Negli ultimi vent’anni sono stati sviluppati diversi prototipi di nasi robot, macchine in grado di percepire l’odore di un prodotto e di stabilirne la qualità. Vengono usati per trovare esplosivi, droghe e fuoriuscite di gas, ma anche per riconoscere la presenza di particolari caratteristiche nel vino e nell’olio. Queste macchine imitano il comportamento del nostro naso e agiscono tutte sul riconoscimento degli odori.
Quando i recettori presenti sulla parete superiore delle nostre cavità nasali interagiscono con degli odoranti, noi percepiamo degli odori. Gli odoranti sono composti chimici con due caratteristiche fondamentali: sono idrofobici e sono sufficientemente volatili da essere trasportati dall’aria fino al nostro naso. Per essere abbastanza volatile, una molecola deve avere una massa molecolare inferiore a 300 Da. In queste molecole si distinguono particolari atomi o gruppi di atomi chiamati odorofori, che danno un odore alla molecola.
La chimica degli odori
Alcuni odoranti non sono così facili da riconoscere con precisione perché molecole simili, o comunque con le stesse proprietà, generano odori analoghi. Per esempio, il benzene e il tiofene presentano entrambi un odore gradevole e dolciastro molto simile tra loro e difficilmente distinguibile. Entrambe le molecole appartengono alla classe dei composti aromatici, che comprende tutti i composti chimici che hanno una reattività chimica simile. Questa classe di composti è stata chiamata così da Michael Faraday nel 1825 in seguito alla scoperta proprio del benzene e del suo odore caratteristico.
Un altro problema nel riconoscimento degli odoranti è che odori analoghi possono trovarsi non solo in molecole simili, ma anche in sostanze di natura molto diversa. Per esempio, conosciamo tante molecole che danno un odore di mandorle amare: acido cianidrico, nitrobenzene, benzaldeide e i suoi derivati alogenati.
Talvolta, al contrario, succede che due isomeri della stessa molecola presentino due odori diversi tra loro. Un esempio di questo fenomeno è il limonene: questa molecola organica presenta due forme che variano per la posizione del gruppo isopropenile. L’isomero destrogiro (D-limonene) odora di arancia, mentre l’isomero levogiro (L-limonene) odora di limone; così i due isomeri caratterizzano agrumi diversi.
È stato inoltre osservato che la presenza di un doppio legame in una molecola odorante aumenta l’intensità del suo odore. Esempi di questo fenomeno sono il citronellale, una delle molecole responsabili dell’odore di citronella, e il nerale, molecola identica al citronellale ma con un doppio legame in più, che presenta un fortissimo odore agrumato.
Lo spostamento di un doppio legame, al contrario, è in grado di alterare la qualità dell’odore di alcune molecole. Un esempio sono gli iononi (tre molecole che differiscono tra loro per la posizione di un doppio legame), che tutti insieme conferiscono alla violetta il suo odore tipico, ma che hanno in realtà caratteristiche odorose diverse: l’α-ionone è floreale e intenso, il β-ionone è più delicato e si avvicina di più all’odore di violetta, mentre il γ-ionone presenta sfumature più ambrate e legnose.
Sostanze naturali e odoranti sintetici
Gli odoranti che generano sensazioni piacevoli sono chiamati fragranze. Possono essere di origine naturale o sintetica. La maggior parte delle sostanze naturali vengono isolate a partire dalle piante, mentre solo una piccolissima parte di queste sostanze ha origine animale. Le fragranze sintetiche, invece, vengono preparate nei laboratori chimici e comprendono sia molecole odoranti totalmente nuove (create ex-novo), sia molecole che imitano quelle naturali.
La sintesi totale di sostanze naturali viene eseguita nei casi in cui una molecola sia troppo difficile da isolare a partire dalla matrice naturale oppure quando è troppo costoso ottenere la materia prima in quantità sufficiente. Un esempio è l’aroma di vaniglia: esso deriva dall’aldeide vanillica e può essere isolato a partire dai baccelli della pianta, ma il processo ha un costo molto elevato e, per questo motivo, si trova in commercio il più economico aroma sintetico noto con il nome di vanillina. Tuttavia, le due fragranze (vaniglia e vanillina) presentano complessità diverse, nonostante la molecola odorante sia la stessa, cioè l’aldeide vanillica. Infatti la vanillina sintetica ha l’odore caratteristico dell’aldeide, mentre la vaniglia naturale presenta l’odore dell’aldeide insieme a tanti altri, che contribuiscono ad arricchire il bouquet della fragranza e a donarle complessità.
Le neuroscienze della percezione olfattiva
Nel linguaggio comune chiamiamo profumo qualunque odore che troviamo gradevole. In realtà, un profumo è una miscela di fragranze di origine naturale o sintetica opportunamente dosate e diluite con alcol e acqua in percentuali variabili che viene impiegata a uso cosmetico.
Lo studio dietro alla creazione di un profumo è molto approfondito perché mira a trovare un equilibrio piacevole tra numerose fragranze, al fine di generare un odore che sia gradevole e adatto al target per cui il profumo viene creato. Infatti, in commercio troviamo profumi “da uomo” e profumi “da donna”, che possono a loro volta differenziarsi in base allo scopo per cui dovrebbero essere usati.
Talvolta, un odore gradevole può generare sensazioni negative se è troppo intenso. La percezione degli odori infatti è soggettiva, dipende dalla sensibilità dei recettori specifici di ciascuno e dal livello di saturazione. Infatti, la mattina i recettori della mucosa olfattiva sono più sensibili e percepiscono tutti gli stimoli olfattivi in maniera molto intensa. Nell’arco della giornata, man mano che percepiamo odori di varia natura, i nostri recettori si desensibilizzano e la percezione cambia. Per questo motivo, un odore che la mattina, appena svegli, ci sembra troppo intenso, magari con il passare delle ore può apparire invece più delicato e piacevole.
I recettori dell’epitelio olfattivo sono collegati, ovviamente, a dei neuroni che permettono la trasmissione dell’impulso olfattivo al cervello e la generazione delle percezioni associate a quell’odore. Ciascuna molecola odorante viene captata da un neurone specializzato, che si differenzia durante i primi anni della nostra vita ed è in grado di inviare al cervello un segnale specifico per quel tipo di stimolo olfattivo. Ovviamente la sensibilità di ciascun neurone olfattivo determina quale «sfumatura» sentiremo in un odore più complesso, che è in realtà frutto della combinazione di tanti odori.
Alcuni animali hanno un olfatto molto più sviluppato di quello umano: i cani hanno una capacità centomila volte superiore di identificare e discriminare odori, avendo 220 milioni di recettori olfattivi, contro i 5/10 milioni presenti nel naso umano. Per questo motivo i loro recettori sono in grado di captare concentrazioni bassissime di mezzo milione di odori diversi, cosa impossibile per una persona.
Oltre alla sensibilità recettoriale e neuronale, c’è un altro importante criterio che stabilisce se un odore ci piace o meno: la memoria. L’olfatto è l’unico dei nostri sensi che funziona sulla base della memoria: un odore può essere riconosciuto soltanto se è già stato percepito in passato e se lo abbiamo classificato come associazione di un nome e di una sensazione generata dalla sua percezione. L’associazione di un particolare odore a un evento piacevole accentuerà la nostra percezione positiva, mentre se un odore ci ricorda una brutta esperienza o qualcosa di negativo, è molto più probabile che quell’odore ci provochi disgusto.
Ovviamente esistono anche odori che sono sgradevoli più o meno a tutti e questi sono spesso associati a qualcosa da cui dobbiamo stare lontani. L’evoluzione ha fatto sì che gli animali imparassero a identificare odori particolarmente sgradevoli, come quello dei cibi andati a male o della carne in putrefazione, come qualcosa dal quale stare lontani perché rappresenta un pericolo. In natura, infatti, gli animali non hanno modo di sapere se un cibo è pericoloso o meno se non attraverso l’odore che emana.
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Il sistema olfattivo umano: i vari tipi recettori olfattivi (6) presenti nell’epitelio nasale (4) attraversano l’osso della cavità nasale (3) e giungono nel bulbo olfattivo (1) dove si connettono per mezzo dei glomeruli (2) ai neuroni (2) che trasmettono l’impulso olfattivo al cervello (immagine: Wikipedia)