Com’è definito il numero e?
Per arrivare a una definizione formale, consideriamo questa successione: (1 + 1/2)2 = 2,25 (1 + 1/3)3 = 2,37037... (1 + 1/4)4 = 2,44140625 (1 + 1/5)5 = 2,48832 . . . (1 + 1/100)100 = 2,704813829... . . . Al crescere di n, la successione (1 + 1/n)n tende a e. In formule, Per dare un significato pratico a questa definizione si può ricorrere a un episodio avvenuto realmente. Nel 1683 il matematico svizzero Jakob Bernoulli si trovò di fronte a un problema di economia: calcolare gli interessi su un capitale investito. Semplificando, possiamo immaginare, per comodità di calcolo, un modello inverosimile con un capitale iniziale di 1 euro e un tasso di interesse del 100% annuo. Dopo 1 anno, il capitale è dunque di(1 + 1) = 2 euro.
Supponiamo ora che l’interesse venga calcolato non una volta all’anno al 100%, ma due volte all’anno al 50%. Allora dopo i primi 6 mesi il capitale è di (1 + ½) = 1,50 euro. E dopo altri 6 mesi (considerando che il capitale adesso è di 1,50 euro) è di (1 + ½) + ½ (1 + ½). Raccogliendo il fattore (1 + ½) si trova:(1 + ½)2 = 2,25 euro.
Al passo successivo immaginiamo che l’interesse sia calcolato 3 volte all’anno. Ripetendo il ragionamento precedente, dopo 4 mesi abbiamo (1 + 1/3), dopo altri 4 mesi (1 + 1/3) + 1/3(1 + 1/3). Infine, al termine dell’anno abbiamo (1 + 1/3) + (1 + 1/3) + 1/3(1 + 1/3) + 1/3[(1 + 1/3) + 1/3(1 + 1/3)]. Ragionando come nel caso precedente, si ottiene (1 + 1/3)2 + 1/3(1 + 1/3)2 , cioè(1 + 1/3)3, uguale a circa 2,37037 euro.
Proseguendo di questo passo, se l’interesse viene calcolato ogni giorno, alla fine dell’anno il capitale è di(1 + 1/365)365, uguale a circa 2,714567482 euro.
In generale, se viene calcolato n volte all’anno, il capitale finale è di(1 + 1/n)n.
Al crescere di n, il valore tende a e.
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Perché il numero e è così importante in matematica?
Le funzioni esponenziali sono quelle della forma y = ax, per qualunque numero a reale positivo. La loro caratteristica principale è quella di crescere, all’aumentare di x, più velocemente di ogni altra funzione. Tra le funzioni esponenziali, la più significativa è quella in cui a = e, per un motivo preciso: se si traccia il grafico della funzione y = ex, in ogni punto la tangente alla curva ha una pendenza pari al valore della funzione in quel punto. Per esempio, la tangente alla curva y = ex nel punto di coordinate (1, e) ha equazione y = e · x
Grafico della funzione y = ex e della sua retta tangente nel punto (1, e), di equazione y = e · x
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In termini tecnici, in ogni punto la derivata della funzione y = ex è uguale alla funzione stessa. Ed è l’unica funzione ad avere questa proprietà, a parte quelle della forma quasi identica y = ex + k, con k numero reale qualsiasi (quando k = 0 si ritrova la funzione di partenza). Da questa proprietà relativamente semplice ne seguono moltissime altre, per cui il numero e è di importanza fondamentale in uno dei campi più vasti della matematica: l’analisi o calcolo infinitesimale, sviluppato da Newton e Leibniz a partire dalla fine del Seicento.
Una delle più rilevanti fra queste conseguenze riguarda il logaritmo, che è la funzione inversa dell’esponenziale: per definizione, se ac = b, allora c = loga(b). Dato che in matematica la funzione esponenziale “principe” ha base e, hanno base e anche i logaritmi più utilizzati, tanto che spesso si scrive log(x) per intendere loge(x), sottintendendo la base. I logaritmi in base e sono anzi chiamati “naturali”, e per questo si usa anche la notazione ln(x), dove ln sta appunto per “logaritmo naturale”.
Proprio l’uso dei logaritmi permette di ricondurre ogni funzione esponenziale alla base e, secondo la formula ax = exlog(a). Per esempio, la funzione y = 10x si scrive equivalentemente come y = exlog(10), dove log(10) = 2,302585092994...
Che cos’è una curva gaussiana?
Il numero e è fondamentale anche nel campo della statistica, per via di un’altra funzione: È chiamata anche curva gaussiana perché è stata studiata da Carl Friedrich Gauss, considerato da molti il più grande matematico della storia. Il suo grafico ha una caratteristica forma “a campana”:
Grafico di una curva gaussiana con la caratteristica forma "a campana"
In realtà le gaussiane sono un’intera categoria di curve, ma accomunate da alcune caratteristiche fondamentali: sono tutte esponenziali con base e in cui il termine x all’esponente compare al quadrato e con il segno meno. Nelle diverse gaussiane il “picco” al centro può essere più pronunciato, e in questo caso le “code” agli estremi scendono più rapidamente verso lo zero, e viceversa.
La famiglia della gaussiane
La gaussiana è onnipresente in statistica, ed è stata definita da alcuni la funzione più importante della matematica perché in un certo senso esiste in natura: è “disegnata” da molti fenomeni statistici.
Immaginiamo per esempio una pallina che scende lungo un piano inclinato in cui è disposto un reticolo di chiodini, e va a finire in uno degli scomparti alla base. Questo dispositivo si chiama macchina di Galton dal nome del suo inventore, lo scienziato inglese Francis Galton.
Ogni volta che incontra un chiodino, la pallina può andare a destra o a sinistra, con il 50% di probabilità. A seconda di quante volte andrà a destra e quante a sinistra, finirà in un certo scomparto: se va sempre a sinistra finirà nel primo, se va sempre a destra finirà nell’ultimo; se va metà delle volte a destra e metà a sinistra finirà nello scomparto centrale. Dato che ogni volta la probabilità è del 50%, l’esito più probabile è proprio lo scomparto centrale, e i meno probabili quelli alle due estremità. L’effetto sarà evidente se si lanciano tante palline: il loro numero sarà più alto nello scomparto centrale e diminuirà mano mano che ci si allontana a destra o a sinistra. La disposizione finale delle palline disegnerà proprio una curva gaussiana. E più numerose sono le palline, migliore sarà l’aderenza alla curva.
È il senso della statistica: è impossibile pronosticare l’esito di una singola pallina, ma sui grandi numeri si possono prevedere gli andamenti generali.
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Perché il numero e di Nepero si chiama così?
Il primo a usare il simbolo e è stato, nel Settecento, un altro grande matematico svizzero, Leonhard Euler (italianizzato in Eulero): uno dei più versatili matematici della storia, e di sicuro il più prolifico (50 anni dopo la sua morte ancora si pubblicavano a pieno ritmo le sue opere inedite!). Alcuni pensano che e stia per l’iniziale dello stesso Eulero, ma in realtà non è chiaro il motivo della scelta. Forse lo intendeva come iniziale di “esponenziale”, o forse più semplicemente era la prima lettera libera, che cioè non aveva ancora usato come simbolo.
Leonhard Euler, italianizzato in Eulero (immagine: wikipedia)
Fu lo stesso Eulero, nel 1737, il primo a dimostrare che e è un numero irrazionale, che cioè non si può scrivere come frazione di due numeri interi; o, equivalentemente, che le sue cifre decimali sono infinite e non periodiche. Molto tempo dopo, nel 1873, il francese Charles Hermite dimostrò che e è anche trascendente: come per esempio π, e a differenza di numeri irrazionali come √2, non è la soluzione di nessuna equazione algebrica a coefficienti interi.
Era stato invece Newton, già nel 1671, a trovare la formula più comoda per calcolare e (ma senza dargli un nome):
O, più formalmente,
Il primo a dargli un nome (oltre che una buona approssimazione) fu invece il tedesco Gottfried Wilhelm von Leibniz, nel 1690: il suo simbolo, curiosamente trascurato dalla posterità, non era e bensì b.
La domanda semmai è perché si chiama numero di Nepero, dato che così tanti grandi matematici lo hanno studiato mentre Nepero non lo conosceva neanche. Il fatto è che lo scozzese John Napier (italianizzato in Nepero), fra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, era stato uno dei pionieri nello studio dei logaritmi – termine che coniò lui stesso dalle parole greche λόγος (lógos, cioè rapporto) e ἀριθμός (arithmós, numero): uno strumento che si rivelò utilissimo per eseguire i calcoli fino alla diffusione delle calcolatrici elettroniche negli ultimi decenni del Novecento. In un’ottica moderna, le definizioni di Nepero appaiono piuttosto involute, ma in definitiva i suoi possono essere considerati logaritmi in base 1/e: in qualche senso dunque è stato lui il primo ad avere un’idea del numero che quindi giustamente porta il suo nome.
John Napier, italianizzato in Nepero (immagine: wikipedia)
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Come fare per ricordarsi le cifre di e?
Anche se in generale il susseguirsi delle cifre decimali di e non ha alcuna regolarità, le prime presentano un andamento curioso. Per vederlo, basta spaziarle così:2,7 1828 1828 45 90 45...
In alternativa, un trucco molto diffuso per memorizzare una serie di cifre consiste nell’imparare una frase (meglio se in versi) in cui ogni parola ha il numero di lettere della cifra corrispondente. Nel caso di e, la prima parola deve avere 2 lettere, la seconda 7, la terza 1, e così via. Nel 1935 la rivista Sapere indisse un concorso chiedendo ai lettori di cimentarsi in una frase o filastrocca di questo tipo proprio per il numero e. Fra le numerose risposte pervenute, alcune erano esistenziali: La fedeltà è promessa, la felicità è speranza, la gioventù sola resta illusione. Altre più prosaiche: La bambina è affamata, la minestra è squisita, la scodella vien tosto terminata. O più maligne: La suocera è serpente, se ammalata è arsenico, se moritura, pace. Fu premiata quella che non solo facilitava la memorizzazione grazie alla musicalità dei versi, ma parlava proprio del numero e: Ai modesti o vanitosi, ai violenti o timorosi do, cantando gaio ritmo, logaritmo. Tutte si fermavano al massimo dopo 12 cifre decimali. E il motivo è evidente: la cifra successiva è 0.