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Matematica

Tartaglia, Pascal e la vecchia storia del triangolo

Da sempre appassiona i matematici di tutto il mondo. Così oggi quella sequenza infinita di numeri ordinati in forma triangolare ha molti nomi

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La ricerca matematica è stata paragonata alla pesca delle perle: a volte per trovare qualcosa di valore bisogna immergersi molto in profondità; altre volte tesori preziosi affiorano appena al di sotto della superficie. Uno di questi tesori è il triangolo di Tartaglia: non c’è da stupirsi che sia stato indagato da numerosi matematici di diverse civiltà e culture, con o senza influenze reciproche.

Un triangolo infinito

A essere precisi, a dispetto del nome, non è un triangolo vero e proprio: è una specie di tabella composta da numeri interi disposti per praticità a forma approssimativamente triangolare. Nella prima riga compare un solo valore, cioè 1. Dalla seconda riga in poi, ogni numero è la somma dei due numeri che gli stanno sopra, uno a destra e uno a sinistra (per convenzione, dove non compaiono numeri, si considera che sono tutti pari a 0: ne segue che i numeri disposti lungo i lati obliqui del triangolo sono tutti 1, avendo sopra di sé un solo numero, sempre pari a 1).

In teoria il “vero” triangolo continua all’infinito, e quindi non ha il terzo lato, cioè la base. In pratica, com’è ovvio, ci si ferma sempre necessariamente a un certo punto, quindi la base del triangolo è composta dall’ultima riga considerata.

Da Fibonacci ai frattali

L’applicazione classica del triangolo di Tartaglia è la formula per calcolare le potenze del binomio (x + 1): è un caso particolare della formula del binomio di Newton (x + y)n in cui per semplicità si è posto y = 1.

Il polinomio che si ottiene sviluppando (x + 1)n infatti ha come coefficienti proprio i termini dell’n-esima riga del triangolo (denotando per comodità la prima riga come riga “numero 0”). Infatti (x + 1)0 = 1 (dato che qualunque valore diverso da 0, elevato alla potenza 0, dà 1), e 1 è l’unico elemento della riga numero 0 del triangolo. Proseguendo, si ha che (x + 1)1 = x +1: i coefficienti di x e del termine noto sono (1, 1), cioè i termini della riga “numero 1” del triangolo. Al passaggio successivo (x + 1)2 = x2 + 2x + 1: i coefficienti sono 1, 2 e 1. E ancora, (x + 1)3 = x3 + 3x2 + 3x + 1. E così via. Lo si vede meglio con questa tabella:

n

(x + 1)n

Coefficienti

0

1

1

1

x +1

1   1

2

x2 + 2x + 1

1   2   1

3

x3 + 3x2 + 3x + 1

1   3   3   1

4

x4 + 4x3 + 6x2 + 4x + 1

1   4   6   4   1

5

x5 + 5x4 + 10x3 + 10x2 + 5x + 1

1   5   10   10   5   1

...

...

...

Le proprietà matematiche del triangolo di Tartaglia sono numerosissime. Se per esempio si considera la somma degli elementi su ogni riga del triangolo, si ottengono le potenze di 2 (considerando anche in questo caso la prima riga come riga “numero 0”):

1 = 20

1 + 1 = 2 = 21

1 + 2 +1 = 4 = 22

1 + 3 + 3 + 1 = 8 = 23

1 + 4 +6 +4 +1 = 16 = 24

1 + 5 + 10 + 10 + 5 + 1 = 32 = 25

E così via.

A un livello leggermente più elaborato, se si moltiplicano gli elementi di ogni riga del triangolo per le potenze decrescenti di 10, sommandoli si ottengono le potenze di 11: lo si può vedere nei conti qui sotto (in cui, per maggiore chiarezza, gli addendi sono fra parentesi e i termini delle righe del triangolo sono evidenziati in grassetto):

(1·100) = 1 = 110

(1·101) + (1·100) = 10 + 1 = 11 = 111

(1·102)+ (2·101) + (1·100) = 100 + 20 + 1 = 121 = 112

(1·103)+ (3·102) + (3·101) + (1·100) = 1000 + 300 + 30 + 1 = 1331 = 113

(1·104)+ (4·103) + (6·102) + (4·101) + (1·100) = 10.000 + 4000 + 600 + 40 + 1 = 14.641 = 114

(1·105)+ (5·104) + (10·103) + (10·102) + (5·101) + (1·100) = 100.000 + 50.000 + 10.000 + 1000 + 50 + 1 = 161.051 = 115

E così via.

È interessante anche il legame del triangolo con la famosa successione di Fibonacci, quella in cui ogni numero è la somma dei due che lo precedono:

1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, …

Se nel triangolo di Tartaglia si disegnano le “diagonali” evidenziate in rosso nella figura, le somme dei numeri disposti lungo ogni diagonale danno nell’ordine proprio i numeri di Fibonacci (evidenziati dalla linea verticale blu).

E questi sono solo alcuni dei moltissimi esempi possibili. Un’altra delle applicazioni più singolari e affascinanti, anche esteticamente, riguarda poi i frattali: se nel triangolo di Tartaglia si colorano i numeri dispari in nero e i numeri pari in bianco, si trova il frattale di Sierpiński, studiato dal matematico polacco Wacław Sierpiński nel 1915.

Questo video (in inglese) mostra come si ottiene il frattale di Sierpiński a partire dal triangolo di Tartaglia (Pascal’s Triangle in inglese):

Una scoperta lunga duemila anni

Il triangolo di Tartaglia è emerso molte volte nella storia della matematica: era noto già ad alcune civiltà antiche, e in tempi moderni lo hanno studiato in modo più o meno approfondito, e con le applicazioni più svariate, molti matematici in diversi contesti storici e geografici (fra cui appunto Nicolò Tartaglia nel Cinquecento).

Il primo riferimento che ci è pervenuto risale addirittura al poeta e matematico indiano Pingala, vissuto fra il III e il II secolo avanti Cristo. Da allora, il triangolo di Tartaglia è entrato (anche se non in modo stabile) nel patrimonio delle conoscenze matematiche indiane. Un altro matematico indiano, Halayudha, vissuto nel X secolo circa, scrisse un commento alle opere di Pingala, in cui si occupò anche del triangolo di Tartaglia.

Più o meno nella stessa epoca ne era a conoscenza un matematico persiano, Al-Karaji (Abu Bakr ibn Muhammad ibn al Husayn al-Karaji; 953–1029), ma non è chiaro se per studi autonomi o in seguito a contatti con l’India. La diffusione del triangolo in Persia, però, è dovuta indubbiamente al sommo Omar Khayyám (1048-1131), uno dei più grandi matematici, astronomi e filosofi del Medioevo, oltre che il più famoso poeta persiano in assoluto. La sua opera è stata poi ripresa da un altro genio multiforme persiano: Nasir al-Din al-Tusi (1201-1274), matematico, astronomo, fisico, chimico, biologo, filosofo e teologo.

Nel frattempo il triangolo di Tartaglia era apparso anche in Cina: il primo a occuparsene, a quanto ne sappiamo, è stato il matematico Jia Xian (XI secolo). Nel 1261 appare il primo trattato cinese giunto fino a noi che lo descrive in modo dettagliato: l’autore è Yang Hui (1238-1298), che però riconosceva onestamente la paternità del suo predecessore Jia Xian. Pochi anni dopo, nel 1303, il triangolo appare in una pubblicazione del matematico Zhu Shijie (1249-1314), con il nome eloquente di “Metodo antico”.

Anche in Occidente il triangolo di Tartaglia fa capolino nel tardo Medioevo. La prima comparsa è in Italia, ad opera del matematico e astronomo Giordano di Nemi (1225-1260), seguito poi in Francia da Gersonide (Levi ben Gershon; 1288-1344), matematico, astronomo, filosofo e teologo ebreo.

È però nel Rinascimento che il triangolo inizia a circolare nella comunità dei matematici europei. In Germania lo diffondono Pietro Apiano (Peter Apian; 1495-1552) nel 1527 e Michael Stifel (1487-1567) nel 1544, ed è in questo contesto che interviene l’opera di Niccolò Tartaglia (1499 [o 1500]-1557), al secolo Niccolò Fontana (il soprannome “Tartaglia fa riferimento a un suo difetto di pronuncia, causato dalle lesioni in seguito a un’aggressione subita durante il sacco di Brescia da parte dei soldati francesi): la sua opera enciclopedica General trattato de’ numeri et misure, pubblicata nel 1556, contiene appunto fra le altre cose il triangolo che porta il suo nome, con alcune applicazioni anche nel campo nascente del calcolo delle probabilità.

Proprio i legami con il calcolo della probabilità sono stati approfonditi dal matematico francese Blaise Pascal (1623-1662), considerato spesso il fondatore di questa disciplina insieme al connazionale Pierre de Fermat (1601-1665): è stato Pascal, nel 1654, il primo a dedicare al triangolo un intero trattato, in cui studiava le tecniche per calcolare le possibili combinazioni nel gioco d’azzardo.

Pascal però non ha pubblicato il suo trattato, uscito postumo solo nel 1665; è stato poi divulgato nel Settecento da altri due matematici francesi, Pierre Rémond de Montmort (1678-1719) nel 1708 e Abraham de Moivre (1667-1754) nel 1730. Grazie a loro il triangolo di Tartaglia è entrato definitivamente a far parte del bagaglio dei matematici di tutto il mondo.

Il triangolo di chi?

Il trattato di Pascal era intitolato Traité du triangle arithmétique (Trattato del triangolo aritmetico): il triangolo aritmetico era appunto quello che noi chiamiamo triangolo di Tartaglia. I suoi divulgatori invece lo hanno battezzato in onore di Pascal, entrambi del resto in modo logico e coerente: Montmort lo chiamò “Table de M. Pascal pour les combinaisons” (Tavola del sig. Pascal per le combinazioni), mentre de Moivre “Triangulum Arithmeticum Pascalianum” (Triangolo aritmetico pascaliano).

Da allora, nella maggioranza dei Paesi – specialmente quelli occidentali, ma anche per esempio in Giappone e Corea – è conosciuto come “Triangolo di Pascal” (“Triangle de Pascal” in francese, “Triángulo de Pascal” in spagnolo, eccetera): per ironia della sorte, fra tutti i matematici che potrebbero attribuirsi la paternità del triangolo, quello che gli ha lasciato il proprio nome in quasi tutte le lingue è stato l’ultimo arrivato in ordine di tempo (il trattato di Pascal è stato scritto circa un secolo dopo l’opera di Tartaglia, e quasi duemila anni dopo Pingala).

Fanno eccezione alcuni Paesi dove il nome del triangolo onora uno “scopritore” locale. Anche in questi casi però non sempre il riconoscimento rispetta l’ordine cronologico: per esempio appunto in Italia si celebra Tartaglia e non Giordano di Nemi (e del resto anche in Francia Pascal era stato preceduto di secoli da Gersonide). Allo stesso modo in Cina si parla di “Triangolo di Yang Hui”, e non di Jia Xian, mentre in India convivono le due varianti: “Triangolo di Pingala” e “Triangolo di Halayudha”. Nella maggior parte dei Paesi arabi e musulmani invece il triangolo porta il nome di Khayyám (fa eccezione l’Azerbaigian, dove ha prevalso Al-Tusi).

Difficile dire quale criterio sia più giusto: nessuno dei protagonisti di questa storia ha mai pensato di attribuire al triangolo il proprio nome, né tanto meno di polemizzare con gli altri. Non lo ha fatto Pascal e non lo ha fatto Tartaglia (il quale d’altra parte non era certo alieno alle contese: sul metodo per la risoluzione delle equazioni di terzo grado ha portato avanti una lunga e accesa diatriba con un matematico suo contemporaneo e connazionale, Girolamo Cardano).

Insomma, tutti i nomi del triangolo – anche se scelti a volte con un pizzico di orgoglio nazionale – hanno una qualche legittimità ma allo stesso tempo anche una certa dose di arbitrarietà: se Pingala è stato il primo in assoluto ad arrivarci, molti altri lo hanno fatto in modo del tutto autonomo; Pascal è stato sì l’ultimo “padre” del triangolo, ma anche quello che gli ha dedicato gli studi più ampi.

L’unico nome veramente oggettivo sarebbe quello di “Triangolo aritmetico”: è così che è conosciuto oggi in due Paesi dell’Asia centrale, Uzbekistan e Kirghizistan – gli unici autenticamente fedeli a Pascal, nello spirito e nella lettera.

tartaglia-1

Le prime sei righe del triangolo di Tartaglia

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Il legame fra il triangolo di Tartaglia e i numeri di Fibonacci

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Il triangolo di Tartaglia nel trattato di Zhu Shijie (1303) (immagine: Wikimedia)

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Il triangolo di Tartaglia nel trattato di Pascal (1654/1665) (immagine: Wikimedia)