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Alcune cose da sapere sul primo soccorso

Dall’importanza dei defibrillatori alle leggi a tutela di chi soccorre, fino al Numero Unico di Emergenza Europeo, tra assenza di dati e convinzioni errate

leggi

Si conta che in Italia avvengano ogni anno 60 000 arresti cardiaci, ma solo in 6 casi su 10 chi è presente è in grado di intervenire con le manovre salvavita, cioè con massaggio cardiaco e ventilazioni, e solo il 28% di loro sa usare un defibrillatore. Il risultato è che circa l’8% di chi è colpito da arresto cardiaco sopravvive. Per fortuna oggi un arresto cardiaco non significa morte certa. Esistono delle misure salvavita che se imparate possono ribaltare la statistica.

Quando si parla di arresto cardiaco, spesso si sente usare il termine “infarto”. In realtà i termini non sono sinonimi. L’arresto cardiaco avviene quando il cuore smette di pompare sangue e ossigeno al cervello e agli altri organi e tessuti. L’infarto è invece la lesione di un organo, seguita da necrosi dei tessuti, dovuta a interruzione della circolazione locale del sangue, in genere per trombosi o embolia. Può avvenire nel cuore e allora si parla di infarto del miocardio, ma può avvenire anche in altri organi. L’arresto cardiaco può avvenire a causa di un infarto, ma non solo. Per esempio, può avvenire a causa di una fibrillazione ventricolare, cioè un disturbo del ritmo regolare con cui avviene il battito. La fibrillazione ventricolare può avere varie cause, tra cui una prolungata interruzione della respirazione, come in caso di annegamento, soffocamento o trauma. In caso di arresto cardiaco o fibrillazione ventricolare, lo strumento salvavita più efficace è il defibrillatore o DAE, perché aiuta il cuore a riprendere un ritmo regolare nel battito.

Per questo motivo, dal 2021 è obbligatorio (legge 116 del 4 agosto 2021) che in ogni luogo pubblico sia presente un defibrillatore. Devono essercene in tutte le sedi dello Stato, nelle scuole, nelle università, nelle agenzie pubbliche, nelle camere di commercio, ma anche negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie e a bordo dei mezzi di trasporto – inclusi treni, navi e trasporti extraurbani. E ancora nei centri commerciali, nelle aziende e nei condomini.

Non esiste però attualmente un censimento completo di tutti i DAE in Italia coordinato a livello centrale. Sappiamo ad esempio che in Lombardia (dati di Areu Lombardia, l’azienda regionale di emergenza urgenza) nel 2021 c’erano 18 000 DAE contro i circa 5700 del 2016.

Vi sono tuttavia alcune app per trovare il DAE più vicino a noi. La più nota è DAEdove, un servizio gratuito gestito dall’associazione di volontariato senza scopo di lucro Pubblica Assistenza Squadra Nautica di Salvamento di Verbania. La app fornisce informazioni complete (indirizzo, recapito telefonico, scadenze e orari di disponibilità del DAE) e la possibilità di segnalare la presenza di un defibrillatore nuovo, oppure uno esistente ma non ancora segnalato. Esistono anche altre app, che lavorano a livello regionale, come DAEresponder in Emilia-Romagna.

Che cosa fare se una persona perde conoscenza?

Il primo sintomo di arresto cardiaco in corso è la perdita di coscienza e di reazione a qualsiasi stimolo e un respiro non normale. Nel caso dell’infarto senza arresto cardiaco invece, anche se si perde conoscenza momentaneamente, non ci sono immediati problemi di carattere respiratorio.

Se ci troviamo in una situazione di perdita di coscienza dobbiamo mettere in pratica il protocollo BLS o Basic Life Support, cioè un insieme di manovre salvavita che può fare chiunque, anche persone non specializzate in ambito medito. Si usa invece l'acronimo BLS-D o Basic Life Support and Defibrillation se queste manovre prevedono l’uso del DAE.

Se troviamo una persona priva di coscienza, dobbiamo attuare la manovra del GAS: Guardo, Ascolto, Sento. Si tratta di avvicinarsi al torace del paziente per 10 secondi e ascoltare se questo si muove e se esce aria dalla bocca. È sconsigliato al personale non medico perdere tempo per cercare di fare una valutazione del battito ascoltando il polso, dal momento che sono necessarie competenze specifiche per sapere dove e come procedere, specie in ambiente rumoroso quale è spesso il luogo di un incidente.

Se la persona non risponde agli stimoli e non respira o respira in modo non normale è necessario chiamare immediatamente il 112 (uno-uno-due, cioè il numero di emergenza unico europeo) e farsi guidare telefonicamente per procedere con la RCP, cioè la rianimazione cardiopolmonare. Con l’aiuto di altre persone, poi, è utile recuperare e usare un DAE non appena possibile.

Il DAE è uno strumento in grado di compiere un elettrocardiogramma della persona a cui è applicato. Se i parametri rilevati sono anomali rispetto a un elettrocardiogramma sano, il DAE suggerisce di somministrare una scossa elettrica al paziente, nel tentativo di riportare il cuore a un ritmo regolare. Per somministrare la scossa, l’operatore deve premere il tasto SHOCK presente sul DAE. Questa è la caratteristica essenziale: lo strumento è semiautomatico perché funziona soltanto se una persona preme il tasto, dopo essersi assicurata che il paziente e le persone intorno siano distanziati e in sicurezza. Inoltre il DAE guida chi soccorre nelle operazioni da svolgere e suggerisce di continuare il massaggio cardiaco oppure interrompere.

Tutte queste manovre vanno eseguite nel giro di pochissimi minuti. Più tempo passa senza che il sangue arrivi al cervello, più aumentano le probabilità di danno cerebrale. Il rischio è alto se l’arresto cardiaco dura più di 5 minuti senza RCP, mentre e se si arriva agli 8 minuti la probabilità di decesso è altissima. Le operazioni di soccorso devono continuare finché la persona non riprende coscienza, finché non arrivano i soccorsi o finché il DAE non suggerisce di interrompere le operazioni.

Questo video a cura di EMD 112 mostra come funziona e si usa un defibrillatore:

La legge tutela sempre il soccorritore

Ognuno di noi è invitato a praticare il primo soccorso qualora si trovasse di fronte a una persona esanime. Qui sta la differenza fra primo soccorso – gli interventi immediati e temporanei che qualsiasi persona anche senza essere medico, paramedico o infermiere deve portare in caso di emergenza – e il pronto soccorso, che è invece l’assistenza medica urgente erogata in strutture specializzate e da personale specializzato.

La legge italiana tutela sempre il soccorritore, anche se durante le attività di soccorso dovesse portare danno alla persona soccorsa, per esempio rompendo le costole o danneggiando lo sterno per la troppa pressione durante il massaggio cardiaco. L’articolo 54 del codice penale assicura che:

non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.

A essere perseguita è l’omissione di soccorso. L’articolo 593 del codice penale aggiunge che:

Chiunque, trovando abbandonato o smarrito un fanciullo minore degli anni dieci, o un'altra persona incapace di provvedere a se stessa, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia o per altra causa, omette di darne immediato avviso all'autorità è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a 2500 euro. Alla stessa pena soggiace chi, trovando un corpo umano che sia o sembri inanimato, ovvero una persona ferita o altrimenti in pericolo, omette di prestare l'assistenza occorrente o di darne immediato avviso all'autorità. Se da siffatta condotta del colpevole deriva una lesione personale [c.p. 582, 583], la pena è aumentata [c.p. 64]; se ne deriva la morte, la pena è raddoppiata.

Come funziona il numero unico di emergenza europeo 112 e in quali regioni è attivo?

Non è più necessario ricordarsi a memoria il numero della polizia, quello dell’ambulanza, quello dei carabinieri, dell’emergenza in mare o dei vigili del fuoco: oggi da qualsiasi posto in cui ci troviamo in Italia e in Unione Europea basta comporre il numero unico di emergenza europeo o NUE. Il numero è 112 o uno-uno-due. L’operatore di un centralino riceve la chiamata e smista la richiesta ai soccorsi più appropriati. 

Il progetto del NUE risale al 1992, ma ancora oggi il numero il 112 non è attivo in tutta Italia, ma solo in 17 regioni: Liguria, Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia, Trentino Alto Adige (anche se in alcune zone si registrano problemi nel suo reale utilizzo), Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Abruzzo, Basilicata, Puglia, Lazio, Calabria, Sardegna e Sicilia. Entro la primavera 2025 anche il Molise usufruirà del servizio. Nel marzo 2023 la Regione Veneto ha firmato un protocollo d’intesa per l’attuazione nel territorio regionale del NUE 112, e lo stesso ha fatto la regione Campania. Per questo, rimangono attivi i numeri tradizionali di emergenza: 118 per chiedere assistenza sanitaria, 113 per chiamare la polizia, 115 per chiamare i vigili del fuoco, ma tutti questi numeri confluiscono al centralino del NUE.

WhereAreU è la app ufficiale del NUE. È gratuita ma funziona esclusivamente nelle zone coperte dal servizio 112 NUE. Scaricando la app, in caso di emergenza, basta premere il tasto «SOS», e viene inviata alla Centrale Unica di Risposta del NUE la posizione esatta della persona (le coordinate geografiche da cui proviene il segnale), dopo di che parte autonomamente una telefonata al numero 112. 

Che cosa fare se non c’è campo?

La telefonata al 112 è sempre gratuita sia da rete fissa sia da cellulare e funziona anche quando il telefono non ha una SIM, è bloccato o non si ha credito telefonico. Purtroppo la chiamata non parte se non c’è campo, per esempio in alcune zone di montagna. Per contattare il 112 è sempre necessario che arrivi il segnale di almeno un operatore telefonico, indipendentemente che sia quello a cui siamo abbonati oppure no. La chiamata parte anche se il tuo operatore telefonico non è attivo in quel punto ma lo è un altro.

Non esistono app per smartphone che funzionino anche senza campo e rete internet. L’unica alternativa quando non c’è campo sono i collegamenti satellitari e radio, per i quali è però necessario avere uno strumento apposito. Il ponte radio funziona così: un radioamatore invia un segnale al ripetitore più vicino che a sua volta invierà la richiesta di soccorso.

Da oltre 15 anni esiste Rete RADIO Montana (canale PMR-446), un canale radio in grado di trasmettere una richiesta di emergenza anche senza la presenza di segnale telefonico o di rete internet. Rete RADIO Montana è un progetto nato dal basso che si basa sull’idea di una rete di utenti che usano dispositivi radio: se il possessore di uno di questi dispositivi si trova in un luogo senza segnale e campo, è comunque in grado di inviare un segnale radio alla persona iscritta più vicina a lui che manderà una richiesta di soccorso per lui. Per far parte della rete basta iscriversi a Rete RADIO Montana, richiedere gratuitamente il proprio ID (Identificativo radio) al responsabile regionale RRM e comprare un dispositivo PMR-446 (costano oggi poche decine di euro). La frequenza è il CANALE 8-16. Purtroppo questi dispositivi, essendo liberamente utilizzabili da tutti, non hanno un segnale molto potente e pertanto la presenza di un ostacolo importante come una montagna può bloccare il segnale.

Esistono anche i Personal Locator Beacon (PLB), dispositivi di comunicazione satellitare che in caso di emergenza inviano un segnale nello spazio, consentendo di effettuare una chiamata di soccorso tramite il sistema satellitare internazionale COSPAS-SARSAT, che a sua volta smista la richiesta di soccorso al paese in cui ci si trova, Italia inclusa.

Come e quando chiamare il soccorso alpino

In caso di incidente in montagna o in grotta è necessario richiedere all’operatore del 118 o del 112 l’attivazione del CNSAS (Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico).

Un’alternativa sono alcune app come GeoResQ. Si tratta di un sistema sviluppato dal Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico ed è gratuito per i soci del Club Alpino Italiano (CAI) e a pagamento (costa molto poco) per chi non è socio CAI. GeoResQ permette di inviare direttamente al soccorso alpino la propria traccia (appena il telefono rileva segnale dati, invia tutti i waypoint non ancora inviati fino a quel momento). I soccorsi visualizzano la traccia su cartografia 3D per individuare facilmente l’esatta posizione della persona in difficoltà. Anche qui l’SOS parte solo in presenza di campo e di rete internet.

Un aspetto interessante è che se l’escursionista ha scaricato GeoResQ nel proprio cellulare, è possibile anche da casa inviare una richiesta per cercarlo, in caso di mancato rientro o di irreperibilità.

Nell’immagine di copertina una cassetta di primo soccorso che contiene il DAE, all’interno di un’azienda (fotografia: Claudio Dutto)

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