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Dalla magia alla matematica: i quadrati magici

La loro origine è antichissima e nel corso dei secoli hanno lasciato tracce anche nel mondo dell'arte. Ancora oggi conservano inalterata una forza simbolica che cattura matematici e affascina enigmisti. Ma che cosa sono i quadrati magici?
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Molto tempo prima che nascesse il metodo scientifico, era il pensiero magico la forma di conoscenza più naturale, ed era lo stregone il depositario del sapere. Tutto quello che sfuggiva alla comprensione immediata rientrava nella sfera dell’occulto, e il termine “magico” veniva attribuito a tutto ciò che appariva misterioso o strabiliante. In molti casi l’attributo si è conservato ancora oggi, perfino nel caso di enti matematici che ovviamente, in quanto tali, non hanno nulla a che vedere con la magia, se non un grande fascino: i quadrati magici.  

Cosa sono i quadrati magici e quali sono le loro proprietà?

Un quadrato magico è una tabella quadrata, con n righe e n colonne, nella quale ogni casella è occupata da un numero intero positivo, con le seguenti particolarità: la somma dei numeri di ogni riga (cioè in orizzontale), di ogni colonna (cioè in verticale) e di ognuna delle due diagonali è costante: questo valore è chiamato costante di magia del quadrato. Ecco per esempio un quadrato magico di ordine 3 (cioè una tabella 3 per 3) con costante di magia uguale a 15: Tutto torna, i numeri si incastrano in modo mirabile: non c’è da stupirsi che questa bellezza abbia potuto far pensare a qualcosa di miracoloso. Un quadrato magico di ordine n in cui compaiono tutti i numeri da 1 a n2 è chiamato quadrato magico perfetto (notare che la perfezione, a differenza della magia, è una qualità che ben si sposa con la matematica): l’esempio appena visto è dunque un quadrato magico perfetto. In un quadrato magico perfetto di ordine n, la costante di magia è uguale a n(n2 + 1)/2. Nel caso n = 3 infatti è 15. Dato un quadrato magico, se ne possono ricavare molti altri: per esempio scambiando le righe con le colonne, oppure sommando uno stesso numero a tutti i numeri del quadrato. Partendo dal primo quadrato, scambiando righe e colonne si ottiene quest’altro:

  Sommando invece 10 a ogni numero, si trova questo:

  Nel primo caso il quadrato magico è ancora perfetto e la costante di magia rimane invariata, nel secondo invece no: la nuova costante di magia è 15 + (3 ∙ 10) = 45. Gli studi si sono concentrati soprattutto sui quadrati magici perfetti, i più interessanti da molti punti di vista. Per n = 1 esiste un unico quadrato magico perfetto:

 

Per n = 2 non ce n’è nessuno, mentre per n = 3 ce ne sono molti, ma tutti ottenibili da quello visto sopra per mezzo di rotazioni (cioè scambiando righe e colonne) o riflessioni (cioè invertendo l’ordine delle righe o delle colonne). Per n = 4, esistono 880 quadrati magici perfetti diversi fra loro, cioè non ottenibili l’uno dall’altro con rotazioni o riflessioni: lo ha dimostrato nel Seicento il matematico francese Bernard Frénicle de Bessy. Infine, per n = 5, i quadrati magici perfetti diversi fra loro sono 275.305.224, come ha dimostrato nel 1973 il matematico americano Richard Schroeppel (con l’ausilio del computer). Invece per n > 5 ancora non si sa quanti siano: è uno dei più famosi problemi ancora aperti in matematica.
Il prossimo video mostra passo passo come si costruisce un quadrato magico (in inglese):
 

Quando appaiono nella storia?

In Cina i quadrati magici erano conosciuti già in tempi antichi. Il quadrato di ordine 3 dell’esempio iniziale era chiamato Lo Shu, e secondo una leggenda del I secolo era apparso sul dorso di una tartaruga – un animale sacro – uscita dal fiume Lo: evidentemente, anche i cinesi trovavano della magia in questa bellezza matematica; non potevano ritenerla opera umana, e gli uomini potevano solo scoprirla grazie a un evento soprannaturale.
Il dorso della tartaruga con il quadrato magico (ovviamente i numeri sono rappresentati secondo l’antico sistema di numerazione cinese) (immagine: mathsforeurope.digibel.be)
Intorno al VI secolo, o forse anche prima, in India furono scoperti anche i quadrati magici di ordine 4. Uno è raffigurato in un tempio di Khajuraho (India centro-settentrionale), del X secolo.  

Il quadrato magico nel tempio di Khajuraho (immagine: Wikimedia)
In Occidente i quadrati magici arrivarono intorno al 1200 grazie agli arabi (che già nel X secolo conoscevano anche quelli di ordine maggiore o uguale a 5). A quanto ne sappiamo, infatti, i matematici greci ed ellenistici, nonostante i loro prodigiosi risultati, non si erano avventurati in questo campo. All’inizio del Trecento lo studioso bizantino Manuele Moscopulo scrisse il primo trattato europeo sui quadrati magici con un approccio puramente matematico: l’argomento “magico” entrava nella sfera della ragione. La diffusione definitiva dei quadrati magici avvenne nel Quattrocento, principalmente ad opera del matematico italiano Luca Pacioli.  

Cosa hanno a che vedere i quadrati magici con l’arte?

Lo spirito rinascimentale aveva la tendenza a trovare un’armonia fra l’uomo, l’arte, la natura e Dio: il matematico rinascimentale era anche scienziato, filosofo e artista. Così i quadrati magici, appena sbarcati in Europa, ispirarono anche le arti figurative. Il caso più famoso è l’incisione del grande pittore tedesco Albrecht Dürer intitolata Melancholia, che ha sempre suscitato grande interesse per il soggetto “psicologico” e l’abbondanza di simboli in alcuni casi enigmatici. Fra questi, proprio al di sopra della personificazione della malinconia, compare un quadrato magico perfetto di ordine 4:

Albrecht Dürer, Melancholia (immagine: mathsforeurope.digibel.be)
Al centro dell’ultima riga appaiono i numeri 15 e 14: affiancati, si possono leggere come 1514, l’anno a cui risale l’opera. Ai lati della “data” compaiono i numeri 4 e 1, che corrispondono alle lettere D e A: le iniziali dell’autore. Ma il quadrato magico di Dürer è interessante anche dal punto di vista matematico: la costante di magia (34) si trova non solo sommando lungo le righe, le colonne e le diagonali, ma anche sommando i quattro numeri ai vertici del quadrato (16, 13, 4 e 1), o ancora i quattro numeri al centro (10, 11, 6 e 7). Non solo: se si divide il quadrato a metà in verticale e in orizzontale, si ottengono quattro quadrati magici di ordine 2, anch’essi con la costante di magia pari a 34. La presenza di un quadrato magico in un contesto di riferimenti esoterici non deve stupire. Nel Rinascimento prosperavano le arti occulte. La filosofia neoplatonica, diffusa in Europa a partire dal Quattrocento, univa al pensiero di Platone e dei suoi seguaci elementi astrologici, ermetici e cabalistici: in una parola, magici. Così, nonostante il trattato di Moscopulo e quelli che l’hanno seguito, i quadrati magici hanno conservato una doppia valenza: da un lato venivano studiati in modo logico e rigoroso, dall’altro erano caricati di riferimenti simbolici. I due aspetti potevano convivere nella stessa persona: lo stesso Luca Pacioli credeva a una strana teoria secondo cui i quadrati magici erano in qualche modo legati all’armonia delle sfere celesti. Questa doppia angolazione è continuata ben oltre il Rinascimento. Lo dimostra un altro esempio famoso: la Sagrada Familia, la visionaria basilica progettata alla fine dell’Ottocento dall’architetto Antoni Gaudí a Barcellona. Uno degli artisti che hanno collaborato alla realizzazione della chiesa, Josep Subirachs, ha rappresentato un quadrato magico nella scena scultorea che ritrae il bacio di Giuda.
Il quadrato magico della Sagrada Familia (Josep Subirachs) (immagine: wikipedia)
Come Dürer, Subirachs ha optato per un quadrato magico di ordine 4, ma molto meno speciale da un punto di vista matematico. Non è neanche un quadrato magico perfetto, dato che compaiono due volte il 10 e il 14, mentre mancano il 12 e il 16: tutto pur di avere come costante di magia 33, cioè gli anni di Cristo: una scelta più che appropriata, in una chiesa e per di più in una scena della passione. E dato che la costante di magia di un quadrato magico perfetto di ordine 4 è 34, Subirachs ha dovuto “forzarla” un po’, ottenendo un quadrato non perfetto. Non è una caduta di stile: è l’ennesima testimonianza che, nell’immaginario e nell’arte, i quadrati magici hanno sempre avuto rimandi non solo alla matematica ma anche a precisi messaggi simbolici e religiosi.  

Esistono varianti dei quadrati magici?

La ricerca di varianti, generalizzazioni e casi particolari è uno dei princìpi che guidano la ricerca matematica. I matematici tendono sempre a generalizzare definizioni e risultati e a trovare varianti. Un settore allettante come quello dei quadrati magici non poteva fare eccezione. Una generalizzazione di un quadrato magico è un quadrato che ha solo alcune delle sue proprietà. Per esempio, se è costante la somma dei numeri in orizzontale e in verticale, ma non in diagonale, si parla di quadrato quasi-magico (o semi-magico). Per esempio questo:

 

Viceversa, fra i casi particolari ci sono quadrati magici che hanno anche alcune proprietà aggiuntive. Ecco per esempio un quadrato magico primo, cioè formato solo da numeri primi:

 

Un altro caso è quello dei quadrati bimagici: quadrati magici in cui, elevando al quadrato ogni elemento, si ottiene un altro quadrato magico. Eccone uno (provare per credere):

Oltre ai casi con proprietà in meno e quelli con proprietà in più, ci sono quelli in cui le proprietà sono in qualche modo contrarie: nei quadrati eteromagici le somme di ogni riga, di ogni colonna e di ogni diagonale danno valori tutti diversi fra loro anziché tutti uguali. Per esempio questo:

Un’altra variante si ottiene se si mantiene l’enunciato cambiando l’operazione: se il prodotto in orizzontale, verticale e diagonale è costante si parla di quadrato magico moltiplicativo. Ecco un esempio di ordine 3, in cui la costante di magia moltiplicativa vale 216:

 

Una generalizzazione di tutt’altro genere consiste nel cambiare forma: in un esagono magico è costante la somma dei numeri in qualsiasi direzione. Eccone uno con la costante di magia uguale a 38:  

Un esagono magico (immagine: Wikimedia)
  È da notare che, anche se la somma è sempre la stessa, può cambiare il numero degli addendi: lungo la prima riga sono 3, lungo la seconda 4 e lungo la terza 5. Un’altra variante è passare da due dimensioni a tre: in un cubo magico (da non confondere con il cubo di Rubik) è costante la somma in orizzontale, in verticale e in profondità, oltre che lungo le quattro diagonali:  

Un cubo magico (immagine: Wikimedia)
  I matematici hanno pensato anche al corrispettivo in dimensioni maggiori di 3, che ovviamente si possono solo immaginare, non visualizzare. E pensare che tutto era nato da una tartaruga.  

Quali sono le differenze fra quadrati magici e sudoku?

Il sudoku è un gioco che consiste in uno schema quadrato di 9 caselle per 9; in ogni casella va inserito un numero da 1 a 9 in modo tale che in ogni riga, in ogni colonna e in ognuno dei nove quadratini 3 per 3 in cui è suddiviso lo schema compaiano tutti e 9 i numeri. Per risolverlo, bisogna inserire i numeri tenendo conto di quelli già riportati nella griglia iniziale. Per esempio ecco una griglia di sudoku da risolvere, e sotto la soluzione (in rosso i numeri inseriti).

 

 

Nel sudoku i numeri non sono essenziali: l’importante è che ci siano nove simboli diversi, tanto è vero che sono stati pubblicati sudoku con le lettere (qualcuno l’ha chiamato “wordoku”), con le lettere dell’alfabeto greco, con altri disegnini, eccetera. Certo, con i numeri da 1 a 9 è più facile perché si vede subito se ne manca uno e quale: è questo lo schema classico. Un sudoku “numerico” è un parente non troppo lontano dei quadrati magici: dato che in ogni riga e in ogni colonna compaiono i numeri da 1 a 9, la somma dei nove numeri sarà sempre la stessa, cioè 45. D’altra parte, la somma lungo le due diagonali non sarà in generale 45: in pratica, un sudoku appartiene alla categoria dei quadrati quasi-magici. In termini più precisi, è un quadrato latino (cioè appunto un quadrato in cui in ogni riga e in ogni colonna compaiono gli stessi simboli) di ordine 9, con in più la proprietà dei quadratini 3 per 3. Come per i quadrati magici, anche per i sudoku i matematici si sono chiesti quanti ne esistono. Bertram Felgenhauer del Politecnico di Dresda e Franz Jarvis dell’Università di Sheffield hanno calcolato che gli schemi possibili sono ben 6.670.903.752.021.072.936.960, cioè oltre seimila miliardi di miliardi. Nel computo però sono compresi quelli equivalenti, cioè ottenuti da rotazioni, riflessioni o anche scambiando le cifre fra loro (se per esempio in uno schema si sostituiscono tutti i 4 con i 6, e viceversa, lo schema cambia ma la struttura resta la stessa). I sudoku strutturalmente diversi fra loro sono “solo” 5.472.730.538, cioè circa 5 miliardi e mezzo. Le riviste specializzate comunque potranno continuare a pubblicarli a lungo, anche perché il gioco dipende dalla griglia iniziale: se i numeri già inseriti sono diversi fra loro, la soluzione potrà anche essere lo stesso schema, ma nessun solutore se ne accorgerà – e comunque l’importante è che saranno diverse le strategie risolutive, e quindi saranno effettivamente giochi diversi. Qui sorge un’altra domanda: quante sono le possibili griglie iniziali di sudoku? Una griglia iniziale dev’essere tale che esista una soluzione e che sia unica. Ancora non è noto quante sono le possibili griglie “valide”. Quello che si sa è che perché una griglia sia valida devono essere presenti almeno 17 numeri. Viceversa, il numero massimo di numeri inseriti insufficienti a garantire una soluzione unica è 77: uno schema in cui, dato che le caselle sono 81, sono inseriti tutti i numeri tranne quattro. Ecco una griglia non valida, perché la soluzione non è unica:

 

Come i matematici, anche gli enigmisti sono portati a escogitare varianti. Così anche per i sudoku ne sono nate moltissime. Oltre a quelle come il wordoku, ci sono quelle in cui al posto dei nove quadratini 3 per 3 lo schema è suddiviso in riquadri dalle forme più bizzarre, oppure in cui lo schema anziché quadrato è rettangolare (o di altre forme ancora). Una versione più difficile si chiama ipersudoku: è un sudoku normale ma con la regola aggiuntiva che, oltre ai 9 quadratini 3 per 3 abituali, ce ne sono anche altri, parzialmente sovrapposti, in cui devono comparire le cifre da 1 a 9.
Tutte queste varianti del sudoku (e molte altre) si trovano qui (in tedesco).
Una sorta di “meta-sudoku” consiste poi in nove schemi di sudoku, disposti in un quadrato di 3 schemi per 3 schemi. E c’è anche il sudoku cubico! Insomma, la fantasia dei creatori di rompicapi si è davvero sbizzarrita. Manca (forse) solo il sudoku a 4 dimensioni.    
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