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La "strada sbagliata" di William Prout

200 anni fa un medico inglese formulava un'ipotesi sul peso atomico degli elementi chimici che ha suscitato reazioni contrastanti. La sua è una storia che ci aiuta a capire come procede la scienza
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Sii avvertito. Non capire nulla. Ogni comprensione è soltanto temporanea Mentat Fixe (adacto) (Da Dune di Frank Herber)

 

Questa è la storia di un’idea sbagliata, anzi di un’ipotesi che non ha trovato sostegno nelle verifiche sperimentali. Un’idea formulata esattamente due secoli fa da un medico inglese specializzato in disturbi gastrici e urinari che si chiamava William Prout. È un’ipotesi poco nota ai giorni nostri, ma è stata discussa dai chimici di tutt’Europa, compreso un gigante del calibro di Jöns Jakob Berzelius e ha avuto un ruolo, anche se non di primissimo piano, nel dibattito sul peso atomico degli elementi.

La prima metà dell’Ottocento è un’epoca di grande vitalità intellettuale: le forze del Risorgimento si stanno coagulando in varie parti d’Europa e grandi trasformazioni arrivano con la Rivoluzione industriale. La scienza? L’influsso dell’Illuminismo sta dando nuova linfa vitale e uno dei settori più vivaci è lo studio della natura particellare della materia: sta nascendo la chimica moderna. E i più importanti quesiti ruotano attorno alla natura degli elementi e alle loro possibili combinazioni per dare origine a tutto ciò che ci circonda. In questo scenario, nel 1815 William Prout formula la sua ipotesi, sostenendo che il peso atomico di tutti gli elementi chimici è pari a un multiplo intero del peso atomico dell’idrogeno, che quindi viene preso a unità di misura. È un’idea sbagliata, ma ciò non le impedisce di affiancarne altre che circolavano allora e diventare dei motori della ricerca chimica. Quando un chimico brillante come Francis Aston spiegherà finalmente in maniera completa perché l’ipotesi di Prout non è corretta siamo già negli anni Venti del Novecento: Prout era morto da settant’anni, la prima proposta di una sistemazione degli elementi in un ordine preciso e poi in una tavola periodica era arrivata da cinquant’anni grazie a Dmitrij Ivanovič Mendeleev e il mondo aveva già conosciuto l’orrore della Prima Guerra mondiale.
NOTA: William Prout parla esplicitamente di “peso atomico”, un concetto che oggi l’attuale gergo chimico indica come “massa atomica”. Il passaggio da un’espressione all’altra è uno dei cambiamenti che si verificano nel corso del XIX secolo, ma durante il dibattito di cui parliamo qui, come in altre dispute chimiche del periodo, i due termini sono spesso usati indifferentemente.
 

Chi era William Prout?

Nato il 15 gennaio 1785 da una famiglia di agricoltori nel Gloucestershire, William non ha i mezzi per poter studiare. La curiosità, però, lo spinge attorno ai 17 anni a cercare di sopperire in modo autonomo. Dapprima con l’aiuto di un pastore, poi grazie all’ingresso in una scuola di Bristol, William riesce a darsi un’educazione sufficiente per essere ammesso qualche anno più tardi all’Università di Edimburgo, un’istituzione eccellente dove ha insegnato David Hume e dove studieranno, tra gli altri, anche Charles Darwin, James Clerk Maxwell e Alexander Graham Bell.
Ritratto di William Prout in una miniatura di Henry Wyndham Phillips (Immagine: Wikimedia Commons)
Si laurea in medicina e nel giro di pochi anni, diremmo con terminologia attuale, diventa uno specialista rinomato nel campo dei disturbi digestivi e urinari. Membro della Royal Society, nel 1823 fa la sua più importante scoperta in ambito medico: dimostra che i succhi gastrici degli animali contengono acido cloridrico e che un loro eccesso può essere la causa di alcuni disturbi come l’acidità di stomaco. Qualche anno più tardi propone anche una suddivisione degli alimenti che utilizziamo tuttora, classificando ciò che mangiamo in sostanze zuccherine (carboidrati), oleose (grassi) e albuminose (proteine).  

Che impatto ha avuto l’ipotesi di Prout?

È un articolo intitolato “On the relation between the specific gravities of bodies in their gaseous state and the weights of their atoms” che appare a pagina 321 del sesto volume degli Annals of Phylosophy del 1815 a contenere l’ipotesi di Prout. Basandosi sulle tavole dei pesi atomici degli elementi noti allora, Prout ipotizza che tutti gli elementi chimici, compresi quelli ancora da scoprire, abbiano un peso atomico pari a un multiplo intero del peso atomico dell’idrogeno. La proposta non si limita a dare un ordine agli elementi, ma con una precisazione pubblicata nel 1816 Prout propone l’idrogeno, ribattezzato protyle per un’influenza aristotelica, come l’unità fondamentale di tutta la materia: tutti gli altri elementi sarebbero nati dall’aggregazione di atomi di idrogeno e per questo avrebbero un peso atomico multiplo di 1, il peso dell’idrogeno, preso a unità di misura.
John Dalton in un ritratto William Henry Worthington (Immagine: WIkimedia Commons)
La proposta divide i chimici dell’epoca. Ci sono i sostenitori, come John Dalton, il sostenitore principale della teoria atomica della materia, per cui l’ipotesi di Prout sembra accordarsi perfettamente con le sue idee filosofiche. E ci sono detrattori, come Berzelius e altri chimici influenti, che stanno cercando di determinare il peso atomico degli elementi nel modo più preciso possibile. Da queste misure si apprende che il peso atomico del cloro, 35,5, non è un multiplo intero di quello dell’idrogeno. Altri problemi del genere emersero con le previsioni frutto del lavoro di sistematizzazione di Mendeleev. I sostenitori di Prout tentano di salvare la situazione pensando che il peso originario da prendere in considerazione sia un mezzo o un quarto di quello dell’idrogeno, ma non riescono a convincere gli avversari. Questi ultimi, dal canto loro, non offrono però una spiegazione completa dell’infondatezza dell’ipotesi di Prout e l’idea continua a sopravvivere carsicamente per decenni.  

Perché William Prout aveva torto?

All’epoca del dibattito che stiamo raccontando non si conoscevano né il protone né il neutrone, i due elementi costitutivi del nucleo atomico e, a dire il vero, tutto il dibattito sulla struttura dell’atomo è posteriore di quasi ottant’anni. Quello che Prout non sapeva è che il cloro si trova spesso come un miscuglio di due diversi isotopi, il Cl-35 e il Cl-37, in una proporzione tale per cui il peso atomico medio del cloro è 35,5 (poi corretto in 35,45) volte il peso dell’idrogeno. È una delle conseguenze delle scoperte che sono valse a Francis William Aston il premio Nobel per la Chimica nel 1922 per “le sue scoperte, grazie allo spettrografo di massa, degli isotopi in un gran numero di elementi non radioattivi”. La motivazione del premio continua citando anche l’enunciazione della regola del numero intero, ovvero di una correzione dell’ipotesi di Prout basata sulla conoscenza degli isotopi. L’idea del medico inglese dell’Ottocento, quindi, era ancora buona per il peso atomico degli isotopi degli elementi, con un errore inferiore dall’1%.
Foto di gruppo scattata al Congresso Solvay del 1922: Francis William Aston è il secondo seduto da sinistra (Immagine: Wikimedia Commons)
In realtà, la regola del numero intero non è sufficiente a spiegare le discrepanze tra la teoria e le misurazioni. Per esempio, il ferro-56 pesa solamente il 99,1% di quanto non pesino 56 atomi di idrogeno. La differenza è proprio dello 0,9%, proprio come previsto. Ma la regola di Aston non spiega la causa di tale discrepanza. La questione non è per niente semplice e ha bisogno di decenni di studi e scoperte da parte di molti chimici e fisici per essere risolta. Per quel che riguarda la storia che stiamo raccontando qui, ci possiamo limitare a dire che la differenza, che viene chiamata deficit di massa, tra la massa atomica attesa e quella misurata se ne va sotto forma di energia di legame necessaria a tenere insieme protoni e neutroni che compongono il nucleo atomico.  

L’ipotesi di Prout è stata una perdita di tempo?

In una serie di esperimenti, i cui risultati sono pubblicati nel 1919, Ernest Rutherford, un fisico neozelandese che lavora in Inghilterra al Cavendish Laboratory, riesce a isolare il nucleo dell’idrogeno facendo interagire particelle alpha con l’azoto in forma gassosa. Quello che è riuscito a fare è isolare una delle particelle fondamentali che costituiscono il nucleo atomico e la battezza protone, sostituendo la desinenza –on al termine protyle proposto un secolo prima da Prout. Che l’influenza sia propria quella, lo dichiara Rutherford stesso in un convegno della British Association for the Advancement of Science che si tiene a Cardiff nel 1920. Un secolo dopo la sua formulazione, l’ipotesi di Prout non è mai stata confermata. Si è rivelata un vicolo cieco nell’evoluzione della chimica. Eppure, come in innumerevoli altri casi nella storia della scienza, il dover farci i conti per confutarla, o perché ancora intrisi del suo fascino quasi alchemico, ha spinto alcuni dei più grandi scienziati della storia a interrogarsi su alcuni aspetti fondamentali della materia e a produrre nuova conoscenza. Segno che la scienza non avanza in maniera lineare, ma che prende strane svolte, frutto di un dibattito aperto e sempre mutevole tra tutti i componenti della comunità. Segno, in definitiva, che le strade possono anche sembrarci sbagliate, ma non per questo non portano da qualche parte.  
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dalton
Solvay_conference,_1922

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