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Che cos'è l'inflazione?

Vediamo di cosa si tratta e perché ci riguarda, cercando di capire se è vero, oppure no, che le sue variazioni sono sempre una brutta notizia

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«L’inflazione sale più delle attese», «Partono le indagini sui rincari causati dall’inflazione», «Lo Stato rischia la deflazione». Titoli come questi popolano ogni anno i quotidiani italiani e di tutto il mondo, quindi è indispensabile sapere che cos’è l’inflazione e come incide sulla nostra vita quotidiana.

Che cos’è l’inflazione?

L'inflazione indica di quanto crescono i prezzi di beni e servizi in un certo intervallo di tempo. Si parla di inflazione quando si registra una variazione positiva dei prezzi dei beni e dei servizi. Viceversa, si parla di deflazione quando si registra una variazione negativa.

Come si misura l’inflazione?

Per misurare l’inflazione gran parte dei Paesi fa riferimento a un indice dei prezzi al consumo (cosiddetto IPC), costruito sulla base dell’insieme dei beni e dei servizi più comunemente consumati dalle famiglie. Questo insieme, chiamato paniere dei prezzi al consumo, include:

  • generi di uso quotidiano (per esempio beni alimentari, oppure giornali);
  • beni durevoli (per esempio computer ed elettrodomestici);
  • servizi (per esempio ristoranti, trasporti, servizi culturali, come il cinema o le pay-tv).

L’indice viene rilevato ogni mese e il tasso di inflazione è definito come la variazione dell’indice di ciascun mese rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.

In Italia, l’Istat (Istituto Nazionale di Statistica) ha il compito di calcolare l’IPC, tenendo conto anche dei cambiamenti delle abitudini di spesa delle famiglie nel tempo e del peso di ciascun bene e servizio all’interno del paniere. Nel corso degli anni sono entrati nel paniere prodotti alimentari esotici o nuovi elettrodomestici; dall’inizio della pandemia sono entrate le mascherine, mentre sono usciti beni ormai poco acquistati come i registratori DVD o i navigatori satellitari.

Nell’area euro per calcolare l’inflazione si usa l’indice dei prezzi al consumo armonizzato (IPCA) elaborato da EUROSTAT. Il termine armonizzato indica che l’indice dei prezzi viene calcolato con criteri omogenei per tutti i Paesi che fanno parte dell’Unione Europea (e quindi anche per quelli che appartengono all’area dell’euro): si continua a tenere conto delle diverse abitudini di spesa dei consumatori, ma si usano regole comuni per stabilire i pesi dei beni e servizi che compongono il paniere; l’indice aggregato per l’area dell’euro considera inoltre il diverso peso che i Paesi hanno nell’area.

Che cos’è l’inflazione di fondo?

I prezzi di alcuni beni nel paniere – di solito i prodotti alimentari ed energetici – subiscono oscillazioni più ampie e frequenti rispetto ad altri. L’offerta di questi prodotti infatti è condizionata anche da fattori di natura globale, come il clima e gli sviluppi geopolitici, che determinano frequenti aggiustamenti di prezzo sui mercati all’ingrosso. Quando si vuole studiare l’andamento dell’inflazione nel corso del tempo, viene spesso utilizzato il concetto di inflazione di fondo, che esclude dal paniere i beni i cui prezzi hanno una maggiore volatilità.

Da cosa dipende l’inflazione?

I fattori che condizionano l’inflazione si possono raggruppare così:

  • fattori di domanda;
  • fattori di offerta (o di costo).

L’inflazione dovuta a fattori di domanda si verifica quando i consumi aumentano più velocemente dell’offerta di beni (si parla anche di surriscaldamento dell’economia).

L’inflazione dovuta a fattori di offerta deriva da un aumento del costo dei fattori produttivi, o dei beni intermedi, a sua volta dovuto a carenze nell’offerta di questi fattori e beni. L’aumento del prezzo dei beni energetici, dovuto per esempio alla diminuzione delle forniture, rientra in questo tipo di inflazione.  

L’inflazione è un bene o un male?

Mantenere un tasso di inflazione positivo ma contenuto, stabile e prevedibile significa preservare il potere di acquisto della moneta, cioè la quantità di beni e servizi che è possibile acquistare con una determinata quantità di moneta. La stabilità dei prezzi permette a famiglie e imprese di pianificare le proprie spese e i propri investimenti e quindi di prendere decisioni economiche in modo più efficiente. Questo aiuta la crescita economica, la creazione di posti di lavoro e la prosperità generale.

Al contrario livelli di inflazione molto elevati, soprattutto se si protraggono nel tempo, possono avere effetti negativi sull’economia: in tali condizioni è più difficile per i cittadini prevedere il futuro andamento dei prezzi e diventa più difficile scegliere quanto e cosa consumare, quanto e cosa produrre, quanto risparmiare o investire.

Nel corso della storia abbiamo assistito sia a fasi di elevata inflazione sia di persistente deflazione. Soffermiamoci sull’inflazione. Oltre a produrre effetti negativi in termini di crescente incertezza per le scelte di consumo e investimento, un forte aumento dei prezzi ha ripercussioni sulla distribuzione del reddito e della ricchezza.

Innanzitutto, fenomeni connessi ai cicli produttivi o eventi geopolitici che spingono al rialzo i prezzi (i cosiddetti shock inflazionistici) possono avere impatti non omogenei tra famiglie. Per esempio, in periodi prolungati di alta inflazione i percettori di redditi fissi (come stipendi e pensioni) possono subire una perdita di potere d’acquisto più pronunciata se i loro redditi non si adeguano o si adeguano lentamente al crescente livello dei prezzi; inoltre, uno shock inflazionistico concentrato sui beni energetici e alimentari risulta più oneroso per le famiglie con reddito più basso, perché queste sono le famiglie che, in proporzione al loro reddito, spendono di più per cibo ed energia.

In fasi di elevata inflazione ci possono essere impatti distributivi anche sulla ricchezza: per esempio, coloro che hanno contratto un debito a tassi fissi ne risultano avvantaggiati perché il tasso di interesse reale del loro debito (cioè la differenza tra tasso di interesse nominale e tasso d’inflazione) diminuisce; coloro invece che hanno preso in prestito delle somme a tassi variabili potrebbero non essere in grado di ripagare i propri debiti se i tassi di interesse nominali si adeguano più rapidamente all’inflazione rispetto ai redditi. Viceversa, i creditori ne risultano danneggiati nel primo caso e salvaguardati nel secondo. 

Chi tiene sotto controllo l’inflazione?

Uno dei compiti principali delle banche centrali è mantenere la stabilità del valore della moneta e quindi dei prezzi, favorendo in tal modo anche la crescita e l’occupazione. Per l’area euro, la Banca centrale europea (BCE) ha fissato l’obiettivo d’inflazione al 2% nel medio termine (2-3 anni). Per raggiungere questo obiettivo la BCE deve influenzare le decisioni di famiglie e imprese in termini di consumi, risparmi e investimenti.

Il principale strumento di politica monetaria con cui la BCE influenza queste scelte è costituito dai tassi di interesse, ossia dal costo al quale concede prestiti di diversa durata alle banche commerciali dell’eurozona. I tassi di interesse che le banche applicano a cittadini e imprese di solito rispecchiano l’andamento di quelli fissati dalla BCE, ma sono influenzati anche da altri fattori.

Se l’inflazione eccede il 2% per un periodo prolungato di tempo, la BCE aumenta i tassi di interesse a cui le banche possono prendere a prestito presso di lei. Le banche a loro volta aumentano i tassi di interesse a cui concedono prestiti a famiglie e imprese. L’aumento dei tassi di interesse riduce la domanda di prestiti da parte di famiglie e imprese, che riducono quindi consumi e investimenti, rallentando il surriscaldamento dell’economia e determinando così una diminuzione dell’inflazione.

Se l’inflazione rimane al di sotto del 2% per un tempo prolungato, la Banca Centrale agisce in maniera opposta, abbassando i tassi di interesse a cui le banche commerciali possono rifinanziarsi presso di essa. Se la bassa inflazione persiste anche quando i tassi di interesse sono portati vicino allo zero, la Banca Centrale può utilizzare strumenti aggiuntivi, come l’acquisto di ingenti quantità di titoli del debito pubblico già emessi e posseduti da famiglie e imprese o fornendo informazione sull’orientamento futuro della politica monetaria. Questi strumenti consentono di abbassare ulteriormente il costo dei finanziamenti a famiglie e imprese e stimolano la domanda di beni e servizi.

Parliamone in classe: come cambia la domanda di un bene rispetto al prezzo?
Come si fa a misurare quanto un consumatore è disposto a rinunciare a un bene? Mettiamoci nei panni di due famiglie con redditi molto diversi e vediamo quanto sono disposti a spendere per comprare la benzina per le loro auto. Usiamo le percentuali e le derivate per calcolare di quanto cambia la loro domanda di questo bene a seconda del prezzo.
Scarica l’attività di matematica da svolgere in classe:
L’articolo è a cura di Daniela Marconi e Marco Panfili che in Banca d’Italia si occupano di educazione finanziaria nelle scuole e per i più giovani.
Si ringraziano Sara Lamboglia e Ginevra Buratti, che in Banca d’Italia si occupano di analisi statistiche su temi di educazione finanziaria, per aver curato con Daniela Marconi l’attività Parliamone in classe.
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La BCE ha una pagina dedicata sul sito dell’Unione Europea.

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L’infografica riassume i dati sul paniere del 2022 (immagine: ISTAT)