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Biologia

Le molte vite dell’RNA

Da «fratello minore» del DNA, a molecola chiave per lo sviluppo di vaccini e di terapie all’avanguardia contro tumori e malattie genetiche

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Che l’RNA avesse un grande potenziale terapeutico, molti di noi lo hanno intuito nel 2020, quando la pandemia di COVID-19 ha portato sulle prime pagine dei giornali le sperimentazioni sui primi vaccini a RNA. Che si trattasse di molto più di un’intuizione, l’ha confermato in seguito l’Accademia di Svezia, che nell’ottobre 2023 ha attribuito a Katalin Karikó e Drew Weissmann il Nobel per la Medicina e la Fisiologia, riconoscendo loro il merito di aver contribuito con i loro studi decennali allo sviluppo di una nuova generazione di vaccini e, più in generale, di una nuova branca della terapia: quella basata su filamenti di RNA a potenziale terapeutico.

In questo articolo ripercorriamo le prime scoperte relative al ruolo dell’RNA e quali sono le strategie terapeutiche basate su questo acido nucleico.

Breve storia dell’RNA

Tutto ha inizio nel 1961, quando Sydney Brenner identifica una molecola transiente di acido nucleico che funzionava da intermediario tra il DNA e le proteine: si tratta dell’RNA messaggero o mRNA.  Nel contesto del dogma centrale della biologia, l’RNA finisce così per trovarsi «schiacciato» tra due protagonisti molto più rilevanti, che per anni avevano attirato l’attenzione del mondo della ricerca: da una parte il DNA, depositario delle informazioni genetiche, e dall'altro le proteine, le registe del destino di una cellula. E l’RNA? Per questo acido nucleico non rimane che il ruolo di co-protagonista, quello di "fratello minore" del DNA. 

Negli anni successivi, sono diversi i gruppi di ricerca che si concentrano sullo studio dell'RNA e le dimostrazioni delle sue potenzialità non tardano ad arrivare: per esempio, viene dimostrato che l’mRNA può essere tradotto in laboratorio nella proteina corrispondente e che i filamenti di RNA possono essere trasferiti all’interno di cellule eucariote mediante specifici sistemi di trasporto basati su piccole vescicole lipidiche.

All’inizio degli anni Ottanta del Novecento i gruppi di ricerca impegnati in questi studi si trovano così, almeno a livello teorico, con due strumenti dall’enorme potenziale: da un lato, i filamenti di mRNA che possono essere usati per sintetizzare a comando qualsiasi proteina desiderata; dall’altro, un sistema per veicolare questi mRNA e ottenere la sintesi delle proteine desiderate direttamente all’interno delle cellule. Non rimane che testare questa possibilità in vivo e il primo a riuscirci è il gruppo di Jon A. Wolff che, nel 1990, veicola filamenti di mRNA nel tessuto muscolare di topi di laboratorio e dimostra per la prima volta che il trasferimento di RNA in vivo è possibile.

Perché non sfruttare questa procedura per indurre la produzione - direttamente in vivo - di una proteina altrimenti mutata o assente a causa di una malattia genetica? Il primo a testare questa strategia è G. F. Jirikowski che, insieme ai suoi collaboratori, inietta in ratti da laboratorio l’mRNA che codifica per l’ormone antidiuretico (ADH) e riesce a ridurre temporaneamente i sintomi del diabete insipido, una particolare forma di diabete causata dall’assenza di questo ormone normalmente prodotto dall’ipofisi. Questa è la prima dimostrazione della capacità dell’mRNA di svolgere un’azione terapeutica in vivo: una scoperta che apre innumerevoli possibilità di applicazione, che oggi spaziano dalla terapia sostitutiva alla produzione di vaccini di nuova generazione.

Terapie con mRNA: vaccini anti-COVID, ma non solo

La pandemia causata dal coronavirus SARS-CoV-2 ha dato una spinta decisiva allo sviluppo dei vaccini a RNA che, alla fine del 2020, sono stati per la prima volta approvati per l’uso negli esseri umani. I vaccini anti-COVID rappresentano, a oggi, non solo i primi vaccini a RNA ma, in generale, anche le uniche terapie a base di RNA messaggero (mRNA) approvate per l’uso negli esseri umani. Tuttavia, questo è un ambito in rapida espansione che, dopo decenni di studi, ha trovato nuova linfa proprio grazie alle procedure ottimizzate per i vaccini anti-COVID.

Potete trovare un approfondimento sullo sviluppo dei vaccini a RNA in questi articoli dell’Aula di Scienze:
- Nobel per la Medicina e la Fisiologia 2023 ai vaccini a mRNA
- Kati Karikó, domatrice di mRNA

Oltre alla produzione di vaccini contro altri agenti infettivi (come Zika e Ebola), molti guardano all’mRNA per mettere a punto vaccini antitumorali. A dirla tutta, questa è proprio l’idea con cui la vaccinazione con mRNA ha visto la luce più di 25 anni fa. Il primo a testare questo approccio fu il gruppo di ricerca di Robert M. Conry, che nel 1995 dimostrò per la prima volta che l’mRNA poteva essere usato in vivo per produrre antigeni tumorali e che questi antigeni erano in grado di stimolare il sistema immunitario a riconoscere e uccidere le cellule tumorali proprio se fossero patogeni.

Rimanendo nel campo delle ricerca, un’altra potenziale applicazione terapeutica dell’mRNA riguarda la terapia sostitutiva. Come dimostrato dallo studio pionieristico di Jirikowski con l’ormone ADH (vedi paragrafo precedente), questa tecnologia permette di veicolare un’informazione sotto forma di mRNA all’interno delle cellule, e questa informazione può essere usata per sintetizzare un enzima o qualsiasi altra proteina di cui la cellula è priva o di cui produce una forma mutata. Questo approccio terapeutico rappresenta una sorta di «terapia genica» transiente: il fatto che l’mRNA introdotto nelle cellule abbia una durata limitata nel tempo costituisce un potenziale vantaggio perché, a differenza della terapia genica classica, l’uso di filamenti di mRNA non modifica in modo permanente il genoma delle cellule.

Tuttavia, esistono anche alcune difficoltà che devono ancora essere superate: questa strategia richiederebbe, nel caso di malattie congenite o croniche, somministrazioni ripetute che, nel tempo, potrebbero causare effetti collaterali avversi. Per la terapia sostitutiva a base di mRNA, gli aspetti da ottimizzare rimangono molti, ma qualche nota positiva inizia a emergere, come nel caso di una terapia (per ora a livello sperimentale) a base di mRNA di VEGF, il fattore di crescita vascolare-endoteliale che promuove la formazione di vasi sanguigni e potrebbe aiutare la rigenerazione del muscolo cardiaco dopo un infarto.

L’interferenza da RNA: silenziare i geni con i siRNA

In alcuni casi, l’intento della terapia non è quello di attivare o potenziare l’espressione di un gene, ma l’esatto opposto: silenziare l’espressione di specifici geni può essere utile, per esempio, per contrastare l’azione di geni oncosoppressori che, se mutati, possono favorire la formazione di tumori.

Una delle tecniche di silenziamento genico più versatili è quella dell’interferenza da RNA (RNA interference o RNAi): questa tecnologia permette di silenziare l’espressione di un gene in modo mirato grazie all’impiego di siRNA (short interfering RNA), brevi filamenti di RNA sintetizzati in laboratorio che, una volta introdotti nelle cellule, si appaiano al filamento di mRNA bersaglio e ne causano il silenziamento. Per farlo, queste brevi sequenze di RNA sintetico sfruttano un complesso enzimatico (chiamato RISC) coinvolto in uno dei meccanismi di regolazione dell’espressione genica già naturalmente presenti nelle cellule eucariote.

L’RNAi è una tecnologia molto versatile che, almeno a livello teorico, permette di silenziare l’espressione di qualsiasi gene presente nella cellula e di modulare geni coinvolti in tutte le funzioni fondamentali di una cellula, come il metabolismo energetico o la proliferazione. Oggi esistono intere collezioni di siRNA sintetici (le librerie di siRNA) a cui si può attingere per silenziare l’espressione di un determinato gene.
I primi siRNA per uso terapeutico negli esseri umani sono stati approvati dall’FDA statunitense a partire dal 2018. Il primo in assoluto è stato il patisiran, un siRNA approvato per il trattamento dell’amiloidosi ATTR, una malattia degenerativa ereditaria. La responsabile dei sintomi di questa patologia è la proteina transtiretina che, nella forma mutata, si ripiega in modo anomalo e si deposita nel tessuto nervoso, nel cuore e nel tratto gastrointestinale sotto forma di fibrille amiloidi. Il farmaco patisiran sfrutta l’interferenza da RNA per diminuire l’espressione della proteina transtiretina e ridurre l’accumulo di fibrille.

Aptameri a RNA

Per alcune applicazioni, piccoli filamenti di RNA sintetico possono svolgere la loro azione terapeutica legandosi a una molecola bersaglio, per esempio una proteina, un composto organico oppure un altro acido nucleico. In questo caso si parla di aptameri di RNA e il loro potenziale terapeutico dipende dalle caratteristiche strutturali della molecola di RNA, in particolare dalla sua capacità di formare strutture secondarie e terziarie che conferiscono alla molecola una forma tridimensionale precisa - così precisa, che l’aptamero a RNA può riconoscere e bloccare la funzione di un enzima o di un recettore, proprio come farebbe un anticorpo monoclonale.

Il primo aptamero di RNA è stato approvato dall’FDA statunitense nel 2004. Il pegaptanib - questo il nome del farmaco - agisce come antagonista della proteina VEGF e viene impiegato per trattare alcuni casi particolari di maculopatia, una patologia che comporta la degenerazione della retina all’avanzare dell’età.

Gli oligonucleotidi antisenso (ASO)

Gli oligonucleotidi antisenso (spesso indicati con l’acronimo inglese ASO, AntiSense Oligonucleotides) sono filamenti di DNA sintetico che si legano a RNA cellulari mediante l’appaiamento di basi complementari. Quindi, quando parliamo di ASO, l’RNA non è il farmaco (come abbiamo visto negli esempi precedenti), ma è il bersaglio della terapia. In seguito al legame specifico con i propri RNA-bersaglio, gli ASO agiscono come meccanismo di regolazione dell’espressione genica poiché alterano l’azione degli RNA cellulari in diversi modi. Per esempio, gli ASO possono:

  • indurre il taglio e la degradazione degli mRNA: quando un ASO si lega a un mRNA cellulare, si forma una molecola ibrida DNA/RNA che viene riconosciuta e frammentata dall’enzima ribonucleasi H (RNAsi H); i frammenti vengono poi degradati nei singoli nucleotidi da altri enzimi cellulari, le esonucleasi;
  • agire sui trascritti primari di RNA e interferire con il processo di splicing che dovrebbe produrre l’mRNA maturo; questo può portare a mRNA non funzionanti, per esempio perché contengono codoni di stop che causano una terminazione prematura della traduzione;
  • interferire con l’avvio della traduzione oppure con la sua progressione; e quando molti ribosomi rimangono “in stallo” su un mRNA, il trascritto finisce per essere degradato.

I primi studi con ASO risalgono alla fine degli anni Settanta del Novecento, quando Mary Stephenson e Paul Zamecnik progettarono un oligonucleotide antisenso in grado di inibire in vitro la replicazione del virus del sarcoma di Rous. Per arrivare all’approvazione di un ASO per uso terapeutico negli esseri umani sono stati però necessari altri 20 anni di studi: il primo a ottenere il via dall’FDA statunitense è stato il fomivirsen, un ASO di 21 nucleotidi usato per inibire la replicazione di citomegalovirus (CMV) in una grave forma di retinite che, a causa dell’infezione, può portare a cecità.

Oggi gli ASO rappresentano una delle applicazioni terapeutiche dell’RNA più promettenti e circa un centinaio di questi farmaci sono attualmente in studio o in fase di sperimentazione. Di particolare interesse sono gli ASO progettati per la terapia di condizioni genetiche rare, come l’atrofia muscolare spinale (una grave patatologia neurodegenerativa causata dalla mutazione del gene Sma1): l’Agenzia Europea per i Farmaci e l'FDA statunitense hanno approvato due ASO (nusinersen e risdiplam) che regolano l’espressione genica di Sma1, favorendo l’espressione della copia non mutata del gene a scapito di quella portatrice della mutazione. Risultati promettenti sono stati ottenuti anche nel caso della distrofia muscolare di Duchenne (DMD): anche in questo caso, gli ASO potenziano l’espressione del gene non mutato, e ciò aiuterebbe a mitigare così i sintomi della malattia e la sua progressione.

I nuovi arrivati: RNA circolari e RNA-CRISPR

Gli RNA circolari, chiamati anche circRNA, sono molecole a singolo filamento che si richiudono su se stesse formando un legame covalente. Questi anelli di RNA sono stati identificati per la prima volta come viroidi (patogeni delle piante), ma in seguito sono stati riscontrati in tutte le specie, inclusi i mammiferi. Si tratta quindi di molecole ubiquitarie, che agiscono regolando l’espressione genica in molti processi biologici, inclusi quelli che portano alla commparsa di alcune malattie: questo li rende molto interessanti sia come biomarker per la diagnosi di malattie, sia come potenziali bersagli terapeutici.

Tra le novità più interessanti (ma ancora da verificare) c’è il sistema di editing dell’RNA sviluppato a partire dalla tecnologia CRISPR. A febbraio 2024 l’FDA statunitense ha approvato l’avvio di due studi clinici per testare tecniche di editing dell’RNA volte a correggere mutazioni congenite. Rispetto alle tecniche di editing con la metodica CRISPR “tradizionale”, l’editing dell’RNA offrirebbe un’alternativa più flessibile ma anche più sicura: l’editing dell’RNA non modifica infatti il contenuto del genoma e la sua azione non è permanente (gli RNA sono molecole con una emivita limitata e vengono degradate in breve tempo). Questa strategia potrebbe quindi essere impiegata per terapie in cui anche un effetto breve e transitorio può avere effetti benefici, permettendo una migliore gestione dei tempi di somministrazione e delle dosi efficaci per ciascuna situazione. 

Potete trovare un approfondimento sul funzionamento di CRISPR/Cas9 in questi articoli dell’Aula di Scienze:
- Nobel Chimica 2020 a CRISPR
- CRISPR ha compiuto 10 anni: che cosa ci riserva per i prossimi 10?

I prossimi passi delle terapie a RNA

Nonostante l’entusiamo che circonda molte terapie a RNA, i tempi non sono ancora maturi per una diffusione su larga scala di questi trattamenti. Il caso dei vaccini a mRNA anti-COVID ha rappresentato un’importante dimostrazione di principio dell’efficacia e della possibilità terapeutiche dell'RNA, ma nella maggior parte dei casi gli ostacoli principali rimangono ancora gli ingenti investimenti economici e le elaborate normative: un iter che è stato possibile percorrere in tempi rapidi nel caso dei vaccini anti-COVID anche grazie al fatto che la diffusione del coronavirus SARS-Cov-2 rappresentava una minaccia per tutto il pianeta. Tuttavia, nel caso di malattie rare o di terapie personalizzate, gli ostacoli economici rappresentano ancora uno dei principali freni allo sviluppo di queste terapie: i prossimi anni di ricerca ci diranno se il progressivo sviluppo di tecnologie più sofisticate potrà superare questo scoglio.

Tra le difficoltà incontrate da molte terapie a RNA, c’è inoltre quella di indirizzare la loro azione in modo mirato ed evitare così effetti collaterali dovuti all’azione sui tessuti che non sono il bersaglio della terapia. Un interessante campo di ricerca riguarda i cosiddetti RNA programmabili, cioè RNA sintetici la cui sequenza viene codificata con segnali che garantiscono che l’RNA si attivi solo in un tessuto specifico e in momenti precisi. Questa strategia può essere utile, per esempio, per potenziare, in persone affette da tumore, la produzione di IL-12: questa citochina stimola infatti il sistema immunitario a riconoscere e uccidere le cellue tumorali, ma può avere gravi effetti collaterali se la sua azione si diffonde in modo incontrollato a tessuti sani. Gli RNA programmabili potrebbero diventare lo strumento in grado di circoscrivere l’azione della terapia solo ai tessuti tumorali: se questa azione verrà confermata, sarà un nuovo, importante traguardo per continuare a esplorare il potenziale terapeutico degli RNA.

Credits immagine di copertina: Ryan Jeffs / Wikimedia Commons (RNA assay for detection of miR-133 microRNA (green) and myogenin mRNA (red) in differentiating C2C12 cells). 

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Struttura di un aptamero a RNA (in giallo) che interagisce in modo specifico con la molecola di biotina (credit: Fdardel / Wikimedia Commons)

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L'RNA polimerasi è l'enzima che sintetizza un filamento di RNA (in verde) a partire dall'informazione contenuta nella doppia elica di DNA (in arancione) (credit: Maria Voigt and PDB-101/Wikimedia Commons)

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Il funzionamento dei vaccini a RNA anti-COVID (credit: Gonnarpax/Wikimedia Commons)

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I siRNA sono brevi filamenti di RNA che silenziano l'espressione gli mRNA a cui si appaiano. (credit: Robinson R / Wikimedia Commons)

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Linea del tempo dei principali ASO approvati per l'uso negli esseri umani dalla FDA (Food and Drug Administration) e dall'EMA (European Medicines Agency). (credit: KB-OKO / Wikimedia Commons)

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L'RNA è l'intermediario tra il DNA e le proteine (credit: Cristinelmiller / Wikimedia Commons)

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Un murale per le strade di Budapest dedicato a Katalin Karikò (credit: OrionNimrod/Wikimedia Commons)