Secondo la leggenda, Cartesio ebbe l’idea delle coordinate chiamate appunto cartesiane durante una notte insonne: vide una mosca sul soffitto e pensò a come localizzare la sua posizione per mezzo di due numeri. Ponendo l’origine del riferimento in un angolo del soffitto, la mosca si trovava nel punto di coordinate x e y.
Coordinate polari e coordinate sferiche
Cartesio però avrebbe potuto pensare a un altro sistema di coordinate: invece delle distanze dagli assi cartesiani, poteva per esempio considerare come coordinate la distanza dall’origine (r) e l’angolo con uno dei due assi (α): sono le coordinate chiamate polari.
Le coordinate polari ci sono meno familiari ma da un certo punto di vista sono più intuitive: per trovare la mosca partendo dall’origine, invece di percorrere un segmento lungo uno spigolo del soffitto, poi girare di 90 gradi e proseguire lungo un segmento parallelo all’altro spigolo, si fa prima a definire la direzione da seguire (cioè l’angolo α) e la distanza.
In alcuni casi le coordinate polari sono molto pratiche in matematica. Consideriamo per esempio la circonferenza di raggio 1 con centro nell’origine: in coordinate cartesiane ha equazione x2 + y2 = 1, mentre in coordinate polari diventa semplicemente r = 1. Infatti la circonferenza è il luogo dei punti equidistanti dal centro, ognuno dei quali è individuato univocamente da un valore di α (fra 0° e 360°).
Se si passa a tre dimensioni, l’analogo delle coordinate polari sono le coordinate chiamate sferiche: la distanza dall’origine r e due coordinate angolari, θ (fra 0° e 180°) e φ (fra 0° e 360°).
Come le coordinate polari sono particolarmente indicate per descrivere una circonferenza, quelle sferiche lo sono per una sfera (da qui il loro nome): in tre dimensioni l’equazione r = 1 individua la superficie della sfera di raggio 1 (e più in generale r = k è la sfera di raggio k), mentre i due angoli θ e φ ne identificano i singoli punti.
Se la sfera in questione è la superficie terrestre, si nota (trascurando il lieve schiacciamento ai poli) che θ e φ assomigliano molto alle ben note coordinate geografiche: latitudine e longitudine sono infatti indicate con i gradi proprio perché non sono altro che angoli. Una piccola differenza è che, mentre nelle coordinate sferiche l’angolo θ si misura in genere a partire dalla verticale, la latitudine parte dal piano equatoriale.
Inoltre, per comodità, si è stabilito convenzionalmente che la latitudine varia fra 90° sud e 90° nord, e analogamente la longitudine varia fra 180° ovest e 180° est.
Se la porzione di territorio che si esamina è piccola (come per esempio nelle guide turistiche delle città), allora la Terra si può considerare con buona approssimazione piatta e si rappresenta in modo pratico con un reticolo di coordinate cartesiane. In generale, però, le coordinate più corrette sono quelle geografiche, cioè sferiche, che sono le uniche sensate se si guarda alla Terra nel suo insieme o a una sua parte molto ampia.
Le geometrie non euclidee
Un vecchio indovinello parla di un cacciatore sulle tracce di un orso. Inseguendolo, percorre un chilometro verso sud, poi un chilometro verso ovest, poi un chilometro verso nord. Si ritrova al punto di partenza e vede l’orso: gli spara e lo uccide. Di che colore era l’orso? Risposta: bianco.
Infatti in generale il percorso del cacciatore è una specie di U, e non torna al punto di partenza.
Al Polo Nord invece sì: il percorso del cacciatore descrive un triangolo (o più precisamente un triangolo sferico) che si chiude al punto di partenza. E al Polo Nord gli orsi sono bianchi.
Il quiz del colore dell’orso dà un’idea di quello che succede su una superficie sferica (o approssimativamente sferica come quella terrestre). Dall’immagine si vede che il triangolo sferico con la base lungo l’Equatore ha due angoli retti alla base più un angolo al vertice: la somma dei tre angoli è maggiore di un angolo piatto. Questo contraddice la geometria euclidea che si studia a scuola! Il fatto è appunto che la geometria sferica non è una geometria euclidea.
Le geometrie non euclidee sono state sviluppate nell’Ottocento da tre matematici geniali: uno era il tedesco Carl Friedrich Gauss, considerato da molti il più grande matematico della storia (tanto da essere soprannominato “Princeps mathematicorum”, cioè principe dei matematici); gli altri due erano l’ungherese János Bolyai e il russo Nikolaj Ivanovič Lobačevskij, meno noti ma geniali anche loro, se non altro per aver avuto l’apertura mentale di considerare plausibili concetti che fino ad allora erano stati considerati assurdi (anche dall’italiano Giovanni Girolamo Saccheri, che si era imbattuto nelle geometrie non euclidee già nel Settecento, senza però accettarle come “valide”).
Certo, se si pensa alla geometria sul piano è inconcepibile che un triangolo possa avere due angoli retti. Però basta pensare alla geometria sferica per rendersi conto che è del tutto normale. Dato che la parola geometria, etimologicamente, vuol dire “misura della Terra”, si può affermare che a rigor di termini la vera geometria non è quella euclidea, cioè piana, ma quella sferica.
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Le rette sulla sfera terrestre
Le sorprese non sono finite. Il quiz dell’orso fa intuire anche un’altra proprietà della geometria sferica. Quando il cacciatore avanza verso sud sta seguendo un meridiano, e lo stesso quando torna al polo procedendo verso nord, mentre quando cammina verso ovest sta seguendo un parallelo.
Ora, su una sfera non esistono linee rette. Si possono però trovare i loro corrispettivi. Sul piano, un segmento rettilineo è caratterizzato dalla proprietà di essere la linea più breve per congiungere i due estremi. E una retta è un segmento esteso all’infinito. Su una sfera, le linee corrispondenti alle rette sono i cosiddetti cerchi massimi: sono le circonferenze di lunghezza massima, cioè quelle che dividono la sfera in due parti uguali.
A differenza delle rette sul piano, i cerchi massimi hanno una lunghezza finita, ma questo è un aspetto secondario. La cosa più importante è che condividono la proprietà principale delle rette: un arco di una di queste circonferenze è il percorso più breve che unisce due punti.
Sulla Terra – considerandola una sfera perfetta, trascurando cioè come al solito lo schiacciamento polare – i cerchi massimi, come ad esempio per esempio l’Equatore e i meridiani, sono lunghi circa 40.000 chilometri. I paralleli invece (a parte l’Equatore) non sono cerchi massimi, e infatti un parallelo non è il percorso più breve fra due punti. Lo si può vedere da questa immagine: per andare dal punto A (in Siberia) al punto B (in Canada), situato alla stessa latitudine, la strada più breve è passare per il Polo Nord (linea verde) invece di seguire il parallelo (linea rossa).
Lo sanno bene i piloti degli aerei: le rotte non seguono i paralleli, bensì – con una certa approssimazione dovuta ai regimi irregolari dei venti – i cerchi massimi. Per esempio, anche se può sembrare paradossale, quando si vola da Roma a Boston (che si trova più o meno alla stessa latitudine) si supera a un certo punto la latitudine di Bruxelles: è il tragitto più breve, ma dalla cartina non si direbbe. Il problema non è la rotta, ma è la cartina, che essendo piana, non rappresenta la curvatura terrestre.
Detto in altro modo, forse ancora più contrario al senso comune: se si cammina in direzione nord o sud si sta seguendo un meridiano e quindi una “retta”, ma se si cammina in direzione ovest o est si sta seguendo un parallelo e quindi il tragitto non è rettilineo!
Questo vale anche per il nostro cacciatore di orsi: a essere pignoli, quando procede verso ovest non sta andando in linea retta, quindi il percorso complessivo che descrive non è un vero e proprio triangolo. Se volesse seguire il percorso più breve, dovrebbe “tagliare” lungo il cerchio massimo.
È invece un vero triangolo sferico quello visto in precedenza, con la base lungo l’Equatore, perché ognuno dei suoi lati è un arco di cerchio massimo.
Il quinto postulato
La geometria euclidea prende il nome da Euclide, il grande matematico ellenistico che, fra il IV e il III secolo avanti Cristo, raccolse tutte le conoscenze della matematica greca e – cosa più importante – le organizzò in un sistema coerente e organico: partendo da alcuni assiomi (o postulati) ritenuti evidenti, ricavava tutti i teoremi con passaggi logici.
Fra i postulati, il quinto è quello che ha sempre dato più da pensare ai matematici; un suo enunciato in termini moderni è questo:
Data una retta r e un punto P esterno a essa, esiste una e una sola retta parallela a r e passante per P.
Il concetto appare ragionevole ma, a differenza degli altri postulati, la formulazione suonava piuttosto macchinosa e questo ha fatto supporre a molti matematici che in realtà il quinto postulato potesse essere ricavato dagli altri quattro, cioè che potesse essere un teorema e non un postulato.
Uno di questi tentativi è stato appunto quello di Saccheri, che cercò di dimostrarlo per assurdo: partendo dall’ipotesi che il postulato fosse falso, cercava di arrivare a una contraddizione. L’unica contraddizione che trovò, in effetti, fu quella con il senso comune. Dal punto di vista logico, invece, le ipotesi “non euclidee” reggevano benissimo, ma Saccheri non volle accettarle (per questo è considerato il padre inconsapevole delle geometrie non euclidee).
In definitiva tutto dipende dalla superficie di riferimento. Su una superficie piana, chiunque troverebbe intuitivo il quinto postulato, proprio come Saccheri. Ma su una sfera (e quindi sulla Terra) le cose stanno diversamente. Consideriamo per semplicità come retta (cioè cerchio massimo) l’Equatore, e come punto esterno il Polo Nord: i cerchi massimi passanti per il Polo Nord sono i meridiani, e ogni meridiano interseca l’Equatore.
Questo vuol dire che, data una retta e un punto esterno a essa, non esistono rette parallele a quella data e passanti per quel punto: è la versione alternativa del quinto postulato nella geometria sferica. E guardando una sfera non ci sorprende. Il fatto è che per secoli e fino all’Ottocento i matematici, pur sapendo benissimo che la Terra non è piatta, si ostinavano a pensare che la “vera” geometria fosse quella piana.
La mosca di Cartesio nelle coordinate cartesiane
L’Equatore interseca tutti i meridiani (immagine: Wikipedia (DjexploDe la traducción: Ortisa, CC BY-SA 4.0)
Il tragitto del cacciatore lungo il parallelo (in verde) e quello lungo il cerchio massimo (in rosso). Nell’immagine, per comodità, la differenza fra i due percorsi è stata esagerata: nella realtà, su una distanza di appena un chilometro, sono praticamente indistinguibili anche se tecnicamente distinti.
La rotta Roma-Boston (in verde) e il parallelo (in rosso).
Il tragitto più breve fra due punti alla stessa latitudine non segue il parallelo.
Una circonferenza massima (in rosso) e una circonferenza non massima (in blu) (immagine: Wikipedia – Author DemonDeLuxe (Dominique Toussaint); Permission (Reusing this file): GFDL)
Latitudine e longitudine (immagine: Wikipedia DjexploDe la traducción: Ortisa, CC BY-SA 4.0)
Un triangolo sferico. Per maggiore chiarezza, nell’immagine il triangolo arriva all’Equatore anziché avere i lati lunghi 1 chilometro.
Le coordinate geografiche (immagine: Wikipedia By Peter Mercator - Own workThis file was derived from: Sphere wireframe 10deg 10r.svg)
La mosca di Cartesio nelle coordinate polari
Le coordinate sferiche (immagine: Wikipedia By Andeggs - Own work, Public Domain)
Le coordinate sferiche su una sfera (immagine: Wikipedia Par Inductiveload — Derivative work from File:Spherical Coordinates (Colatitude, Longitude).svg)