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Il tè, bevanda del mondo

Attraverso la sua storia, le sue influenze culturali e le sue proprietà, andiamo alla scoperta di un infuso prodotto e consumato praticamente ovunque

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Se un extraterrestre, giunto sulla Terra per turismo, ci chiedesse di assaggiare la «bevanda di voi umani», è probabile che, alla fine, dopo una lunga (e sicuramente movimentata) discussione dell’Assemblea generale, le Nazioni Unite gli offrirebbero una tazza di tè.

Questo perché ancora più del caffè e della birra, il tè attraversa tutte le culture del globo: la pianta da cui deriva è coltivata in tutti i continenti, per la precisione in 35 paesi del mondo, con un consumo globale che supera i 3 miliardi di tonnellate l’anno.

La pianta del tè è una sola

Tutti i tipi di tè provengono dalla stessa pianta: la Camelia sinensis, che per i libri di botanica è un «dicotiledone che appartiene alla famiglia delle teacee» e per i libri di geografia un «arbusto sempreverde originario dell’Asia». Allo stato naturale la Camelia sinensis è un alberello di medie dimensioni, che misura tra i 4 e i 17 metri di altezza, con rami sottili che compongono un’alta chioma di foglie lucide, verdi e lanceolate, lunghe dai 2 cm agli 8 cm: è proprio da queste foglie che si ricava il tè (i fiori della Camelia sinensis sono bianchi e poco profumati, il frutto è una capsula legnosa verde scuro che contiene semi nerastri, ma nessuno dei due viene utilizzato).

Le piante spontanee di Camelia sinensis sono ormai residuali, e anche quelle che troviamo in questa forma sono probabilmente il lascito di antiche coltivazioni poi abbandonate. Su tutti i continenti, l’aspetto della Camelia sinensis è «disegnato» dall’utilizzo che ne fa l’essere umano, che la coltiva su filari di arbusti potati che non superano i 150 cm, molto spesso a terrazza.

La grande diffusione della Camelia sinensis si deve anche alle sue caratteristiche: si tratta di una pianta longeva (un arbusto può vivere oltre 50 anni), molto resistente ai parassiti, che prospera nelle fasce tropicali e subtropicali, ma può crescere in diversi climi, sia in pianura che in montagna.

Le varietà destinate alla coltivazione sono due: la variante sinensis e la variante assamica. Gli arbusti della variante sinensis si coltivano al fresco, su terrazze ad alta quota, principalmente nelle zone montuose dell’Asia, dove le condizioni sono ideali per la produzione di profumati tè verdi (più vicini al tè delle origini). Gli arbusti della varietà assamica sono più adatti ai climi caldi e tropicali come quelli del nord dell’India e della provincia cinese dello Yunnan, dove le condizioni sono ideali per le grandi produzioni, soprattutto di tè nero.

Le varietà di tè

Le varietà della pianta non vanno confuse con le varietà del tè, che non si devono all’arbusto ma al processo di raccolta e lavorazione della foglia.

Le tre principali varietà di tè, rese note dalle macro categorie commerciali sono:

Il tè nero
È la varietà più comune, rappresenta il 90% del tè consumato in Occidente. È un tè completamente ossidato, e dunque più scuro e più ricco di caffeina. Le sue foglie, in genere tagliate in granuli, sprigionano un gusto intenso, che giustifica l’abbinamento con il latte o con altri ingredienti.

Il tè verde
La permanenza del colore verde si deve a una fase supplementare di essiccazione, volta a bloccare l’ossidazione. Per il basso tasso di caffeina è ritenuto il te più «salutare», viene prodotto principalmente in Cina e Giappone.

Il tè bianco
È la varietà meno lavorata (e spesso più pregiata). Si realizza a partire dalle prime foglie o dai germogli apicali, che vengono prelevati a mano e lasciati essiccare. È prodotto principalmente in Estremo Oriente, soprattutto nella provincia cinese del Fujian, ma anche a Taiwan e in Sri Lanka. Ha un basso contenuto di caffeina e un gusto delicato.

A parità di varietà, i tè vengono classificati (e prezzati) in base alla grandezza e alla forma delle foglie e al punto in cui sono state staccate dalla pianta.

Non esiste un sistema di classificazione universale; nel sistema britannico in uso nelle ex colonie si distinguono le foglie «intere» (whole leaf), «rotte» (broken leaf) e «schiacciate, strappate e arrotolate» (crusch, tear, curl - ctc). Ma a determinare la qualità del tè è soprattutto il «punto di stacco»: semplificando, si può dire che più le foglie sono state staccate all’apice dello stelo, vicino ai giovani getti e alle gemme, più il tè è pregiato. Tuttavia il prezzo del tè può derivare anche da altri fattori: la qualità «single estate», per esempio, è costosa perché indica foglie cresciute in una stessa proprietà e prelevate nel corso della stessa raccolta.

Infine, è importante ricordare che i blend che spopolano sul mercato non sono una varietà di tè, ma una miscela di due o più tipi di tè o di tè e altri ingredienti (in genere fiori o erbe). Ad esempio il celebre English Breakfast Tea è costituito da tre o più varietà di tè nero, spesso di paesi diversi, miscelati per andare incontro alle esigenze alimentari inglesi (si consuma con torte e scones, panini farciti); l’Earl Grey è un tè nero profumato con olio di bergamotto; il Masala Chai è tè nero indiano mischiato a una miscela di spezie: pepe, grani, zenzero, cardamomo e cannella.

La chimica del tè

Le foglie del tè hanno composizione variabile che dipende da molti fattori: varietà, età, momento di raccolta, condizioni ambientali. Qualsiasi tipologia di tè però contiene:

  • caffeina o teina, un alcaloide che stimola il sistema nervoso centrale;
  • teanina, un amminoacido psicoattivo;
  • catechina, un antiossidante presente soprattutto nel tè verde e nel tè bianco;
  • teobromina e teofillina, due alcaloidi stimolanti;
  • fluoruri.

Sono tutti compositi solubili in acqua e che concorrono all’aroma dell’infusione.

Fin dalla sua prima scoperta, al tè vennero attribuite proprietà medicinali, che la scienza moderna poi ha dimostrato parzialmente fondate. La sensazione di benessere che avverte chi beve una tazza di tè dipende dal fatto che è una bevanda priva di calorie ma carica di teina, che aiuta la concentrazione, acuisce i sensi del gusto e dell’olfatto e stimola le funzioni digestive. Inoltre contenendo fluoruro, il tè aiuta a rafforzare lo smalto dei denti e previene le infezioni gengivali.

La caffeina e la teina sono la stessa cosa
Dal punto di vista chimico caffeina e teina sono la stessa sostanza: abbiamo due parole diverse solo perché si riferiscono a due scoperte scientifiche, la prima nell’Ottocento a partire dai chicchi di caffè, la seconda di poco successiva, a partire dalle foglie di tè.
La caffeina è una sostanza alcaloide naturale che si trova all’interno di diversi frutti, piante e radici: non solo il caffè, ma anche il cacao, il guaranà e il mate.
​La caffeina del tè è diversa da quella del caffè solo per la concentrazione del principio attivo e quindi per gli effetti sul nostro organismo. Banalmente, una tazzina di caffè può contenere fino a 80 mg di caffeina, mentre una tazza di tè ne contiene circa 30-40 mg. Inoltre, gli antiossidanti presenti nel tè rallentano l’assorbimento della caffeina, rendendo la «scarica» di energia meno forte di quella fornita dalla caffeina presente nel caffè.

Le fasi di lavorazione del tè

In tutto il mondo, e a prescindere dal livello di meccanizzazione, la lavorazione del tè si compone di sei grandi fasi:

  1. Appassimento
  2. Avvolgimento o arrotolamento
  3. Ossidazione
  4. Essiccazione
  5. Mondatura
  6. Smistamento

Lo scopo principale della lavorazione del tè è ridurre la quantità di acqua presente nelle foglie fresche di raccolto, che va portata dal 70% al 3%. I metodi per ottenere questo risultato sono i più diversi; sono questi metodi ad alterare l’aspetto, l’aroma e il sapore del prodotto finito: come abbiamo detto in precedenza, infatti, a parità di foglia raccolta, verranno prodotti tè bianchi, verdi, neri.

Dopo la raccolta, le foglie sono trasportate su camion alla sede di lavorazione: questo deve avvenire in tempi rapidi, prima che cominci l’appassimento naturale. Nell’area di appassimento le foglie vengono sparse in trogoli (vasconi rettangolari, cinti da griglie metalliche che lasciano passare l’aria calda dei ventilatori) e qui rimangono per circa 12 ore, durante le quali la composizione chimica cambia: insorge la prima ossidazione, i livelli di clorofilla si riducono e si alzano i livelli di caffeina. Avviene qui la prima biforcazione di prodotto: perché nel caso della produzione di tè verde la fase di appassimento non sarà prolungata, le foglie andranno quasi subito all’avvolgimento.

Una volta appassite, le foglie vengono trasportate nell’area di avvolgimento, dove le macchine rullatrici pressano le foglie, rompono le pareti cellulari e alterano aspetto e dimensioni della foglia. Quando le foglie hanno raggiunto la forma e la grandezza desiderate, vengono tolte dalla rullatrice e poste nuovamente a ossidare su lunghi tavoli di cemento per un periodo che va dai 30 minuti alle 5 ore, in funzione del tè che si vuole ottenere.

L’ossidazione viene interrotta dalla fase di essicazione, che avviene su nastri trasportatori o in forni. Solo una volta essiccato il tè diviene un prodotto a lunga conservazione, e passa alla mondatura, una fase di setaccio dove piccioli, fibre e nervature vengono separate dalle foglie essiccate, e poi allo smistamento, per la separazione delle foglie in base alle diverse dimensioni.

La storia del tè è la storia dell’umanità

L’origine del tè è cinese. Il mito colloca la sua scoperta agli albori della civiltà cinese, al tempo di Shennong, il «dio dei campi» fondatore dell’agricoltura e della medicina cinese, che secondo la leggenda scoprì il tè per caso, grazie al fatto che mentre dormiva un ramoscello di Camelia cadde nel suo pentolone d’acqua bollente.

Fino al III secolo d.C. la bevanda venne prodotta con foglie di alberi selvatici, coltivate nei giardini dei monasteri buddisti, come bevanda a doppia valenza, medicinale e spirituale. I primi testi cinesi che descrivono le caratteristiche del tè risalgono all’epoca della dinastia Tang (VII-X secolo d.C.). Il celebre Cha Chang, ovvero la «Sacra Scrittura del tè», un’opera scritta da Lu Yu nell’VIII secolo, attesta sia il processo di lavorazione che i rituali, già molto codificati, della sua degustazione. È probabilmente a quell’epoca che il tè si diffuse anche in Giappone, portato dai monaci buddisti che avevano visitato i monasteri cinesi e portato con loro i semi da trapiantare.

Tra il XVII e il XVIII secolo, olandesi e portoghesi entrarono in contatto con questa tradizione e inserirono il tè nelle importazioni lungo le vie commerciali di terra (che attraversavano la Russia) e di mare (che circumnavigavano l’Indonesia). Il tè fu apprezzato soprattutto nel Regno Unito, soprattutto dopo il 1662, quando re Carlo II sposò la portoghese Caterina di Braganza, la quale portò in dote a Londra casse di tè cinese. Nel giro di pochi anni, il tè venne inserito nei riti delle classi agiate; nel 1706 Thomas Twining aprì a Londra la sua Tom’s Coffee House: nel corso del XVIII secolo il tè divenne la prima bevanda degli inglesi, ispirando la nascita dei cosiddetti tea garden (per diverse ragioni, molta meno fortuna ebbe in Francia e Germania).

Nel 1839 le guerre dell’oppio con la Cina misero a rischio l’approvvigionamento, ed è allora che i britannici crearono in India le loro piantagioni (sulla base del fatto che in India piante di Camelia crescevano spontaneamente). Nel corso del XIX secolo gli inglesi fondarono piantagioni in India e Sri Lanka, gli olandesi in Indonesia, i francesi in Vietnam. Parallelamente, anche Turchia e Iran cominciarono a coltivarlo, seguiti da Kenya, Thailandia e Argentina, che parimenti impiantarono una propria produzione.

Il nome del tè
Prima che la parola inglese «tea» si affermasse, il tè cinese aveva diversi nomi: tcha, cha, tay, tee. Il nome inglese non è un calco dal cinese mandarino tcha, ma dal dialetto della città di Amoy (oggi Xiamen), il porto con cui entrarono in contatto i primi commercianti olandesi. In olandese il t di Amoy divenne thee, e da lì deriva il tea inglese.

Dove si produce e dove si consuma il tè oggi

Il tè viene prodotto in quattro continenti su cinque: tutti tranne l’Europa, che però è un grande mercato di destinazione. I principali paesi produttori sono Cina, India, Turchia, Sri Lanka, Vietnam, Indonesia, Bangladesh nel continente asiatico; Argentina, Brasile, Ecuador e Perù per il Sud America; Kenya, Uganda, Malawi, Ruanda, Tanzania per il continente africano; Australia e Nuova Guinea per l’Oceania.

Il consumo di tè caratterizza culture molto diverse tra loro, ma che nel momento del tè riconoscono e omaggiano da secoli un momento di purificazione, sia medicinale che spirituale. Il momento tè è sicuramente centrale in Estremo Oriente, nella cultura cinese e giapponese. La Cina è un grande produttore di tè nero per il resto del mondo, ma internamente consuma soprattutto tè verdi aromatizzati, serviti prima e dopo i pasti al ristorante, e agli ospiti che rendono visita a casa. Anche i giapponesi prediligono il tè verde, il cui servizio è legato a un’antica cerimonia buddista zen (lo Cha-no-yu) che pone al centro i quattro principi di armonia, rispetto, purezza e tranquillità. Ancora nel 1906, nel celebre Libro del tè, l’intellettuale giapponese Okakura Kakuzo scrive:

Il teismo è un culto fondato sull’adorazione del bello fra i sordidi fatti dell’esistenza quotidiana. Infonde la purezza e l’armonia, il mistero della solidarietà, il romanticismo dell’ordine sociale.

In India il tè è servito ovunque, anche per strada, più spesso nero e all’inglese, facendo bollire l’acqua insieme a latte e spezie. In Turchia il tè è addirittura più diffuso del caffè, e viene servito per tutta la giornata, sia nei ristoranti che nella vita domestica. In Iran e Afghanistan il tè è considerato bevanda nazionale, e anche la Russia, che lo beve da qualche secolo, lo ha incorporato nella sua identità, come testimonia il samovar, uno scaldino metallico ispirato a un recipiente usato dai Mongoli. Il tè è molto consumato anche nei paesi arabi mediterranei: dagli egiziani in particolare, che lo bevono forte e dolce, e dai marocchini, che lo servono su vassoi d’argento, assieme a dolciumi.

Nel Regno Unito e negli altri paesi del Commonwealth, come la Nuova Zelanda e l’Australia, l’«afternoon tea» è ancora un momento radicato nella routine quotidiana: in anni recenti i consumi risentono della concorrenza di altre bevande, ma il tè come elemento identitario ha rilanciato sia il prodotto che le sale da tè all’interno del mercato turistico.

Negli Stati Uniti il tè è sempre più consumato, e d’altronde è in America che è nato il tè freddo: accadde alla fiera mondiale del commercio di St Louis del 1904, quando a causa del caldo torrido Richard Blechynden rinunciò a promuovere a parole le proprietà dissetanti del tè inglese e cominciò a riempire i bicchieri di cubetti di ghiaccio, trovandosi lo stand assalito dai visitatori (ancora oggi l’80% del tè bevuto in Usa è freddo).

Sostenibilità e impatto ambientale

Il tè si produce in 35 paesi del mondo e la sua filiera dà lavoro a milioni di persone. L’impatto di una coltura globale è rilevante sia sul piano sociale, sia sul piano ambientale.

Sul piano sociale, dei 54 paesi che la FAO cataloga come Low-Income-Food-Deficit Countries, 20 sono produttori di tè. Significa che più 2 miliardi di tonnellate di tè vengono prodotte in Paesi in cui la forza lavoro vive in povertà o con bassi salari. Riformare l’industria del tè avrebbe dunque un impatto sul sostentamento dei lavoratori delle piantagioni, che in alcuni paesi coincidono con l’economia di interi villaggi.

Sul piano ambientale, la produzione di tè si fonda sulla costante e massiccia fornitura di acqua ed energia, ma a differenza di altre colture il tè non è un bene di prima necessità. Al contempo, le zone ideali per la coltivazione della pianta saranno le più esposte alle oscillazioni termiche e ambientali dovute ai cambiamenti climatici. Non è da escludere che in un prossimo futuro paesi come l’India e lo Sri Lanka vedano abbassarsi la produttività di questo settore, con conseguente difficoltà delle economie locali che si fondano su questa monocoltura.

Al tè, alla cultura anglosassone e alla guerra civile americana è dedicata questa puntata del nostro podcast Storie straordinarie di oggetti comuni.
Bibliografia essenziale consigliata
  • Nicoletta Tul, La Finestra sul Tè. Guida definitiva alla più nobile delle bevande, Santelli, 2020
  • Krisi Smith, Il mondo del tè. Storia, produzione, geografia, cultura, Slow Food Editore, 2021
  • Jane Pettigrew, Jane Pettigrew’s World of Tea: Discovering Producing Regions and Their Teas, Hoffman Media, 2018
  • Gilles Brochard, Il tè, L’ippocampo, 2004
  • Linda Reali, Storie del tè: monaci e mercanti, regine e avventurieri, Donzelli, 2009
  • Alan Macfarlane, Iris Macfarlane, Oro verde: la straordinaria storia del tè, Laterza, 2004
  • Kakuzo Okakura, Il libro del tè, Garzanti, 2021.
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Una pianta di Camelia sinensis (immagine: Wikipedia)

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Una piantagione di tè in Sri Lanka (immagine: Wikipedia)

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Tè prodotti da foglie con quattro diversi gradi di ossidazione: da sinistra a destra, tè verde, giallo, oolong e nero (immagine: Wikipedia)