"Uno studioso al microscopio vede molto più di noi. Ma c'è un momento, un punto, in cui anch'egli deve fermarsi. Ebbene, è a quel punto che per me comincia la poesia". René Magritte
In realtà, il punto a cui si riferisce il pittore belga in quest'intervista del 1951 si è rivelato non essere un muro invalicabile, ma è andato spostandosi nel tempo verso dimensioni sempre minori. E il microscopio, lo strumento comparso nei primi anni del 1600 segnando in modo indelebile la storia della medicina e della biologia, permette oggi all'occhio umano di spingersi verso i limiti dell'infinitamente piccolo.
Il microscopio utilizzato da Hooke e l'illustrazione delle cellule vegetali osservate in una sezione di sughero (Immagine: Wikimedia Commons)
Quali sono i limiti dell'occhio umano che rendono necessari i microscopi?
Il microscopio è uno strumento che permette di risolvere, cioè riesce a dare immagini dei più piccoli dettagli, e ingrandire oggetti che non sono visibili a occhio nudo. Anche l'occhio umano, se vogliamo, può essere considerato come un sofisticato strumento ottico, in quanto formato da una lente, il cristallino, in grado di proiettare le immagini sulla retina. Il cristallino ha una curvatura che può essere modificata dalla contrazione dei muscoli ciliari per mettere a fuoco oggetti più o meno vicini.Il sistema di lenti presenti nel nostro occhio non è esente da difetti. La miopia, per esempio, è dovuta a un allungamento del bulbo oculare che impedisce la corretta messa a fuoco dell'immagine sulla retina.
Cos'è e come funziona un microscopio ottico?
I primi strumenti utilizzati dai pionieri della microscopia furono i microscopici ottici, attualmente ancora i più diffusi. In questo tipo di strumento il campione da osservare viene attraversato dalla luce visibile. L'ingrandimento dell'immagine viene determinato dall'obiettivo, un doppio sistema di lenti convergenti che raccoglie la luce proveniente dal campione e la restituisce ingrandita all'osservatore. Generalmente i microscopi ottici sono dotati di obiettivi con ingrandimenti che variano dai 4X (cioè l'immagine restituita è 4 volte più grande del reale, o "quattro per") ai 100X, ma i microscopi ottici più sofisticati possono arrivare anche a ingrandire un oggetto 1500 volte. Il potere di risoluzione di un microscopio ottico è di 0,2 micrometri, in accordo con il principio di Ernst Abbe che spiega come la risoluzione di un microscopio sia inversamente proporzionale alla lunghezza d'onda della luce. Nonostante questo limite, il microscopio ottico permette di osservare batteri e cellule di tessuti animali o vegetali e addirittura i mitocondri.
A sinistra: cellule HeLa osservate attraverso un microscopio ottico a contrasto di fase. A destra: cellule endoteliali viste attraverso un microscopio ottico a fluorescenza: in blu i nuclei, in verde i microtubuli e in rosso i filamenti di actina. (Immagini: Wikimedia Commons)
La GFP (Green Fluorescent Protein) è una proteina isolata dalla medusa Aequorea victoria. Il suo segno particolare? Essere "naturalmente fluorescente". Se eccitata da una radiazione a una specifica lunghezza d'onda, è in grado infatti di riemettere luce di colore verde. Oltre alla versione "naturale" ne esistono altre 7 varianti, con differenti caratteristiche di emissione.
Qui si può leggere un testo sulla sua importanza e qui si trova uno dei tanti studi dove è stata utilizzata.
Disegno ottenuto su una piastra di Petri strisciando colture batteriche contenenti diverse forme di GFP (Immagine: Wikimedia Commons).
Dal laboratorio di Eric Betzig, uno dei padri della microscopia a super risoluzione, arriva un'altra tecnica di microscopia all'avanguardia per studiare i dettagli interni di una cellula in un modo più “dolce”, senza alterarne le strutture e la funzione. Ne abbiamo parlato in questo articolo.
Cos'è e come funziona un microscopio elettronico?
Nonostante i recenti sviluppi tecnologici dei microscopi ottici, questi strumenti restano tuttavia inadatti a studiare le complesse strutture interne delle cellule. Un aiuto in questo senso viene dal microscopio elettronico, nato nel 1931 per mano di Ernst Ruska (premio Nobel per la Fisica nel 1986 assieme a Gerd Binnig e Heinrich Rohrer) e Max Knoll. Il microscopio elettronico utilizza un fascio di elettroni al posto della luce visibile e le lenti sono sostituite da elettromagneti che deviano il fascio di elettroni ottenendo così l'ingrandimento e la messa a fuoco dell'immagine. Gli elettroni "sparati" dallo strumento verso il campione da analizzare possiedono una lunghezza d'onda molto inferiore rispetto ai fotoni che compongono la luce. Secondo il principio di Abbe, quindi, il potere di risoluzione è maggiore e può infatti arrivare fino a 0,2 nanometri, cioè mille volte più piccolo di quello di un microscopio ottico. L'ingrandimento ottenuto grazie a questi microscopi, inoltre, può arrivare a mostrare all'osservatore il campione 100 mila volte più grande del reale. Per essere opportunamente analizzati con il microscopio elettronico i campioni devono essere minuziosamente preparati secondo specifici protocolli che "fissano" le cellule. A differenza dei microscopi ottici, quindi, non è possibile osservare cellule o campioni vivi. Il microscopio elettronico a scansione (o SEM) funziona come un vero e proprio scanner. Il campione viene ricoperto con una sottile lamina metallica che riflette gli elettroni che lo urtano e che vanno a formare una vera propria copia in 3D della struttura esterna del campione. Questo tipo di analisi è utile per studiare gli elementi di superficie del campione, come le membrane cellulari. Il microscopio elettronico a trasmissione (o TEM), invece, fornisce immagini bidimensionali della struttura interna del campione con un potere risolutivo ancora più elevato. Sono osservabili, per esempio, proteine e lipidi, piccoli reticoli atomici di carbonio o il DNA sui cromosomi.Come saranno i microscopi del futuro?
La sfida è costruire microscopi più potenti e capaci di spingersi a poteri di risoluzione sempre inferiori. In Italia esistono alcune tra le punte di diamante della microscopia ottica del futuro, strumenti raffinati e potenti in grado di migliorare significativamente la ricerca in ambito medico. All'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova è stata messa a punto una versione implementata della microscopia su singola molecola o "supervista" (la stessa oggetto del Nobel 2014 per la chimica). Si tratta di una tecnica che permette di visualizzare, attraverso un sistema di impulsi laser, le stesse molecole fluorescenti di cui abbiamo parlato prima ma con il grossissimo vantaggio di poter eliminare tutto il rumore di "fondo". La fluorescenza analizzata, cioè, viene solo da un solo punto preciso del campione (una singola molecola, per l'appunto) e questo permette livelli di precisione nanometrici, tanto da rendere visibili singole proteine. La cosa interessante permessa da questo strumento è quella di poter monitorare le singole molecole nel corso del tempo e in campioni più spessi di quelli consentiti dai normali microscopi. Le applicazioni nella biologia di base sono innumerevoli e ancora più interessanti sono i futuri risvolti applicativi che questa tecnica potrebbe avere nella pratica medica. Per esempio, potrebbe rendere possibile effettuare delle biopsie "molecolari" incredibilmente fini e dettagliate direttamente in sala operatoria durante un intervento o monitorare in tempo reale l'effetto di un farmaco o un trattamento. Sempre in Italia, nei laboratori dell'Istituto di nanoscienze del CNR di Lecce, è stato collaudato CAT, un microscopio che unisce tre diversi microscopi in un unico strumento: un microscopio confocale, un microscopio a forza atomica e un microscopio a riflessione interna. L'utilizzo combinato di questi tre permette di vedere contemporaneamente tre aspetti importanti di una cellula: il volume, la superficie e il suo stato di salute. Il tutto a dettagli nanometrici. Le sue applicazioni attuali riguardano soprattutto lo studio di nano-farmaci antitumorali, ma sarà utilizzato anche come una "lente" speciale per scovare precocemente e con super precisione cellule tumorali in studi diagnostici. E la microscopia elettronica? Difficile dire dove ancora può arrivare, dal momento che esistono già microscopi in grado di vedere atomi, particelle subatomiche e in grado di indagare l'antimateria. Di sicuro, la storia degli strumenti per indagare l'infinitamente piccolo non finisce qui. Immagine box: Pixabay Immagine banner: Flickr






