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Che cos’è la finanza verde?

Facciamo un viaggio alla scoperta dei principali strumenti che ci permettono di investire sui mercati finanziari all’insegna della ecosostenibilità

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Investire nella finanza sostenibile significa prendere in considerazione non solo il rendimento, ma anche dalle implicazioni ambientali e sociali che i nostri investimenti produrranno. Come possiamo farlo? Una possibile risposta sono le obbligazioni verdi: se le scegliamo, sappiamo che i nostri risparmi finanzieranno attività che hanno un impatto positivo sull’ambiente.

Che relazione c’è tra finanza sostenibile e transizione climatica?

Il processo di transizione verso modelli di sviluppo più sostenibili è accompagnato anche dalla rapida crescita della finanza sostenibile, un ecosistema in cui gli operatori tengono conto dei profili di sostenibilità ambientale, sociale e di governance nelle decisioni di investimento (sono i criteri ESG di cui abbiamo già parlato in un altro articolo). 

Coinvolgere i privati, oltre ai governi e agli enti sovranazionali, è indispensabile per finanziare i cambiamenti che le società dovranno attuare per rispondere alla crisi climatica (il Green Deal europeo si stima che costerà quasi 400 miliardi di euro all’anno da qui al 2030, pari a circa il 2% del PIL annuale dell’Unione Europea). Per questo il segmento della finanza sostenibile più sviluppato è proprio quello della finanza verde, che canalizza i risparmi privati verso investimenti ecosostenibili, per favorire la transizione energetica e la tutela dell’ambiente.

Quali sono gli strumenti finanziari più diffusi della finanza verde? Quali sono le loro caratteristiche?

Gli strumenti finanziari più diffusi per la finanza verde sono le obbligazioni verdi.

Le obbligazioni sono strumenti finanziari emessi dalle banche, dalle imprese o dal governo (in questo caso sono chiamati titoli di Stato). L’investitore può acquistare l’obbligazione sia al momento della sua emissione al prezzo stabilito dall’emittente sia successivamente, ma in questo caso il suo prezzo sarà stabilito dal mercato.

La durata dell’investimento dipende dall’obbligazione. In ogni caso, alla scadenza, l’emittente restituisce all’investitore il valore nominale dell’obbligazione, che può coincidere o meno con l’intera somma versata (il prezzo di acquisto) e, durante l’investimento, generalmente, a cadenza periodica (ad esempio di solito trimestrale, semestrale o annua), gli versa un interesse. Le obbligazioni si dicono anche titoli a reddito fisso, perché questa percentuale, detta tasso di interesse, è stabilita al momento della loro emissione sul mercato finanziario. 

Il tasso di interesse può rimanere uguale per tutta la durata dell’investimento (tasso fisso), oppure può cambiare nel tempo per esempio in base all’inflazione (tasso variabile). Il tasso di interesse di una obbligazione dipende dalle condizioni del mercato finanziario, dalla durata del titolo e dal rischio che l’emittente non sia in grado di versare gli interessi o rimborsare il valore nominale del titolo alla scadenza. Normalmente, più lunga è la scadenza di un titolo maggiore è il suo rendimento. 

La regola di base è che in un dato momento, cioè a parità di condizioni di mercato, e a parità di durata, titoli che offrono tassi di interesse più alti comportano rischi maggiori. Esistono sul mercato delle società chiamate agenzie di rating che si occupano di valutare il rischio dell’emittente

Le obbligazioni verdi hanno le stesse caratteristiche delle obbligazioni convenzionali ma i fondi ricavati dalla loro emissione devono espressamente destinati a finanziare investimenti con un impatto positivo sull’ambiente. Per esempio con i fondi raccolti con l’emissione di obbligazioni verdi un’impresa può finanziare la costruzione di un parco eolico.

Chi può emettere obbligazioni verdi?

Nell’area euro le obbligazioni verdi sono emesse, per esempio, dalle banche e dai governi e sono acquistate per la maggior parte da altre istituzioni finanziarie: le banche centrali, altre banche, le compagnie assicurative, i fondi pensione, etc. Oggi le famiglie possiedono direttamente una piccolissima quota di obbligazioni verdi, ma ne detengono molte indirettamente, per esempio perché acquistano dei fondi proposti dalle banche (cioè, semplificando, dei pacchetti che raccolgono al loro interno più investimenti) che contengono delle obbligazioni verdi. 

Nell’area euro le nuove emissioni di questi titoli sono cresciute da circa 90 miliardi di euro nel 2019 a oltre 200 nel 2022 e la loro quota sul totale delle nuove emissioni obbligazionarie complessive è arrivata al 18%. Le imprese che emettono più obbligazioni verdi sono quelle che operano nei settori dell’energia, dei trasporti e delle costruzioni

Nel 2022 l’Italia si è posizionata all’ottavo posto per emissioni di obbligazioni verdi a livello globale, con un ammontare collocato pari a 18 miliardi di euro (è al tredicesimo per le emissioni di obbligazioni convenzionali). In Italia, il principale emittente di obbligazioni verdi è il governo.

Come riconoscere un’obbligazione verde?

Attualmente non esiste un unico standard globale per la certificazione delle obbligazioni verdi. La natura dell’obbligazione (verde o convenzionale) viene dichiarata dall’emittente stesso o da una società esterna che ne certifica l’aderenza alle linee guida indicate dallo standard prescelto, come quelle definite dall’International Capital Market Association (ICMA) o dal Climate Bonds Initiative. Le linee guida generalmente prevedono che l’emittente debba:

  • comunicare al mercato la destinazione dei fondi raccolti; 

  • indicare i benefici per l'ambiente dei progetti;

  • rendere disponibili informazioni aggiornate nel tempo sull’utilizzo dei fondi. 

L’Unione europea sta lavorando alla creazione di uno standard comune europeo (European Green Bond Standard) all’interno della strategia per la neutralità climatica dell’Unione Europea (Green Deal). Questo nuovo standard prevede in particolare che i fondi raccolti vengano impiegati per finanziare investimenti allineati con la Tassonomia delle attività economiche sostenibili definite dall’Unione Europea e che il rispetto delle linee guida venga certificato da società di revisione esterne specializzate e indipendenti. Queste società dovranno essere iscritte a un apposito albo presso l’Autorità europea di supervisione del mercato finanziario (European Securities and Markets Authority; ESMA). 

La definizione di uno standard comune europeo ha l’obiettivo di rendere più omogenee le caratteristiche delle obbligazioni verdi sul mercato europeo, a oggi il più grande mercato al mondo per le obbligazioni verdi, ma anche quello di tutelare gli investitori rispetto al rischio di greenwashing, ovvero l’attribuzione impropria dell’etichetta “verde” a una obbligazione.

Su Aula di Scienze abbiamo parlato di greenwashing in questo articolo di Giancarlo Sturloni.

Ed è proprio questo l’obiettivo della Tassonomia europea delle attività sostenibili e l’introduzione dell’European Green Bond Standard: garantire all’investitore il diritto di ricevere informazioni chiare e affidabili sul titolo obbligazionario “verde” che si sta acquistando.

L’articolo è a cura di Marco Panfili e Daniela Marconi che in Banca d’Italia si occupano di educazione finanziaria nelle scuole e per i più giovani.
Le opinioni espresse in questo articolo sono degli autori e non riflettono necessariamente quelle della Banca d’Italia o dell’Eurosistema.

L’immagine di copertina è tratta dal sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze – MEF