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La geologia dei terremoti sull’Appennino

Il sisma del 18 settembre 2023 che ha colpito il Mugello è un effetto della dinamicità geologica dell’area appenninica ben noto agli studiosi

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Lampadari che si muovono, vetri e ceramiche che tintinnano, un rombo sordo che cresce e si trasforma improvvisamente in un boato: alle 5:10 del 18 settembre 2023 gli abitanti del Mugello e delle aree circostanti sono stati svegliati da questi segnali e dalla netta, inaspettata sensazione di essere scossi da una mano invisibile. Si è trattato di un sisma, un terremoto di magnitudo 4.9 con epicentro nei pressi di Marradi (FI), lungo il crinale appenninico che separa Toscana ed Emilia-Romagna. La scossa è stata però avvertita distintamente anche a Bologna, in Romagna e nella Toscana nord-orientale.

La sequenza sismica

Sul sito internet dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, gratuitamente e pubblicamente fruibile, è riportata la lista dei terremoti registrati da una estesa rete di sismografi in tutta Italia, aggiornata in tempo reale. In questa lista, per ogni evento sismico registrato sono riportati tutti i parametri che hanno caratterizzato l’evento, inclusi orario esatto, coordinate e zona geografiche, profondità dell’ipocentro e magnitudo, misura dell’energia liberata durante l’evento.

Il 18 settembre l’evento sismico principale è avvenuto circa 3 km a sud-ovest di Marradi e a una profondità di 8 km. Si è quindi trattato di un terremoto superficiale ed è per questo che è stato avvertito così distintamente: l’energia generata si è propagata velocemente e ha raggiunto la superficie senza essere stata dissipata in modo significativo. Questa combinazione di fattori ha provocato uno scuotimento superficiale intenso. Tale evento è stato anticipato da un altro sisma di magnitudo inferiore, pari a 3.4, avvenuto poco più di mezz’ora prima all’incirca nello stesso luogo. È stato invece seguito da una serie di centinaia di terremoti, chiamati tecnicamente aftershocks, che hanno formato il cosiddetto sciame sismico associato al terremoto principale. Gli aftershocks hanno avuto magnitudo pari o inferiore a 3.4 e si sono verificati fino alle prime ore del 23 settembre 2023.

Fortunatamente, a parte qualche crepa e danno minore ad alcuni edifici nei pressi dell’epicentro, non ci sono state vittime o danneggiamenti gravi. La sequenza sismica, a causa della frequenza degli eventi, ha però generato paura e nervosismo nella popolazione residente e ha convinto il presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani, a dichiarare lo stato d’emergenza: molte persone hanno preferito dormire nelle strutture messe a disposizione dalla Protezione Civile in attesa del termine delle scosse.

Le cause di un sisma
I terremoti sono una delle manifestazioni più comuni ed evidenti della dinamica interna della Terra, e dimostrano come il nostro pianeta sia tutt’altro che immobile e stabile, ma anzi in perenne movimento. Questo continuo movimento, nello strato più esterno del pianeta chiamato crosta terrestre, avviene lungo discontinuità chiamate faglie. Attraverso le faglie due porzioni di crosta possono avvicinarsi, allontanarsi o scorrere l’una rispetto all’altra come porte scorrevoli. Le faglie possono essere di tipo estensionale (faglie dirette o normali), se determinano (o accomodano) un movimento di allontanamento tra i due blocchi rocciosi che si separano generando estensione in superficie, oppure di tipo inverso, se portano all’avvicinamento di due blocchi e quindi a contrazione in superficie. Le rocce presenti lungo le faglie accumulano energia elastica finché giungono a un limite oltre il quale non possono più accumulare tale energia e si rompono, liberandola sotto forma di onda sismica. Il punto di rottura è chiamato ipocentro e l’energia si propaga nella crosta in tutte le direzioni. Quando arriva in superficie dà origine al terremoto. L’epicentro è la proiezione in superficie del punto da cui è stato generato il sisma ed è il punto in cui di solito la scossa è avvertita più intensamente. Per essere precisi, vengono generati due tipi di onde: le onde P o Principali, chiamate così perché sono le prime ad arrivare poiché molto veloci, e le onde S o Secondarie, un po’ più lente delle P poiché si propagano in maniera trasversale.

Geodinamica dell’Appennino settentrionale

Nel caso del 18 settembre, la faglia responsabile dello sciame sismico di Marradi è di tipo estensionale (faglia normale), per cui determina un movimento di allontanamento tra i due blocchi rocciosi e genera estensione superficiale. Anche se a noi può sembrare compatta e non plasmabile, la roccia in superficie si allunga come un tappeto raggrinzito. Infatti, i due blocchi rocciosi si trovano al margine settentrionale del bacino del Mugello, una conca intra-appenninica depressa rispetto alle montagne circostanti, bordata sia a nord-est, sia a sud-ovest da faglie normali. Depressioni simili si trovano anche sul lato tirrenico dell’Appennino settentrionale, come Casentino, Valdarno, Elsa e Radicofani.

La localizzazione del terremoto non è quindi affatto casuale, come non lo sono quelle dei bacini intra-appenninici: riflettono la particolare configurazione geodinamica dell’Appennino Settentrionale. La catena appenninica è infatti il risultato della collisione continentale cominciata 20 milioni di anni fa tra la placca Adria, a est, e la placca Europea, a ovest, con quest’ultima che ha sormontato la prima, costringendola a scorrere al di sotto, mentre si spostava verso est. Tale movimento è tutt’ora in atto, con le propaggini esterne dell’Appennino settentrionale che stanno migrando verso nord-est. Assistiamo dunque agli effetti di una tettonica compressiva e a faglie inverse che portano a un raccorciamento crostale.

Ma a questo fenomeno se ne aggiunge un altro: a partire da circa 10 milioni di anni fa nella porzione interna della catena si è impostato un regime tettonico prevalentemente estensionale, tutt’oggi dominante, che ha portato allo sviluppo dei bacini estensionali intra-appenninici, con conseguente distensione crostale. In pratica la crosta viene “stirata” e si estende grazie allo sviluppo di faglie dirette che intersecano le più antiche faglie inverse. Quindi, se nelle parti periferiche la crosta si accorcia, in alcune parti interne invece si estende.

In questo video Alfonso Bosellini spiega la particolarità geologica degli Appennini. L’estratto fa parte di una lezione sulla geologia dell’Italia tenuta all’Università di Firenze nel marzo 2012. L’intera lezione può essere consultata in questa pagina.

Al contrario di quanto avvenuto per i terremoti in Turchia e Siria del febbraio 2023, la sequenza sismica non si è generata al margine tra due o più placche tettoniche, bensì all’interno di una placca, per quanto comunque in un orogene attivo come l’Appennino.

Una catena orogenica così complessa e attiva non sorprende affatto per la sua sismicità: l’area in cui si è sviluppata la sequenza sismica non è nuova a questi eventi. Questi movimenti sono stati responsabili tra gli altri, del terremoto in Emilia del 2012 o di quello nell’Italia centrale del 2016. Si trova in un’area caratterizzata da rischio sismico moderato secondo quanto riportato della mappa della pericolosità sismica italiana, con accelerazioni attese al suolo, durante un evento sismico, niente affatto sottovalutabili e che impongono attente scelte in ambito edilizio sia per la costruzione di nuovi edifici sia per la ristrutturazione e l’ammodernamento di quelli esistenti.

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Mappa che mostra l’intensità delle ripercussioni registrate in Appennino settentrionale e in Pianura Padana in seguito al sisma di Marradi. La stella nera indica l’epicentro del sisma, mentre il colore giallo identifica le aree in cui la scossa è stata più forte. Da notare l’ampio areale in cui sono state registrate ripercussioni da forti a leggere (immagine: INGV)

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Lista parziale dei terremoti della sequenza sismica del Mugello registrati dai sismografi dell’INGV a partire dalle ore 00:01 del 18 settembre 2023. In giallo è evidenziato il sisma principale di magnitudo 4.9 (fonte INGV)

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Mappa della sismicità storica, dal 1985 al 2023, nell’area intorno a Marradi, indicato dalla stella (immagine: INGV)

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Mappa mostrante le depressioni intra-appenniniche corrispondenti a bacini estensionali presenti in Appennino settentrionale (da Martini e Sagri, 1993). Il rettangolo rosso identifica il Mugello.