Il DNA di ciascun individuo contiene tutte le istruzioni per guidare il suo sviluppo, ma la sequenza di nucleotidi rappresenta solo una parte delle informazioni necessarie. Perché un organismo cresca e si sviluppi è necessario coordinare l’espressione dei geni: anche se tutte le cellule contengono il medesimo DNA, non tutte lo esprimono allo stesso modo. In ogni istante dello sviluppo, è quindi importante che alcuni geni vengano espressi, mentre altri spenti. Coordinare l’espressione dei geni è come dirigere gli strumenti di un’orchestra, controllando con precisione il momento in cui ciascuno deve suonare. Nella cellula, il compito del direttore d’orchestra è affidato all’epigenetica, l’insieme di modificazioni chimiche che accende o spegne un gene. Un po' come le istruzioni che indicano se un brano debba essere suonato adagio, andante o allegro con brio: anche se la sequenza di note rimane la stessa, il risultato sarà molto diverso. Ad esempio, è proprio grazie alla combinazione di geni accesi/spenti che viene guidato il differenziamento cellulare, facendo sì che una cellula diventi un globulo rosso piuttosto che un neurone. Come funziona l’epigenetica? All’interno delle cellule, il DNA si avvolge attorno agli istoni, proteine che, come il DNA stesso, vengono modificate con l’aggiunta o rimozione di gruppi chimici: è così che prende vita il cosiddetto paesaggio epigenetico del DNA, il vero responsabile dell’espressione di un gene. La presenza di gruppi chimici modifica però la struttura della cromatina: alcuni lo fanno arrotolare strettamente, bloccando l’espressione genica ("adagio"), mentre altri fanno assumere al DNA una struttura più “aperta”, che permette la trascrizione del gene ("allegro con brio"). Ad esempio, l’aggiunta di gruppi metile al DNA ne causa la metilazione, un’alterazione che spegne l’espressione genica, mentre l’acetilazione degli istoni la accende.
Il paesaggio epigenetico non è però immutabile e risente degli stimoli ambientali. La dieta, l’inquinamento e lo stress sono tutti elementi in grado di influenzare l’epigenoma, che si modificherà per adattare l’espressione genica al mutevole ambiente in cui viviamo. Se da un lato questa plasticità aumenta le nostre chance di sopravvivenza, dall’altro può avere effetti a lungo termine che solo ora iniziamo a comprendere.
Quali fattori possono modificare il paesaggio epigenetico? Tra tutti i fattori ambientali in grado di modificare l’epigenoma, il più conosciuto è la dieta (studiata dalla nutrigenomica). Alcuni nutrienti (come l’acido folico e le vitamine del gruppo B) vengono incanalati in una via metabolica che favorisce la formazione dei gruppi metile usati per la metilazione del DNA. Di conseguenza, ciò che mangiamo nei primi anni di vita o, addirittura, la dieta che ha seguito nostra madre durante la gravidanza può influenzare profondamente il nostro paesaggio epigenetico.
La forza dell'epigenetica: topi geneticamente identici ma con un diverso grado di metilazione del gene agouti (Fotografia: Wikimedia Commons).
Un ottimo esempio di questo effetto è il gene agouti, presente in tutti i mammiferi. Quando il gene è completamente privo di metilazione, i topi hanno il pelo di colore giallastro e sono più soggetti ad obesità, diabete e tumori. L’opposto vale per i topolini con un gene agouti diffusamente metilato: il pelo è di colore marrone e la predisposizione a malattie molto inferiore. Se però, durante la gravidanza, un topolino giallo e obeso viene nutrito con cibi ricchi in acido folico e vitamine del gruppo B, i suoi piccoli saranno di colore scuro e sani. Questi risultati portano con sé due conclusioni: la notizia cattiva è che la dieta può influenzare l’epigenoma già durante la vita fetale; la buona, è che un paesaggio epigenetico con effetti negativi non è necessariamente immutabile.
La nutrigenomica studia non solo i nutrienti, ma anche i composti tossici assunti con la dieta e che possono influenzare l’epressione genica. Nel 2008, molte industrie interruppero l’utilizzo di plastiche contenenti bisfenolo A (BPA), un composto largamente utilizzato nelle plastiche delle bevande in bottiglia e nelle lattine del cibo in scatola con presunti effetti sulla metilazione del gene agouti. Uno studio è attualmente in corso presso l'Università del Massachusetts per capire come l’esposizione al BPA possa influenzare l'epigenoma degli spermatozoi e avere quindi ripercussioni non solo su chi viene esposto alla sostanza, ma anche sui suoi figli e nipoti. Quali sono le ricadute di un epigenoma “sballato”? Abbiamo visto che l’ambiente può modificare le “etichette” epigenetiche che decorano il DNA e, di conseguenza, avere un effetto diretto sull’espressione dei geni. Si tratta di un fenomeno dalle ricadute potenzialmente pesanti e gli scienziati hanno iniziato a pensare che potesse celare la causa di diverse malattie ancora difficili da curare. Sebbene studiare l’epigenetica nell’uomo sia un’impresa piuttosto ardua, recentemente hanno iniziato ad affiorare le prime conferme a questa intuizione: le alterazioni epigenetiche possono minare il sistema immunitario, scatenare il diabete di tipo II, alterare tratti comportamentali e, infine, far insorgere malattie neurologiche e tumori. Fino a pochi anni, i tumori erano considerati malattie genetiche a tutti gli effetti, causate da un’alterazione nel DNA. Con il tempo, si è poi assodato che anche alterazioni epigenetiche possono generare cellule maligne, come nel caso della leucemia acuta. Rimaneva però oscuro un punto fondamentale: le alterazioni epigenetiche dei tumori sono causate da altre mutazioni o possono agire da primum movens della malattia? La risposta è arrivata di recente: ricercatori del Baylor College of Medicine di Houston hanno dimostrato per la prima volta in un modello animale che, anche in assenza di mutazioni, alterazioni epigenetiche nel gene p16 (che controlla la proliferazione delle cellule) sono sufficienti a causare diversi tumori. Se alcuni tumori sono malattie puramente epigenetiche, allora cambia radicalmente anche il modo di curarli: si può pensare a farmaci in grado di ripristinare le etichette corrette, oppure individuare sostanze o alimenti noti per il loro effetto sul paesaggio epigenetico. Con questa scoperta gli scienziati hanno ora in mano una nuova mappa per lo studio dei tumori: il territorio da esplorare è ancora sconfinato, ma alcuni punti di riferimento sono stati finalmente messi in luce. I caratteri epigenetici sono ereditabili? I marchi epigenetici non sono fissi ed immutabili: le etichette presenti alla nascita di una persona possono modificarsi nel tempo per adattarsi a nuovi stimoli ambientali. Ma questa regola vale sempre o esistono alterazioni epigenetiche che possano essere trasmesse di generazione in generazione? Per trovare alcune eccezioni alla regola basta osservare piante e funghi, ricchi di esempi di caratteri epigenetici ereditabili.
Identificare meccanismi simili negli organismi più complessi è più difficile, ma non impossibile. Lo dimostra in modo inequivocabile uno studio pubblicato recentemente dalla rivista Science. Studiando spermatozoi di C. elegans con livelli di metilazione più bassi del normale, ricercatori californiani hanno dimostrato che il tratto si mantiene anche nelle generazioni successive: questo avviene nonostante le condizioni sarebbero favorevoli a ripristinare i normali livelli di metilazione. Si tratta della prima dimostrazione che, anche in organismi complessi, le alterazioni epigenetiche possono diventare ereditarie. Se lo stesso fenomeno avvenga anche nell’uomo è ancora oggetto di dibattito. Al momento, i dati più interessanti derivano da uno studio svedese di nutrigenomica. Recuperando i dati sui raccolti e le carestie che, nel corso di duecento anni, hanno caratterizzato una piccola e isolata comunità svedese, i ricercatori hanno messo in luce un chiaro collegamento tra la dieta degli avi e lo stato di salute dei nipoti. In particolare, la dieta che i nonni avevano seguito durante lo sviluppo ha influenzato la predisposizione dei nipoti a diabete e malattie cardiovascolari: il tutto tramite una “semplice” modulazione del paesaggio epigenetico.
Un villaggio svedese di fine Ottocento: uno studio svedese di nutrigenomica ha mostrato per la prima volta che la dieta dei nonni può influenzare la salute dei nipoti (Immagine: Wikimedia Commons).
Se confermata, l’ereditarietà dei tratti epigenetici è destinata ad avere profonde ricadute anche sul modo di interpretare l’evoluzione. Ai cambiamenti del genoma che, mediante mutazioni casuali e la loro successiva selezione, plasmano le generazioni su periodi lunghissimi, si aggiungerebbero le rapide e “volubili” alterazioni dell’epigenoma. Una modifica nell’ambiente potrebbe causare un veloce cambiamento epigenetico in molti individui contemporaneamente. In definitiva, i cambiamenti epigenetici potrebbero rappresentare un modo per trasmettere alle generazioni successive le “esperienze” dei genitori: una scorciatoia per consentire rapidi adattamenti all’ambiente senza bisogno di modificare le sequenze di DNA in modo permanente. Immagine banner: Wikimedia Commons Immagine Box: Shutterstock