Il caso più grave di cyberwar degli ultimi anni e i rischi che corrono quotidianamente i nostri dati online sono i protagonisti della ventitreesima puntata di Voci in Agenda. Nel primo podcast ascoltiamo la storia di Stuxnet, uno tra i più insidiosi episodi guerra informatica del Ventunesimo secolo; nel secondo cerchiamo di capire perché i nostri dati privati sono appetibili e che cosa fare per difenderci da attacchi informatici.
1. Malware, Blue Screen of Death e cyber guerre
Se avete un PC su cui gira un sistema operativo Windwos vi sarà capitato almeno una volta nella vita di vedere lo schermo completamente blu, magari con svariate scritte bianche di cui ignorate il significato. Questa schermata di solito indica un errore di configurazione del sistema o un conflitto tra software in uso. Con uno spiccato senso dell’umorismo, gli informatici chiamano questo errore BSOD, che sta per «Blue Screen of Death», cioè Schermo Blu della Morte. Ora immaginate che non sia solo il vostro computer a sperimentare un BSOD, ma che contemporaneamente ce ne siano diversi nel vostro Paese. Immaginate infine di lavorare in una centrale nucleare e che anche i computer che controllano i reattori abbiano tutti gli schermi blu. Probabilmente iniziereste a pensare che non si tratti di un semplice errore di sistema, ma che siete vittime di un atto di cyberwar.
Questo è quello che è successo in Iran nell’estate del 2010, quando un intero Paese subì un gravissimo attacco informatico che è passato alla storia col nome Stuxnet, il malware che aveva infettato i PC degli uffici di diverse istituzioni iraniane. Questa cyberwar, mai del tutto chiarita fino in fondo, e che ha rappresentato solo il primo caso di attacco informatico portato a un Paese, ce la racconta Lara Rossi.
2. Dati sensibili, privacy e cyber security
Lascereste mai la porta di casa aperta, uno zaino incustidito durante un concerto, lo smartphone sul tavolo di un bar affollato mentre andate alla toilet? Sono azioni che faremmo solo per errore, per distrazione, perché siamo abituati ad avere cura dei nostri beni. Molti dei nostri beni, oggi, sono però immateriali, volatili, non li tocchiamo con mano. Per esempio, i dati che quotidianamente affidiamo al web raccontano chi siamo, che cosa amiamo fare, come e dove ci curiamo quando ne abbiamo bisogno, chi frequentiamo, qual è il nostro patrimonio. Sono cioè dati sensibili, perché definiscono a tutto tondo la nostra identità e possono essere utilizzati da malintenzionati per violare la nostra privacy. Ed è proprio per questa ragione che dobbiamo proteggerli.
Di quella che viene chiamata cyber security abbiamo parlato con Marco Mellia, che insegna questa disciplina al Politecnico di Torino. Nella nostra chiacchierata abbiamo così imparato che gli attacchi informatici hanno in linea di massima obiettivi economici o politici e dunque prendono di mira principalmente aziende o istituzioni pubbliche. Cittadini e cittadine non ne sono certamente immuni, ma c’è una buona notizia: per difendersi da chi vuole carpirci dati online bastano poche norme di comportamento e un po’ di attenzione.