?

Perché è il principale meccanismo riproduttivo delle piante vascolari che si assicurano il rimescolamento genetico. L’impollinazione, mobilizzando i gameti maschili (polline) per far sì che raggiungano quelli femminili, è quindi  il processo alla base della biodiversità vegetale. Qualche specie può ricorrere all’autoimpollinazione passiva, ma si tratta di un meccanismo poco diffuso nel mondo delle piante, anche se è tipico di specie importanti per l’uomo come il grano e la soia. Molto più spesso avviene la cosiddetta impollinazione incrociata: il polline passa da una pianta all’altra trasportato da un vettore: acqua, vento o animali.
 

Perché quando si parla di impollinazione si citano sempre le api?

Le api sono gli impollinatori più importanti, tanto da essere considerate la chiave di volta degli ecosistemi, sia naturali che agricoli. L’impollinazione tramite acqua (idrofila) è infatti poco diffusa (è caratteristica di alcune piante acquatiche come l’Elodea); quella tramite vento è tipica delle gimnosperme (seppur anche di angiosperme, come il castagno o il mais). L’impollinazione tramite animali (zoofila) invece è la più diffusa tra le angiosperme. Gli insetti sono la classe di animali che ha occupato con più successo la nicchia ecologica degli impollinatori. Tra gli insetti, circa il 75% degli impollinatori è costituito da specie di api.  

Quante specie di api esistono?

Nel mondo ne esistono circa 15mila specie. Una di esse è l’ape domestica (Apis mellifera), quella che fa il miele. Le altre sono conosciute collettivamente col nome di “api selvatiche”. In termini zoologici si tratta di insetti dell’ordine degli imenotteri, appartenenti alla super-famiglia degli apoidei. Tra essi, l’ape probabilmente più famosa dopo quella da miele è il “bombo” (Bombus sp.), un’ape di cui esistono 266 specie diverse, 43 in Italia, quasi tutte sociali, organizzate cioè in colonie e caste. Molte api sono però solitarie, come quelle dei generi Osmia, Antophora, Halictus, Xylocopa. Naturalmente l’impollinazione non è fatta solo da api. Efficaci impollinatori sono i ditteri (mosche, soprattutto quelle della vasta famiglia dei sirfidi) e in seconda battuta i lepidotteri (farfalle e le falene), seguiti da qualche famiglia di coleotteri. L’impollinazione dovuta a uccelli, rettili e pipistrelli è considerata del tutto minoritaria.

Perché le api vanno sui fiori?

I fiori delle specie zoofile sono strutture evolute proprio per attrarre gli impollinatori tramite colori, profumi o forme particolari. Per certe specie di api poi sono un ambiente di incontro e accoppiamento. Un fiore attira un’ape però soprattutto perché soddisfa i suoi bisogni alimentari. Su di esso le api trovano cioè la loro principale fonte di carboidrati (il nettare) e di proteine (il polline). Il polline serve essenzialmente a nutrire le larve, quindi va raccolto in particolari strutture nelle zampe posteriori (cestelle) e trasportato al nido. Incidentalmente molti granuli pollinici rimangono legati per azione elettrostatica ai peli di questi animali: sono quelli che, trasportati di fiore in fiore, contribuiscono al processo di impollinazione.
Cestelle di un bombo (Immagine: Beatriz Moisset via Wikimedia Commons)

L’impollinazione zoofila è importante per l’uomo e l’ambiente?

L’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) stima che le api contribuiscano alla sopravvivenza dell’80% delle specie vegetali globali. Con l’impollinazione esse forniscono un servizio ecosistemico stimato in 22 miliardi di euro all'anno in Europa e di 153 miliardi di euro all'anno in tutto il mondo. Oltre alla biodiversità vegetale, infatti, da essa deriva anche la nostra alimentazione. In termini di volumi di produzione agricola globale, circa un terzo del cibo umano (35%) proviene da colture che dipendono da animali impollinatori. Delle 124 colture principali coltivate per il consumo umano globale, il 70%, sia per la produzione di semi che per la qualità e le rese dei prodotti, ha bisogno di insetti.  

Le api stanno scomparendo?

Il dibattito pubblico sulla “scomparsa delle api” è cominciato nel 2002, quando l’Almond Board of California rese noto il drastico calo della produzione californiana di mandorle, dipendenti dalle api. Nel giro di pochi anni, per salvare il raccolto, lo stato americano dovette importare colonie di api domestiche dall’Australia e il governo USA decise di stanziare 89 milioni di dollari (Pollinator Act) per risolvere il problema. Trovate numerose altre evidenze di morie di api, nel 2007 cominciò ad essere adottato dalla comunità scientifica un nuovo termine: Colony Collapse Disorder (CCD), sindrome dalle cause sconosciute. Fino a poco tempo fa il dibattito verteva solo sul declino dell’ape domestica, la specie più osservabile, perché allevata. Nel 2014 è stato pubblicata la Lista rossa delle api per l’Europa, dove sono elencate tutte le specie del continente e il loro livello di vulnerabilità secondo le ultime evidenze scientifiche. La lista riporta 1.965 specie diverse di api. Il 9,2% di esse è minacciato direttamente di estinzione e un’ulteriore 5,2% è vicino a diventarlo. Dati preoccupanti e che potrebbero essere sottostimati, visto che per più della metà delle specie di api europee (56,7%) non si hanno informazioni.  

Perché le api sono in declino?

Si ritiene che il declino di api domestiche e selvatiche abbia una molteplicità di cause, diverse da luogo a luogo. I fattori vanno dall’inquinamento, alla scarsa biodiversità ambientale imputabile all’uso delle moncolture in agricoltura – che elimina le fonti di cibo per gli insetti – fino allo sviluppo urbano e ai cambiamenti climatici che possono agire sullo sviluppo dei fiori o sulla presenza di virus, batteri e altri patogeni per le api. Un ruolo lo hanno anche l’invasione delle specie esotiche, come ad esempio il calabrone asiatico (Vespa velutina), recentemente arrivato in Europa e in Italia, e che si nutre di api domestiche. Fondamentale anche l’uso dei pesticidi, sintetizzati per uccidere insetti dannosi per l’agricoltura ma che agiscono ugualmente su quelli utili. La cronaca e le associazioni di apicoltori hanno messo spesso sul banco degli imputati i pesticidi neonicotinoidi che possono produrre effetti sulle capacità cognitive delle api anche a dosi sub-letali, inferiori cioè alle concentrazioni che uccidono gli insetti. I tre pesticidi appena messi al bando appartengono a questa classe.

Cosa fa la comunità internazionale per tutelare gli impollinatori?

La salute delle api dipende dalla conservazione degli ecosistemi naturali. La loro tutela è quindi implicita in una serie di Convenzioni internazionali come quella di Berna del 1979 (conservazione dei biotopi) o quella sulla biodiversità del 1992 che ha figliato strategie locali come la EU biodiversity strategyRecentemente si è cominciato a produrre documenti più specifici sulla tutela impollinatori. Nel 2012 è stata fondata l’IPBES, una struttura intergovernativa con sede a Bonn dedicata alla biodiversità che produce report sull’impollinazione. Nel dicembre 2016 durante Conferenza delle parti per la Biodiversità del 2016 (COP 13, Cancun , Messico) dieci paesi dell’Unione europea – non l’Italia - insieme ad altri Stati hanno firmato la Declaration on the Coalition of the Willing on PollinatorsUn anno dopo (dicembre 2017) la Commissione europea pubblicato una tabella di marcia che definisce gli obiettivi della cosiddetta EU Pollinators Initiative. In questo contesto l’Institute for European Environmental Policy ha appena pubblicato le strategie adottate localmente dai paesi europei firmatari della Coalition of the Willing.  

Per “salvare le api”, ci sono azioni dirette che può fare un semplice cittadino?

Negli ultimi anni, in tutto il mondo, si stanno moltiplicando iniziative di apicoltura urbana in cui cittadini posizionano alveari su tetti o nei giardini in città. Il primo progetto di questo tipo in Italia è nato a Torino, ma comunità attive di apicoltori urbani esistono anche a Roma e Milano. Un’iniziativa facile da adottare è quella di creare ambienti favorevoli alle api piantando essenze floreali ricche di nettare e polline oppure creando habitat adatti alla nidificazione delle varie specie di api selvatiche, come ad esempio dei “bee hotel”.
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