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Biologia

Cosa succede quando si riattiva l’herpes labiale?

Meccanismi epigenetici tengono a bada il DNA del virus latente, che colpisce una persona su due. Ma un semplice stress può stimolarne la riattivazione

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Basta l’esposizione a qualche raggio di sole, una giornata faticosa o una tensione nervosa a far saltare fuori una nuova “febbre” sul labbro o nelle vicinanze. Ne sanno qualcosa le persone che soffrono di questa fastidiosissima infezione ricorrente, causata da uno dei virus della famiglia degli Herpes simplex (HSV). Vescicole dolenti, piccole ulcere, prurito, irritazione, a volte febbre, dolori diffusi e altri sintomi seguono a ogni risveglio virale.

Quanto sono diffuse le infezioni di Herpes simplex? Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), circa 3,8 miliardi di persone sotto i 50 anni sono infette da HSV-1, la principale causa dell’herpes labiale. Si tratta di poco meno della metà popolazione mondiale. Parente stretto è il virus HSV-2, all’origine della maggior parte dei casi di herpes genitale, da cui sono colpite quasi 520 milioni di persone di età compresa tra 15 e 49 anni. Entrambi i virus sono trasmessi per contatto diretto della pelle o delle mucose con la parte infetta di un altro individuo e sono difficili da prevenire (il preservativo non è sufficiente). La presenza di herpes genitale aumenta il rischio di altre infezioni a trasmissione sessuale, tra cui quella con il virus HIV, responsabile dell’AIDS. Inoltre secondo alcune ipotesi è possibile che i virus Herpes simplex siano implicati nello sviluppo della malattia di Alzheimer.

Cosa accade nell’infezione iniziale? Particelle di virus HSV – involucri proteici che racchiudono al proprio interno il DNA virale – penetrano in alcune cellule della pelle o della mucosa. Qui si riproducono con vigore, sfruttando le macchine cellulari che replicano il DNA e producono le proteine dell’involucro. Quando le cellule infette sono strapiene di nuovi virus, scoppiano. A questo punto i virus escono dalla cellula e vagano nei tessuti circostanti finché trovano dei neuroni sensoriali in cui intrufolare il proprio genoma.

Inizia così la fase di latenza del virus. I segni e i sintomi della prima infezione a questo punto si attenuano: in genere si forma la tipica crosta e la lesione lentamente guarisce. Non sparisce però il materiale genetico virale, che rimane appunto dormiente nelle longeve cellule nervose, dove può persistere per l’intera vita di un individuo infetto. Per la dormienza, la selezione da parte del virus di queste cellule straordinariamente durature è una strategia di sopravvivenza premiata dall’evoluzione, dato il successo planetario di questi microrganismi.

I geni erpetici dormicchiano in elementi genetici indipendenti dai cromosomi, chiamati “episomi”. Dal loro stato di torpore, piacevole per noi, i geni dell’HSV si risvegliano soltanto quando uno stimolo stressante li induce a replicarsi e a produrre nuove particelle virali. Inizia così un nuovo ciclo di infezione, con i virus che fuoriescono dai neuroni sensoriali e infettano cellule epiteliali o della mucosa circostanti e i sintomi si ripresentano. Le neonate particelle virali fuoriescono quindi dalle cellule esplose, cercando altri neuroni sensoriali in cui iniziare una nuova fase di latenza, mentre i sintomi si affievoliscono.

Per evitare che il virus si risvegli, l’organismo ospite blocca i geni erpetici in una morsa di proteine e altre molecole. Gli istoni, le proteine su cui il DNA è avvolto, hanno un ruolo cruciale in questi processi. Un po’ come rocchetti su cui si arrotolano fili di lana, gli istoni sono bobine proteiche per i filamenti di DNA. Da questo avvolgimento stretto si forma quel materiale straordinariamente compatto e ordinatamente attorcigliato che è la cromatina. Anche il DNA virale custodito negli episomi si trova in genere addensato attorno agli istoni.

Ulteriori modifiche epigenetiche possono impedire o facilitare l’accesso al DNA. Agli istoni possono essere aggiunti gruppi metile, che in genere chiudono ulteriormente ogni varco verso il materiale genetico e la sua trascrizione in mRNA per produrre proteine, tra cui quelle virali. Gruppi fosfato possono invece sia inibire, sia permettere la trascrizione. Meccanismi di regolazione epigenetica influenzano dunque sia la dormienza, sia il risveglio dei virus HSV.

Tra il virus e l’organismo ospite sembra essersi instaurato una sorta di compromesso. Il DNA virale rimane nascosto a vita nelle durature cellule nervose, ma gli istoni metilati su cui è avvolto lo tengono a bada, impedendo la produzione di nuove particelle di HSV. Fino a quando uno stress interrompe questo delicato equilibrio.

Come avviene la riattivazione del virus? Alcuni ricercatori della University of North Carolina a Chapel Hill, guidati da Mohanish Deshmukh, hanno scoperto che per questo risveglio è essenziale la proteina C-Jun N-terminal kinase, in breve JNK. Le chinasi sono enzimi in grado di attivare o inattivare altre molecole tramite l’aggiunta di gruppi fosfato. I ricercatori hanno sottoposto alcuni topi a uno stress, che poteva consistere nella somministrazione di alcuni farmaci o di specifici stimoli. Hanno quindi osservato che, in seguito allo stress, alcuni gruppi fosfato erano stati aggiunti agli istoni. Ciò aveva permesso l’accesso al DNA virale e la sua trascrizione. Quando i ricercatori hanno però inibito l’enzima JNK, i gruppi fosfato non erano stati aggiunti agli istoni e la riattivazione virale non si era verificata. La scoperta è stata pubblicata sulla rivista Cell Host & Microbe nel 2015.

Anche negli esseri umani la riattivazione dei virus erpetici avviene nello stesso modo? Non lo sappiamo, dato che questi studi sono avvenuti, appunto, nei topi. Se i risultati saranno confermati anche nella nostra specie, un inibitore di JNK, specifico per le azioni di questa proteina nei neuroni sensoriali, potrebbe diventare un nuovo farmaco antivirale, in grado di prevenire le recidive di infezioni di Herpes simplex.

Come si curano oggi le riacutizzazioni di questi virus? Si trattano in genere con antivirali come l’acicloguanosina (il nome commerciale è Aciclovir) e altri composti simili, più recenti. Tutti inibiscono la DNA polimerasi virale, un enzima essenziale alla replicazione del materiale genetico del virus. Relativamente efficaci, questi trattamenti hanno però qualche limite. Sono assunti soprattutto sotto forma di compresse o di pomata, ma il principio attivo non sempre raggiunge il sito di infezione in quantità sufficiente e comunque prima di essere degradato. Inoltre l’uso ricorrente del farmaco favorisce la selezione di varianti virali resistenti. Nell’insieme l’efficacia migliorabile di questi farmaci fa sì che i virus erpetici siano ancora molto diffusi e che nuove terapie siano necessarie per ridurne la circolazione.

Per scrivere questo post ho consultato:
Getrud U. Rey, Why Does Stress Reactivate Herpes Simplex?, Virology Blog (1/8/2024);
Gertrud U. Rey, Does Herpes Simplex Virus Cause Alzheimer’s Disease?, Virology Blog (4/4/2024);
Cliffe AR et al., Neuronal Stress Pathway Mediating a Histone Methyl/Phospho Switch Is Required for Herpes Simplex Virus Reactivation, Cell Host Microbe. 2015 Dec 9;18(6):649-58. doi: 10.1016/j.chom.2015.11.007. PMID: 26651941; PMCID: PMC4681005;
Herpes simplex virus, WHO.
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Una ricostruzione tridimensionale del virus HSV-1 (Wikipedia, Thomas Splettstoesser, www.scistyle.com)
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Uno schema della riattivazione del virus HSV mediata dalla chinasi JNK (Deshmuck M. e colleghi, Cell Host & Microbe, 2015)