Nel mondo, gli utenti attivi di Facebook continuano a crescere e nel corso del 2023 hanno superato i tre miliardi. È un risultato impossibile da sottostimare: se si esclude la Cina (dove Facebook è vietato) con i suoi 1,1 miliardi di abitanti connessi alla rete, nel mondo ci sono 4,5 miliardi di utenti internet. Significa che due utenti internet su tre in tutto il mondo utilizzano Facebook almeno una volta al mese.
Se si osservano i dati più da vicino, si nota come dietro la crescita apparentemente inarrestabile del più importante social network si nasconda però una storia molto diversa. Dalla fine del 2021 alla fine del 2023 (e prima che Meta smettesse di divulgare i dati relativi ai singoli social), Facebook ha perso 19 milioni di utenti in Europa e ha più recentemente smesso di crescere anche in Nord America.
Da una parte, è inevitabile: nei mercati più maturi, il social network fondato oltre vent’anni fa da Mark Zuckerberg ha raggiunto il punto di saturazione, mentre nel resto del mondo continua a crescere (seppur a ritmi molto più lenti rispetto al passato). Oltre a essere un destino inevitabile, il declino occidentale di Facebook non rappresenterebbe un particolare problema se fosse compensato da una contemporanea continua crescita di Instagram, il social che negli ultimi anni è diventato – almeno in Europa e Stati Uniti – il più importante della famiglia Meta.
Utenti sempre più “vecchi” e “pigri”
Eppure, anche Instagram sta affrontando alcune importanti difficoltà, relative soprattutto alla distribuzione anagrafica dei suoi utenti. Nel mondo, gli utenti di Instagram che hanno tra i 25 e i 34 anni stanno per superare quelli che hanno invece tra i 18 e i 24 anni (che per lungo tempo sono stati nettamente la maggioranza). Un sorpasso che nei mercati occidentali – Italia compresa – è già avvenuto. Tutto questo significa una sola cosa: la popolazione di Instagram, come anche quella di Facebook, sta rapidamente invecchiando.
Peggio ancora: come notato per la prima volta nel 2016 – e come confermato anche nel 2024 – gli utenti presenti sui due social network di Meta postano sempre meno contenuti. È un calo che pone un rischio potenzialmente esistenziale: meno contenuti significa minore attività, quindi meno tempo passato sulla piattaforma, meno dati utilizzabili per targettizzare la pubblicità e anche meno inserzioni visualizzate.
Quali sono le ragioni di questa dinamica? Davvero, come sospettato (forse frettolosamente) da alcuni analisti, i giovani sono “in fuga da smartphone e social network”? In realtà, la situazione è più complessa: tutte le criticità finora citate non prefigurano la fine dei social network, ma semmai una loro radicale trasformazione.
Come dimostrato per la prima volta in un paper del 2014, uno dei principali ostacoli alla pubblicazione da parte degli utenti di contenuti privati (fotografie, opinioni, ricordi, ecc.) è rappresentato dal cosiddetto “collasso dei contesti” che si verifica sui social network. È un termine che indica come su Facebook e Instagram si fondano contesti molto differenti delle nostre vite: tra i contatti annoveriamo colleghi, amici d’infanzia, ex compagni che non vediamo da una vita, persone che abbiamo appena conosciuto, parenti e altro ancora.
In questa situazione, come possiamo sentirci a nostro agio a pubblicare le foto dell’ultima festa a cui abbiamo partecipato, sapendo che la vedranno anche i colleghi e i superiori? Come possiamo esternare serenamente le nostre opinioni politiche se il rischio è di trovarci a discutere con un parente che a malapena conosciamo? Come possiamo mostrare un lato di noi che vada bene a tutti? Nella vita offline, ciascuno di noi è una persona parzialmente diversa a seconda del contesto in cui si trova. Su Facebook e Instagram questi contesti collassano in un unico amalgama, costringendoci ad assumere una personalità monodimensionale e, necessariamente, ben poco spontanea. Il risultato, mano a mano che i nostri contatti aumentavano e si diversificavano, è stato la graduale diminuzione dei contenuti privati pubblicati sui social network.
Da social network a social media: la crescita di TikTok
È per questo che l’unica piattaforma realmente di successo degli ultimi anni è proprio quella che meglio di tutte le altre ha interpretato questo fondamentale aspetto del nostro rapporto con i social network, ovvero TikTok. L’app della cinese ByteDance non ha solo superato i 2 miliardi di utenti (avvicinandosi quindi moltissimo a Instagram), ma continua a crescere a tassi a doppia cifra, e soprattutto tiene i suoi utenti incollati allo schermo per un tempo quasi doppio rispetto a Instagram (52 minuti al giorno contro 28).
Perché una differenza così spiccata rispetto ai concorrenti? Probabilmente perché – come sottolineato in numerose analisi – TikTok è stata la prima piattaforma a comprendere appieno come i social network stessero diventando dei social media. L’esperto di nuovi media Ben Smith sul New York Times ha per esempio scritto:
A differenza delle piattaforme che sta rapidamente sostituendo, TikTok ha una funzione più di intrattenimento che di connessione con gli amici.
Su TikTok gli utenti non sono incentivati a postare contenuti personali da condividere con amici e conoscenti, ma semplicemente a consumare quelli prodotti da creator professionisti e aspiranti tali: TikTok ricorda più una piccola televisione, formato smartphone e dal rapido consumo, di quanto non ricordi Facebook o X. Un aspetto dimostrato anche dalla statistica secondo cui la metà degli utenti di TikTok non ha mai pubblicato nulla sulla piattaforma, e solo una ridottissima minoranza pubblica contenuti regolarmente.
Non è quindi un caso che la recentissima (e limitata) risalita in popolarità – evidenziata dall’ultimo report di Pew Research – di Facebook e Instagram tra gli adolescenti sia avvenuto soltanto in seguito a quella che è stata definita la “tiktokizzazione” delle piattaforme di Meta, che prediligono sempre di più la diffusione di contenuti selezionati dall’algoritmo e prodotti da creator professionisti (o aspiranti tali), riducendo contestualmente i post di amici e personalità seguite.
I falò digitali
E quindi, tutto ciò significa che gli utenti – e i giovanissimi in particolar modo – non sono più interessati a scambiare contenuti, esperienze e opinioni? In realtà, hanno semplicemente smesso di postare sui social e iniziato a condividere sempre più contenuti su quelli che, sulla Harvard Business Review, Sara Wilson ha definito “digital campfire” (falò digitali). Luoghi intimi, in cui è possibile incontrarsi in piccoli gruppi caratterizzati da amicizie profonde, interessi comuni o esperienze condivise.
In poche parole, si tratta dei gruppi di Whatsapp, dei canali di Instagram o dei server di Discord, dove possiamo sfuggire al collasso dei contesti, comportarci in maniera spontanea e coerente con le persone che, in quello specifico ambiente, ci circondano e sentirci al riparo da sguardi indiscreti. Una ricerca dell’agenzia ZAK ha effettivamente mostrato come oggi il 60% degli under 30 preferisca comunicare tramite messaggi privati invece che sui feed pubblici dei social network. A questo proposito, la Harvard Business Review ha scritto:
Dopo anni trascorsi a costruire delle identità online attentamente curate e ad accumulare contatti, gli utenti più giovani dei social network sentono il bisogno di tornare a essere se stessi.
In un’intervista al podcast 20VC, il responsabile di Instagram Adam Mosseri aveva confermato questa tendenza:
Se osservi il comportamento degli adolescenti su Instagram, si nota come ormai passino più tempo sui messaggi di quanto non facciano sulle storie o sul feed principale.
D’altra parte, già in un post del 2019 lo stesso Mark Zuckerberg aveva segnalato questo cambiamento, indicando come i messaggi privati e i piccoli gruppi fossero “di gran lunga” le aree dove si osservava la maggiore crescita.
Non siamo quindi di fronte alla fine dei social network, ma a una loro trasformazione e biforcazione: da una parte, i social media (sempre più simili a una tv per l’epoca degli smartphone); dall’altra, i falò digitali che liberano gli utenti dalla pressione dei social. È un cambiamento che potrebbe anche avere risvolti positivi, rendendo il mondo online un luogo più spontaneo e più libero.
immagine di copertina: rungaroon / 123RF