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Clima 2050: che cosa sono e a cosa servono i modelli climatici

Annalisa Cherchi e Susanna Corti, tra le autrici del sesto rapporto IPCC, firmano una Chiave di lettura dedicata alla fisica e alla matematica del clima

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In poco più di un secolo la temperatura media globale è aumentata di oltre un grado centigrado, e per il 2100 avremo superato quasi certamente i 2 gradi di riscaldamento, mancando gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. Lo dice il rapporto Cambiamenti Climatici 2021 – La basi fisico-scientifiche, che fa parte del sesto ciclo di rapporti periodici prodotti dallo IPCC, il Comitato Intergovernativo per lo studio dei Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite.

Nel rapporto ci sono molte altre informazioni, ma come sono nate e su quali basi? Ci possiamo fidare delle scienze del clima, e in particolare di quei modelli che simulano il comportamento del sistema-Terra, cioè l’insieme di interazioni tra atmosfera, oceano, litosfera, biosfera e criosfera? E soprattutto, si possono spiegare argomenti così tecnici a un ampio pubblico senza sacrificare la precisione? 

Annalisa Cherchi e Susanna Corti, ricercatrici dell’ISAC-CNR di Bologna, hanno partecipato in prima persona alla stesura di quel rapporto, e ora colgono la sfida firmando Clima 2050 - La matematica e la fisica per il futuro del sistema Terra appena uscito nella collana di divulgazione scientifica Chiavi di Lettura di Zanichelli.  

Le basi per capire come si studia il clima 

Nel 2021 il Nobel per la fisica ha premiato, oltre a Giorgio Parisi, Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann, due scienziati pionieri dei modelli climatici. Questi strumenti ci dicono, tra le altre cose, che clima ci possiamo aspettare in futuro in base a quanti gas serra continueremo a immettere in atmosfera.  

Eppure, ci sono ancora scienziati (non climatologi, però) i quali, interpellati dalla stampa, dichiarano che non esisterebbe “la matematica” per attribuire alle attività umane il riscaldamento globale. Nel libro Cherchi e Corti non sprecano tempo a curarsi di negazionismi e complottismi. Le autrici lasciano la spiegazione di come funziona il consenso scientifico all’appendice “miti da sfatare”, e vanno dritte al punto. Ma prima bisogna passare dalle nozioni fondamentali. 

Il libro si apre con un immaginario programma di viaggio. Meta: Inghilterra. Dobbiamo capire bene la distinzione fondamentale tra il meteo, cioè il tempo che troveremo quando atterriamo, e il clima, uno stato medio calcolato su decenni che, per il nostro viaggio, ci informa sulle condizioni che ci possiamo aspettare.  

“Si fa presto a dire clima…” come ricorda il titolo del capitolo: forse, al di là della confusione col meteo, usiamo questa parola un po’ troppo alla leggera. Parliamo di un sistema complesso che comprende atmosfera, oceano, litosfera, biosfera e criosfera, che interagiscono tra loro e che si evolvono su scale temporali diverse. Un sistema che è sempre cambiato, e che ora sta cambiando più rapidamente di quanto sia mai avvenuto. Lo sappiamo grazie a una mole impressionante di dati che ci permettono di ricostruire le temperature anche del lontano passato, oltre alle misure degli ultimi secoli. Questo cambiamento non è come gli altri, cioè è trainato dall’effetto dei gas serra che la nostra specie ha cominciato a liberare in atmosfera. Lo sappiamo, appunto, grazie alla fisica e alla matematica. 

Il clima si studia con la fisica e la matematica 

Le leggi e le teorie che descrivono il clima, dalla meccanica alla termodinamica, sono note da secoli e molte di queste si studiano a scuola. Il famigerato “effetto serra”, che spiega perché certi gas in atmosfera a parità di condizioni concorrono all’innalzamento della temperatura di un pianeta, è stato teorizzato nell’Ottocento. Nel libro Cherchi e Corti costruiscono una serra immaginaria e fanno un semplice calcolo per capirlo ancora meglio. Senza l’effetto serra la Terra sarebbe troppo fredda per la vita, ma un rapido accumulo di nuovi gas serra può far salire molto la temperatura.  

Il pianeta non è però come la nostra serra ideale, e il clima è un sistema complesso, cioè comprende molte parti che si influenzano a vicenda. Ma questo non vuol dire che sia al di là della nostra comprensione. Negli anni Sessanta del Novecento il meteorologo e matematico Edward Lorenz costruì un semplice modello matematico dell’atmosfera, basato sulle equazioni della fisica, che innescò la rivoluzione nota come teoria del caos (deterministico).  

«Lorenz scoprì che, nonostante il determinismo, nel caso di alcuni sistemi anche apparentemente semplici, esisteva un orizzonte di predicibilità, ovvero anche sapendo risolvere perfettamente le equazioni del moto non era possibile fare previsioni per il futuro con un anticipo indefinito. [...] piccole variazioni delle condizioni iniziali producono grandi variazioni nel comportamento a lungo termine del sistema.»

Per questo, spiegano le autrici, non potremo mai sapere che tempo farà da qualche parte il 21 marzo 2050 partendo dai dati di oggi, perché avremo superato (e di molto!) l’orizzonte di predicibilità, anche del più perfetto dei modelli. I modelli climatici, però, non servono a sapere se pioverà a Pasquetta il prossimo anno. Possono invece dirci con quanta probabilità arriveremo a una certa temperatura media (una proprietà statistica) al variare di proprietà esterne al sistema climatico dette forzanti.

Oltre a eruzioni vulcaniche e cambiamento dell’attività solare, la forzante che più ci interessa è appunto la quantità di gas serra presente in atmosfera. Questa forzante è un po’ il timone del cambiamento climatico, e trascina il clima da uno stato all’altro indipendentemente dalle condizioni iniziali.

«[...] un ipotetico modellista climatico vissuto negli anni Cinquanta dell’Ottocento avrebbe potuto prevedere (in linea di principio) il riscaldamento globale se avesse conosciuto in anticipo il tasso di aumento dei gas serra e aerosol, insieme ai tempi delle eruzioni vulcaniche e alle variazioni dell’attività solare.»

Non sono solo teorie: sappiamo che ci possiamo fidare dei modelli climatici perché se usiamo i dati in nostro possesso per simulare il clima del passato (previsioni retrospettive) le temperature osservate sono all’interno del margine di errore dei modelli. E questo accade solo se si considera nel modello la CO2 immessa in atmosfera dagli esseri umani. 

Vivere in un hot spot climatico: il Mediterraneo 

Quando guardiamo al 2050 dobbiamo quindi considerare che le nostre emissioni scaldano il pianeta, considerando anche quelle future. Gli scenari di emissioni su cui si basano i modelli possono essere quindi più o meno “ottimistici”: la temperatura media stimata per un certo intervallo temporale sarà più o meno elevata rispetto al periodo di riferimento (1850-1900) a seconda di quanto, e quanto in fretta, stimiamo di ridurre le emissioni considerando possibili sviluppi economici e sociali. Ma che cosa vuol dire vivere in un mondo più caldo di 2, 3, o 4 gradi? Il riscaldamento è globale, ma i cambiamenti climatici cambiano da regione a regione, e per alcune le proiezioni dei modelli indicano mutamenti drastici. È il caso anche del nostro Mediterraneo, una delle regioni chiave trattate nel libro.  

Oltre a essere un hot spot di biodiversità, il Mar Mediterraneo è anche un hot spot climatico, e non c’è da rallegrarsi. Significa che la regione del mondo dove abitiamo è molto reattiva al riscaldamento globale. Per esempio, gli eventi siccitosi degli ultimi anni non sono un “caso”, ma fanno parte di un andamento ben osservato dagli scienziati e che è destinato a intensificarsi con l’aumento del riscaldamento. Questa regione è molto particolare, sia per gli ecosistemi che ospita, sia per le persone che da quegli ecosistemi dipendono. Inoltre il Mediterraneo è da sempre un’area attraversata da migrazioni umane, che già oggi sono in parte dovute ai cambiamenti climatici. La regione rischia di essere radicalmente trasformata nelle condizioni di aridità e temperatura che si prospettano, e l’impatto sulla popolazione in termini di salute, produzione di cibo, economia, potrebbe essere devastante. 

Al cambiamento climatico Aula di Scienze ha dedicato lo speciale Quanto ne sai sul cambiamento del clima?

È tutto perduto? 

Se con uno schiocco di dita potessimo azzerare le emissioni di gas serra, che cosa succederebbe al clima? Nulla, almeno per molto tempo. Il sistema climatico ha una enorme inerzia, e in atmosfera abbiamo già immesso CO2 sufficiente a rendere alcuni processi irreversibili.
Questo è un dato di fatto, ma non vuol dire che dobbiamo gettare la spugna. Un pianeta con 2 gradi in più sarà comunque più vivibile di uno con 3 o addirittura 4 gradi in più. Se da un lato ci dobbiamo adattare, dall’altro siamo ancora in tempo per evitare che la Terra diventi ostile alla vita umana (e non).  

Questo è il motivo per cui esiste l’IPCC, che per conto delle Nazioni Unite si occupa periodicamente di “fare il punto” sulle nostre conoscenze del clima e i nostri margini di azione. Le autrici ci raccontano come nasce il rapporto a cui hanno lavorato, assieme agli scienziati e alle scienziate di tutto il mondo, svelando l’importanza del ruolo sociale della scienza. I rapporti sono scritti nell’arco di molti mesi dai migliori esperti del campo, e senza alcun compenso. I testi sono continuamente revisionati dai gruppi di lavoro e ogni bozza è poi vagliata da altri esperti.

Se vuoi approfondire, puoi leggere l’articolo A cosa servono i rapporti IPCC  di Giancarlo Sturloni.

Questi rapporti sono rivolti alla comunità scientifica e agli esperti del settore, ma non solo. Viene prodotto un riassunto in un linguaggio meno tecnico, comprensibile anche ai decisori politici i quali dovrebbero prendere atto delle conoscenze acquisite e intraprendere le necessarie contromisure.   

«Non tutti lo sanno, ma il sommario per i decisori politici viene letto in plenaria e approvato riga per riga. Questo è un passaggio molto importante ma anche molto complicato per noi scienziati. È complicato perché comunicare in modo semplice concetti complessi è qualcosa che va studiato, e non tutti hanno le capacità per farlo bene. Servono molta pazienza per ascoltare e capire le necessità dei delegati politici e molta concentrazione affinché il contenuto scientifico non sia distorto o disperso nel processo di semplificazione dei concetti.»

Quindi no, non è tutto perduto. Certo, è da molto, molto tempo che gli scienziati ci stanno mettendo in guardia, e cominciamo a vedere coi nostri occhi che avevano ragione. Ora ci stanno dicendo, anche con questo libro, che il tempo stringe, perché agire oggi sulle emissioni significa ridurre il rischio di dover accettare drastici adattamenti domani.  

Questa è l’intervista alle autrici registrata nel 2021 su molti dei temi trattati nel libro:
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Le temperature osservate combaciano con quelle ottenute dai modelli solo se questi considerano le attività umane. Grafico adattato da: IPCC, 2021: Summary for Policymakers. In: Climate Change 2021: The Physical Science Basis.
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La copertina del libro Clima 2050 – La matematica e la fisica per il futuro del sistema Terra