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Matematica

La matematica del gioco d’azzardo

Il calcolo della probabilità potrà forse raffreddare l’ebbrezza di giocatrici e giocatori, ma non lascia dubbi: più si gioca, più si è sicuri di perdere

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Las Vegas, aprile 1986. L’Associazione americana dei fisici organizza il suo convegno annuale all’MGM Grand Hotel. Al termine i dirigenti dell’albergo non sono soddisfatti e addirittura, secondo alcune voci, avrebbero chiesto ai fisici di non tenere mai più convegni da loro.

Il motivo è presto spiegato: gli alberghi di Las Vegas applicano tariffe molto convenienti perché gli ospiti spendono i loro soldi al casinò dell’albergo stesso. Solo che in questo caso non è successo: praticamente nessuno è andato a giocare.

I testimoni raccontano che i fisici erano molto più interessati a discutere fra loro dei rispettivi studi che a giocare ai casinò. Da un lato, questo comportamento anomalo è stato attribuito all’indole “nerd” della maggioranza dei fisici; dall’altro, c’era un motivo più sostanziale: i fisici hanno studiato nel corso della loro vita un bel po’ di matematica, e la matematica insegna che, statisticamente, il gioco d’azzardo è inevitabilmente un gioco a perdere.

Nasce il calcolo delle probabilità

Lo strumento matematico per studiare il gioco d’azzardo è il calcolo delle probabilità: una branca che oggi è fondamentale in numerosi ambiti scientifici, ma che curiosamente è nata proprio dal gioco d’azzardo. Era il 29 luglio 1654: il grande matematico francese Blaise Pascal scrisse al suo altrettanto eccelso collega Pierre de Fermat esponendogli la sua soluzione a un quesito legato al gioco dei dadi.

Un problema di gioco che aveva suscitato discussioni da più di un secolo aveva finalmente trovato la sua soluzione grazie a un’impostazione rigorosa: quel giorno è rimasto nella storia come la data di nascita del calcolo delle probabilità.

Il cellulare del Presidente Mattarella

A qualcuno verrebbe in mente di digitare un numero di cellulare a caso sperando di parlare con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella? E qualcuno ha paura di rimanere ucciso a causa di un distributore automatico? In effetti sono eventi estremamente improbabili, ma comunque più probabili che fare 6 al Superenalotto.

Le probabilità di vincere al Superenalotto

Punti

Probabilità di vincere

2

1 su 22

3

1 su 327

4

1 su 11.907

5

1 su 1.250.230

5 + 1

1 su 103.769.105

6

1 su 622.614.630

Giocando al Lotto, la probabilità di indovinare una cinquina è indubbiamente maggiore rispetto al miraggio del 6 al Superenalotto, ma è comunque più probabile morire per un’inondazione improvvisa (!) durante una visita al Grand Canyon.

Le probabilità di vincere al Lotto

Combinazione

Probabilità di vincere

Estratto (con un solo numero giocato)

1 su 18

Ambo (con due numeri giocati)       

400,5

Terno (con tre numeri giocati)        

11.748

Quaterna (con quattro numeri giocati)            

511.038

Cinquina (con cinque numeri giocati)            

43.949.268

Alla Lotteria Italia i biglietti emessi sono 11 milioni, quindi la probabilità di vincere il premio massimo è di 1 su 11 milioni: molto più favorevole rispetto a un 5 + 1 al Superenalotto, ma comunque minore – per restare alle statistiche bizzarre stilate negli Stati Uniti – della probabilità di essere assassinati durante una visita al Grand Canyon (non che sia un posto particolarmente pericoloso: i rischi sono comunque molto remoti). Se si considerano tutti i premi della lotteria, compresi quelli giornalieri, la probabilità di vincere qualcosa è più concreta: circa 1 su 25.000 (la cifra esatta varia leggermente di anno in anno) – ma è più probabile essere colpiti da un fulmine.

Certo, è tutto trasparente, ci mancherebbe: tutte le probabilità di vincita dei vari giochi sono riportate sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e devono essere indicate in modo visibile anche nelle pubblicità dei giochi. Solo che mettersi a leggerle rovina il divertimento (così come leggere le avvertenze sui pacchetti di sigarette guasta un po’ il piacere dei fumatori).

Ma il problema non è solo e non è tanto l’improbabilità di vincere. È soprattutto che, nel caso in cui si vince, non si vince quello che sarebbe matematicamente giusto: i giochi d’azzardo non sono mai giochi equi.

Più si gioca, più si è sicuri di perdere

Partiamo per comodità da un classico gioco da casinò, utile per introdurre e spiegare i concetti: la roulette. Se un giocatore punta un euro sul pari e vince, riceve un euro oltre a quello puntato: se per ipotesi volesse puntare sia sul pari, sia sul dispari, da una parte perderebbe la puntata e dall’altra la vincerebbe, andando in pari. Questo è quello che si chiama gioco equo. Allo stesso modo, se punta un euro sul 27 e vince, riceve, oltre all’euro puntato, altri 35 euro: se per assurdo puntasse su tutti i numeri da 1 a 36 andrebbe di nuovo in pari.

La roulette è dunque un gioco equo? Non proprio. Oltre ai numeri da 1 a 36 (metà rossi e metà neri) c’è infatti lo zero (verde), e quando esce lo zero il banco incassa per regolamento tutte le puntate (perché ai fini delle vincite lo zero non è considerato né pari né dispari). Se il gioco fosse equo, il compenso per le puntate dovrebbe calcolare anche lo zero: per esempio, chi vince puntando un euro sul 27 dovrebbe ottenere 36 euro e non 35, e chi punta un euro sul pari dovrebbe ottenere un po’ più dell’euro puntato.

Questo vuol dire che alla lunga il banco vince sempre: statisticamente lo zero esce ogni 37 giocate, cioè circa il 2,7% delle volte (non poco, considerando quante giocate si fanno al giorno). Se dal punto di vista del banco alla lunga la vincita è assicurata, dal punto di vista di un giocatore è assicurata la perdita.

Come si vede dalla tabella, più si gioca e più si è sicuri di perdere.

Probabilità che ha un giocatore di essere in attivo alla roulette dopo un certo numero di giocate

Numero di giocate

Probabilità di essere in attivo

Probabilità di essere in passivo

100

43%

57%

1000

21%

79%

10.000

0,3%

99,7%

100.000

0,000000000000001%

99,999999999999999%

Qui un video sul calcolo delle probabilità nella roulette.

In America, poi, spesso la roulette ha addirittura due zeri: così il gioco diventa ancora più sfavorevole per i giocatori e più favorevole per il banco, che incassa tutto 2 volte ogni 38 giocate, cioè una volta su 19. L’aggiunta di un secondo zero sembra una cosa da poco ma in pratica raddoppia quasi la probabilità che tutti i giocatori perdano: da una su 37 a una su 19 (il 5,26%).

Una roulette con cento zeri

I giochi come la lotteria e il Superenalotto sono ancora meno equi. Se alla roulette chi punta su tutti i 36 numeri perde solo quando esce lo zero, alla lotteria Italia, se qualcuno per assurdo comprasse tutti i biglietti, vincerebbe sì tutti i premi, ma complessivamente perderebbe molti, molti soldi: mentre il costo complessivo di tutti i biglietti è di 55 milioni di euro (11 milioni di biglietti per 5 euro a biglietto), il montepremi, cioè la somma di tutti i premi, si aggira negli ultimi anni intorno ai 16 milioni di euro. Una sorte analoga toccherebbe a chi comprasse tutti i gratta e vinci di una certa edizione: anche in questo caso il gioco non è equo, per cui sui grandi numeri si perde sempre.

Concettualmente è come se alla roulette pagassero solo dieci volte la puntata (anziché 35) a chi ha indovinato il numero, o solo 30 centesimi a chi ha indovinato il pari o dispari puntando un euro. O ancora, è come se pagassero 35 volte la puntata a chi indovina il numero ma giocando con una roulette con cento zeri verdi accanto ai 18 numeri neri e 18 rossi.

Anche al Lotto e al Superenalotto chi vince incassa molto meno di quanto sarebbe equo. Per esempio, dato che la probabilità di indovinare un ambo al lotto è circa una su 400, chi puntasse ogni volta un euro su un ambo vincerebbe statisticamente una volta ogni 400: in un gioco equo la vincita dovrebbe essere di 400 volte la puntata, ma nella realtà la somma che si intasca è di soli 250 euro. A lungo andare, in altri termini, ogni 400 giocate da un euro si perdono 150 euro. Da un altro punto di vista, sui grandi numeri, ogni 400 giocatori che puntano un euro su un ambo il gestore raccoglie 400 euro e ricompensa uno solo di loro con 250 euro.

E più alta è la vincita, più ci si allontana dal gioco equo: chi indovina un terno puntando 1 euro vince 4500 euro anziché quasi 12.000 (poco più di un terzo della vincita equa), e con una cinquina si vincono 6 milioni anziché quasi 44 milioni (meno di un settimo). Ancora più evidente è la sproporzione se si va sulle grosse cifre: chi indovina un 5 + 1 al Supernalotto vince 620.000 euro anziché oltre 100 milioni, cioè meno di un centocinquantesimo di quanto sarebbe equo.

Un ragionamento analogo regola il funzionamento delle slot machine (e del video poker, una variante molto di moda poco tempo fa), sia nella versione tradizionale, sia in quella, sempre più diffusa, online. Le vincite erogate ai giocatori in base alle combinazioni ottenute dipendono dai singoli modelli, ma devono rispettare i valori minimi stabiliti per legge nei vari Stati. In Italia, nelle slot machine certificate, la percentuale delle somme giocate destinata alle vincite non deve essere inferiore al 65%, e le macchine in commercio hanno valori compresi fra il 65% e il 75%. Questo vuol dire che, statisticamente, chi entra in una sala slot con 100 euro da giocare, quando esce ne ha nel portafoglio fra 65 e 75. In altre parole, statisticamente, ogni 100 euro giocati se ne perdono fra i 25 e i 35, ogni 1000 euro giocati se ne perdono fra i 250 e i 350, e così via...

Scommettiamo?

Negli esilaranti romanzi umoristici dello scrittore inglese P.G. Wodehouse compare spesso la figura dell’allibratore: il losco figuro che gestisce le scommesse sui cavalli – e che vince sempre, ai danni del protagonista (dipinto spesso come un tipo ingenuo e velleitario).

Il grande autore conosceva quello di cui parlava. Immaginiamo una corsa con 8 cavalli, e per semplicità limitiamoci alle scommesse sul primo arrivato. Le probabilità di vittoria di ogni cavallo sono calcolate in base alle loro caratteristiche e alle corse precedenti. Nella tabella, la seconda colonna mostra un possibile prospetto di pronostici. La somma delle probabilità degli 8 cavalli è naturalmente 100: uno (e solo uno) di loro vincerà la corsa.

Nome del cavallo

Probabilità di vittoria

Quota equa

Quota reale

Black Hole

22,19%

4,50

3,96

White Snow

8,12%

12,31

10,12

Red Pepper

15,38%

6,50

5,75

Blue Moon

20,00%

5,00

4,21

Brown Charlie

1,38%

72,46

65,45

Yellow Submarine

9,45%

10,58

9,88

Green Pass

14,12%

7,08

6,54

Grey Skull

9,36%

10,68

8,66

Maggiori sono le probabilità di un cavallo di arrivare primo, minore sarà la sua quota (il numero che indica quante volte la puntata incassa in caso di vittoria chi aveva puntato su di lui).

In un gioco equo (terza colonna), la quota è inversamente proporzionale alle probabilità: se per esempio vince Blue Moon, che aveva una possibilità su 5 (il 20%), chi ha scommesso su di lui incasserà 5 volte la somma puntata. Se invece vince Black Hole (il favorito), chi ha puntato su di lui incasserà solo 4,5 volte la puntata (perché 4,5 ≈ 100/22,19), mentre se a sorpresa vince il più brocco, cioè Brown Charlie, chi ha scommesso su di lui incasserà ben 72,46 volte la puntata.

Nella realtà, invece, il gioco non è mai equo: la quarta colonna della tabella mostra una configurazione verosimile delle quote offerte da un allibratore. Se vince Blue Moon, chi ha puntato un euro su di lui incasserà 8,20 euro anziché i 10 “equi”, e chi ha indovinato la vittoria a sorpresa di Brown Charlie non incasserà 72,46 volte la puntata, ma solo 65,45: la differenza è il margine dell’allibratore (lo stesso meccanismo vale per le scommesse sui cavalli piazzati, per le combinazioni e in generale per qualunque agenzia o sito web di scommesse legali su qualunque argomento).

Come le slot machine, anche le scommesse sono regolate per legge: in Italia la percentuale di ritorno teorico dell’importo scommesso deve essere compresa tra l’80% e il 90% per le scommesse singole (nel caso immaginato nella tabella la percentuale è dell’87,13%) e fra il 60% e il 90% per le scommesse plurime. Questo vuol dire che, statisticamente, l’allibratore trattiene fra il 10% e il 40% delle somme giocate, a seconda dei casi. La morale è sempre quella: come il banco alla roulette o lo Stato alla lotteria, alla lunga l’allibratore – o la società che gestisce le scommesse – vince sempre, e gli scommettitori perdono sempre.

Gioco d’azzardo e ludopatia

Basta saperlo, se si gioca per divertirsi, e non c’è nulla di male (tanto più che, nel caso dei giochi di Stato, la quota ricavata dalla vendita dei biglietti della lotteria e dei gratta e vinci è destinata alle finanze pubbliche o anche a opere di beneficenza). Ma se si entra nel circolo vizioso della dipendenza dal gioco d’azzardo – qualunque esso sia – allora le conseguenze non solo economiche ma anche psicologiche possono essere molto pesanti: per questo le sale giochi devono esporre cartelli che avvertono dei rischi e invitano a fare una pausa ogni mezz’ora di gioco.

Nei casi gravi – sempre più numerosi – si cade in una vera e propria patologia: oggi va sotto il nome tecnico di ludopatia, ma è ben nota da tempo. Eccelsi scrittori l’hanno descritta con grande profondità psicologica nei propri capolavori, come Il giocatore di Dostoevskij o Gioco all’alba di Arthur Schnitzler. Dove – inutile dirlo – il personaggio vittima della dipendenza fa quasi sempre una brutta fine, fino alla completa rovina economica (o addirittura al suicidio, nel caso di Schnitzler). Sono scenari oggi ancora più diffusi, e diventano di gran lunga più pericolosi quando si gioca o si scommette in agenzie non regolari ma clandestine, spesso controllate dalla malavita.

Qui un video sulla dipendenza dal gioco d’azzardo.

Chi gioca insomma deve sempre tenere ben presente che il modo migliore per non perdere è non giocare: quello che sapevano bene i fisici americani. A proposito: nel 2023 sono tornati a organizzare il loro convegno a Las Vegas (stavolta in un centro conferenze definito “casino-free”!). Certo, qualcuno di loro potrebbe aver colto l’occasione per andare a giocare in qualche albergo, ma anche stavolta non avranno dilapidato troppi dollari ai casinò: c’è da scommetterci (anzi no, meglio di no).

azzardo_poster

Dettaglio di una roulette (immagine: Wikipedia)