Il test di Turing e l’impiego delle tecniche di intelligenza artificiale in ambito scientifico sono i protagonisti della diciannovesima puntata di Voci in Agenda. Nel primo podcast ascoltiamo in che modo un esperimento mentale proposto dal matematico inglese Alan Turing è legato allo sviluppo dell’intelligenza artificiale; nel secondo cerchiamo di capire quanto le tecniche di AI siano impiegate nella ricerca scientifica e in che modo saranno determinanti nel suo sviluppo nei prossimi anni.
1. Turing e l’intelligenza artificiale prima dell’intelligenza artificiale
Oggi l’espressione intelligenza artificiale è entrata nel linguaggio comune. Con essa intendiamo genericamente quelle tecniche che consentono ai computer di compiere azioni che richiederebbero facoltà tipiche della mente. Come per esempio dialogare, creare immagini, musica. Gli algoritmi di AI trovano oggi applicazione in molti ambiti, dalla scrittura ai videogiochi, dalla ricerca di molecole utili per i farmaci alla guida assistita, dalla profilazione sui social all’e-commerce. Ma il fatto che utilizziamo il termine intelligenza significa che le macchine pensino? Che i computer siano intelligenti alla maniera in cui possiamo esserlo noi o altri animali? Ecco, ora pensate di porvi queste domande nel 1950, quando, di fatto, i computer non esistevano ancora.
Questo è quello che ha fatto per primo Alan Turing, uno dei più grandi matematici della storia, nonché padre dell’informatica. Un pezzetto della sua vita scientifica, quella nella quale Turing per la prima volta ha riflettuto su cosa volesse dire intelligenza e se avesse senso riferirla a una macchina, ce lo racconta Enrico Bergianti. Che ci parla anche delle conseguenze di quelle prime riflessioni, così profonde che ancora oggi ne discutiamo.
2. Intelligenza artificiale, cosmologia e molto altro ancora
Nel 2014 il CERN lanciò una competizione per processare i dati delle misurazioni nell’esperimento ATLAS per l’identificazione del bosone di Higgs. A vincere la sfida fu XGBoost, un algoritmo che aiutò gli scienziati a differenziare gli eventi da considerare rumore di fondo da quelli che rappresentavano un segnale e dunque andavano raccolti perché identificativi di un evento significativo. Come tante delle scoperte fatte al CERN, questo algoritmo si è poi rivelato uno strumento molto efficace per la classificazione di altri tipi di fenomeni: dall’identificazione dello spam nelle mail alle frodi bancarie, fino al riconoscimento di pazienti a rischio di recidive tumorali.
Questa è solo una delle applicazioni delle tecniche AI che oggi innervano la ricerca scientifica, spaziando dalla biologia alla cosmologia. Questo è quello che abbiamo imparato dalla nostra chiacchierata con Roberto Trotta, professore di fisica teorica alla Scuola Internazionale di Studi Superiori Avanzati di Trieste e coordinatore del gruppo di Scienza dei dati. Trotta ci ha raccontato quanto l’intelligenza artificiale sia oggi fondamentale proprio nella cosmologia, per esempio per interpretare e processare tutte le immagini che ci giungono dai telescopi spaziali. Ma l’AI sarà mai in grado di produrre scienza, cioè di elaborare uno studio originale indipendentemente da un gruppo di ricerca? Per saperlo non vi resta che ascoltare l’intervista.