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Ci possiamo fidare dei test per l’infezione da SARS-CoV-2?

Quanto sono affidabili i risultati ottenuti con i test per la diagnosi dell'infezione da SARS-CoV-2? Come si può descrivere matematicamente la loro accuratezza?
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Revisione di Marco Giusiano

In un altro articolo di questo speciale sono state descritte tutte le tipologie di test che permettono di diagnosticare l’infezione da SARS-CoV-2. Ma quanto sono affidabili i risultati ottenuti con questi test? Come descrivere la loro accuratezza?

 

Un esempio dalla realtà

Anna, Serena, Riccardo e Claudio stanno male: hanno un po’ di febbre, la tosse e il raffreddore. Sono tutti e quattro potenziali portatori del virus SARS-CoV-2; ma supponiamo di essere onniscienti e di sapere che i veri portatori di SARS-CoV-2 siano Anna e Riccardo, mentre per Serena e Claudio si tratti di una semplice influenza. Il loro medico di base, non conoscendo la verità, decide di sottoporli tutti a tampone molecolare ottenendo Anna e Serena positive e Riccardo e Claudio negativi. Schematizziamo la situazione in una tabella 2x2:
SÌ Covid-19 No Covid-19
Tampone positivo Anna Serena
Tampone negativo Riccardo Claudio
  Come possiamo osservare in questo esempio, nessun test produce risultati sicuri al 100%. Serena risulta positiva al tampone, ma in realtà non ha il virus (è un falso positivo): starà in quarantena, ma il suo isolamento sarà inutile. Riccardo invece è un falso negativo cioè, anche se è realmente portatore del virus, il test non riesce a rilevare la presenza del virus stesso. Sentendosi al sicuro del risultato ottenuto, Riccardo potrà infettare altre persone e, se non curato tempestivamente con i farmaci giusti, avere un peggioramento. Intuitivamente, un test diagnostico ideale dovrebbe classificare correttamente i soggetti analizzati, riducendo al minimo la presenza di falsi positivi e di falsi negativi. Come si fa a quantificare questa caratteristica?  

Dalla matematica alla realtà

Supponiamo di avere un gruppo di soggetti potenzialmente affetti da una certa malattia e di sottoporre tutti i soggetti a un test per la sua diagnosi. Supponiamo di conoscere la verità e di trovarci in una situazione di questo tipo:  
MALATO (M) SANO (S) totali
POSITIVO (+) VP FP VP+FP
NEGATIVO (–) FN VN FN+VN
Totali VP+FN FP+VN VP+FP+FN+VN = N
  • Con VP indichiamo il numero di soggetti malati classificati correttamente dal test (veri positivi);
  • con FP il numero di soggetti sani classificati erroneamente come positivi dal test (falsi positivi);
  • con FN il numero di soggetti malati classificati erroneamente come negativi dal test (falsi negativi);
  • e con VN il numero di soggetti sani classificati correttamente dal test (veri negativi).
Definiamo allora le seguenti misure della performance di un test diagnostico, basate sulla corretta classificazione dei pazienti sani e malati.
  • Sensibilità: è la capacità del test di riconoscere il malato, cioè la probabilità di ottenere un test positivo sapendo che il soggetto è malato; essa può essere calcolata come la frazione di soggetti positivi sul totale di soggetti malati:
 

Per esprimere la sensibilità del test in termini di probabilità, abbiamo utilizzato la scrittura tipica della probabilità condizionata: la sensibilità del test è infatti la probabilità che si verifichi l’evento «il soggetto risulta positivo al test» (evento indicato con il simbolo +) sapendo che si è verificato l’evento «il soggetto è malato» (evento indicato con il simbolo M). Useremo la scrittura della probabilità condizionata anche per le altre caratteristiche di un test diagnostico.

  • Specificità: è la capacità del test di non vedere la malattia quando non c’è, cioè la probabilità di ottenere un test negativo sapendo che il soggetto è sano; essa può essere calcolata come la frazione di soggetti negativi sul totale di soggetti sani:
Un test dunque è sensibile al 100% quando tutti i malati risultano positivi al test, mentre è specifico al 100% quando tutti i sani risultano negativi. Un test del genere non esiste! Per esempio il tampone molecolare con metodo Real Time PCR per la diagnosi di SARS-CoV-2 ha una sensibilità e una specificità pari al 95%: questo significa che su 100 malati ne riesce a individuare 95, mentre su 100 sani ne rileverà erroneamente 5 positivi. È meglio un test molto sensibile o molto specifico? Dipende. Nel caso del COVID-19, il fine ultimo è quello di individuare il maggior numero di malati per poterli isolare e curare tempestivamente, pertanto è molto importante la sensibilità del test utilizzato. In generale, la sensibilità è una caratteristica fondamentale nel caso di malattie gravi che richiedono interventi immediati, mentre se la malattia ha conseguenze non gravi è meglio un test specifico.  

Altre caratteristiche di un test diagnostico

Sensibilità e specificità sono due costanti di ogni test diagnostico e ne connotano la qualità tecnologica. In pratica sono caratteristiche legate al suo intimo funzionamento e sono note prima dell’applicazione del test sulla popolazione: si dice che sono caratteristiche pre-test. Una volta eseguito il test, queste caratteristiche perdono la loro importanza e diventano fondamentali altre due probabilità post-test che connotano l’importanza pratica del test stesso.
  • Valore predittivo positivo (VPP): è la probabilità che un soggetto sia realmente malato se è risultato positivo al test; esso può essere calcolato come la frazione di soggetti malati sul totale di soggetti positivi:
  • Valore predittivo negativo (VPN): è la probabilità che un soggetto sia realmente sano se è risultato negativo al test; esso può essere calcolato come la frazione di soggetti sani sul totale di soggetti negativi:
I valori predittivi dipendono dalla sensibilità e dalla specificità del test, ma anche da un fattore indipendente dal test: la prevalenza della malattia, cioè la percentuale di malati presenti nella popolazione analizzata. Per esempio, consideriamo un test diagnostico con sensibilità e specificità pari entrambe al 90%, applicato a tre diverse popolazioni di 100 individui con prevalenze di malattia differenti. SCENARIO 1 (prevalenza di malattia P(M)=70%)  
MALATO SANO totali
POSITIVO 63 3 66
NEGATIVO 7 27 34
totali 70 30 100
    SCENARIO 2 (prevalenza di malattia P(M)=40%)  
MALATO SANO totali
POSITIVO 36 6 42
NEGATIVO 4 54 58
Totali 40 60 100
    SCENARIO 3 (prevalenza di malattia P(M)=10%)  
MALATO SANO totali
POSITIVO 9 9 18
NEGATIVO 1 81 82
Totali 10 90 100
    Si vede chiaramente che il valore predittivo positivo VPP diminuisce con il diminuire della prevalenza della malattia e il valore predittivo positivo VPN aumenta con il diminuire di essa. Il motivo è che se diminuisce la prevalenza, vi è un numero maggiore di soggetti sani e dunque aumentano i falsi positivi (VPP decresce) e i veri negativi (VPN cresce).  

I test per l'infezione da SARS-CoV-2

A questo punto è lecito chiedersi quali siano i valori di sensibilità e specificità dei test per la diagnosi dell’infezione da coronavirus. Come detto in precedenza, il tampone molecolare con metodo Real Time PCR ha una sensibilità e una specificità pari al 95% ed è considerato il gold standard, cioè l’esame diagnostico più accurato. Tutti gli altri test (antigenici, salivari ecc…) presentano performance peggiori e vi sono molti studi in corso per verificarne la sensibilità e la specificità dichiarate dalle case produttrici. In questi studi ciò che si fa è paragonare i risultati ottenuti con i test alternativi a quelli ottenuti con il gold standard (si assume cioè che l’esito del tampone molecolare sia la verità assoluta), concentrandosi anche sullo studio dei valori predittivi in diversi contesti di prevalenza. Per esempio, in questo studio pubblicato sulla rivista online Scienza in rete, gli autori hanno studiato la performance dei test antigenici in un contesto ospedaliero ad altra prevalenza rilevandone una bassa sensibilità (rispetto a quella dichiarata dalla casa produttrice) e un valore predittivo negativo non accettabile (un paziente dichiarato negativo dal test antigenico sembra avere circa il 30% di probabilità di non esserlo veramente). I risultati di studi del genere sono molto utili in quanto indicano al personale sanitario l’affidabilità dei risultati dei test effettuati. In questo caso l’indicazione è quella di mantenere un elevato grado di sospetto verso i pazienti, valutando il risultato del test antigenico nel contesto della stratificazione del rischio comprensiva dei dati epidemiologici, clinici e di imaging.  

In conclusione

Nessun test produce risultati certi al 100%: l’eventuale negatività di un test non ci mette comunque al riparo dal rischio di essere dei falsi negativi, pertanto è sempre bene non abbandonare le misure precauzionali utili per contrastare la diffusione del coronavirus.  

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