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La chimica delle terre rare

Ecco alcune proprietà chimico-fisiche che hanno reso gli elementi di questo gruppo ingredienti essenziali per la produzione di dispositivi elettronici

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Le terre rare, di cui sempre più spesso sentiamo parlare, sono risorse minerali fondamentali per la costruzione della maggior parte dei dispositivi elettronici e magnetici di uso comune (schermi a LED, microfoni, batterie), ma anche di quelli che fanno parte degli impianti di conversione energetica, come ad esempio i pannelli fotovoltaici e le pale eoliche. Ed è proprio per i loro impieghi che le terre rare sono sempre più richieste. Ma, chimicamente parlando, che cosa sono esattamente? E quali sono le proprietà che le rendono tanto interessanti per i nostri scopi?

Più che rare, “rarefatte”

Partiamo dal loro nome e dal perché le abbiamo qualificate con l’aggettivo “rare”. In realtà, più che rare potremmo metaforicamente definirle diluite: in assoluto, infatti, la loro presenza all’interno della crosta terrestre è relativamente elevata. Alcune, fra cui il cerio e il neodimio, sono addirittura più abbondanti di metalli che utilizziamo comunemente, come ad esempio l’argento. Purtroppo, però, rari sono i giacimenti che ne contengono concentrazioni sufficientemente elevate da poter essere estratte con profitto. Inoltre, come vedremo di seguito in dettaglio, la loro estrazione e soprattutto la loro separazione risulta tecnicamente difficoltosa a causa di alcune specifiche caratteristiche chimiche.

Proprio la rarità dei loro giacimenti e la crescente richiesta da parte del settore tecnologico, anche in considerazione della generale tendenza alla cosiddetta transizione energetica, spinge i vari governi a cercare sempre nuovi possibili siti di estrazione. A livello globale, attualmente la Cina detiene quasi il monopolio come fornitore di terre rare, ma esistono giacimenti anche in altre aree geografiche: all’inizio del 2023, per esempio, ne è stato scoperto uno in Svezia, che è stato definito come il più grande mai individuato in Europa.

Le terre rare nella tavola periodica

La prima fonte mineraria di terre rare conosciuta, un minerale scuro inizialmente chiamato “ytterbite” e poi rinominato “gadolinite”, venne scoperta proprio in Svezia, nei pressi del villaggio di Ytterby. Correva l’anno 1787 e l’autore del ritrovamento fu il chimico e militare svedese Carl Axel Arrhenius. Ad oggi, le terre rare conosciute e classificate come tali sono 17: lo scandio, l’ittrio, il lantanio, il cerio, il praseodimio, il neodimio, il promezio, il samario, l’europio, il gadolinio, il terbio, il disprosio, l’olmio, l’erbio, il tulio, l’itterbio e il luterzio.

Il cerio fu il primo ad essere isolato nel 1803 e prese il nome dal pianeta nano Cerere scoperto due anni prima. Il cerio è anche il più abbondante degli elementi appartenenti a questo gruppo, che sono tutti presenti in natura sotto forma di ossidi contenuti in minerali grezzi come la monazite, a eccezione del promezio, che è un elemento di sintesi ottenuto artificialmente nel 1945. A parte scandio e ittrio, gli altri 15 elementi fanno parte della famiglia dei lantanidi: fatto interessante, la radice etimologica di questa parola viene dal greco “lanthanein”, che significa giacere o stare nascosto e che ha che fare con la loro difficile estrazione.

Tutti e 17 gli elementi facenti parte del gruppo delle terre rare sono considerati metalli e condividono fra loro diverse proprietà, fra cui il fatto di essere fortemente elettropositivi e quindi facilmente ossidabili all’aria. Lo stato di ossidazione predominante è il +III: questo significa che per le loro proprietà elettroniche, tutti questi elementi possono facilmente cedere tre elettroni e assumere, nella forma ionica, la carica 3+. Alcuni possono inoltre assumere lo stato ossidativo +II e altri ancora il +IV.

La loro somiglianza dal punto di vista delle proprietà chimiche è ciò che li rende difficilmente separabili l’uno dall’altro, ed è in buona parte dovuta al cosiddetto fenomeno della “contrazione dei lantanidi”. Con quest’ultima espressione si intende la riduzione del raggio atomico (cioè dello “spazio” occupato da ogni singolo atomo) all’aumentare del numero atomico, cioè scorrendo da sinistra verso destra nella tavola periodica.

Questo fenomeno, in parte contro-intuitivo, si verifica anche negli altri gruppi (o periodi) della tavola periodica, ma per i lantanidi è particolarmente pronunciato. Ciò dipende dal fatto che gli elettroni che si aggiungono scorrendo da sinistra verso destra all’interno del periodo vengono a trovarsi nell’orbitale f: gli elettroni cosiddetti f (cioè quelli che occupano questo orbitale) hanno, per diverse ragioni, una ridotta capacità schermante della carica nucleare. Di conseguenza, è come se si venisse a creare una carica netta positiva (dovuta al crescente numero di protoni presente nel nucleo) che attrae con maggiore forza gli elettroni esterni verso di sé: il risultato è una globale riduzione delle dimensioni dell’atomo all’aumentare del numero atomico. Allo stesso tempo, una conseguenza di questo fenomeno è che i lantanidi con numero atomico più elevato formano complessi più stabili con determinati ligandi di carica opposta. Ed è proprio su questa differenza che si basano alcune delle tecniche impiegate per la separazione delle terre rare, come lo scambio ionico e l’utilizzo di specifici solventi.

Proprietà chimico-fisiche e specifici impieghi

Ciò che rende le terre rare particolarmente attraenti per il settore tecnologico sono le loro proprietà magnetiche: il neodimio, ad esempio, viene utilizzato in una lega metallica insieme a ferro e boro per costruire magneti, che risultano molto più potenti rispetto a quelli tradizionali realizzati in ferrite. Questa lega viene usata per la costruzione di magneti permanenti presenti ad esempio negli hard disk dei computer, nei microfoni, nei motori elettrici e nelle turbine eoliche, solo per citare alcuni esempi.

Sempre per quanto riguarda le proprietà magnetiche di questi elementi, il gadolinio veniva utilizzato fino a pochi anni fa nei mezzi di contrasto per le risonanze magnetiche, anche se il suo impiego è stato fortemente limitato in via preventiva a partire dal 2018: a seguito di un’indagine condotta dall’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) si è infatti scoperto che questo elemento può accumularsi in piccole quantità nei tessuti cerebrali.

Dal punto di vista prettamente chimico, la capacità ossidante dell’ossido di cerio IV (dovuta alla sua capacità di ridursi a ossido di cerio III) viene ad esempio sfruttata in alcuni tipi di convertitori catalitici per favorire la trasformazione del monossido di carbonio (CO) in anidride carbonica (CO2). Insomma, se rari sono i giacimenti di questi elementi, lo stesso non vale certo per i loro attuali impieghi.

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Alcuni ossidi di terre rare. A partire dal materiale in alto al centro, andando in senso orario: praseodimio, cerio, lantanio, neodimio, samario e gadolinio (immagine: Wikipedia)

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La posizione delle terre rare all’interno della tavola periodica (immagine: Wikipedia)