Il legame tra la scarsità di acqua e la siccità da un lato e l’aumento di guerre e conflitti dall’altro è uno dei più discussi dagli studi di politica internazionale. Gli ultimi rapporti dell’IPCC hanno evidenziato che l’aumento globale delle temperature renderà le siccità più frequenti e più intense, quindi diventa cruciale capire che tipo di legame ci sia tra la mancanza di accesso all’acqua e ogni nuova guerra.
La guerra civile in Siria
Il caso più noto e citato è sicuramente quello della Siria, che scivolò nella guerra civile, seguita da una delle più vaste crisi migratorie di sempre proprio mentre stava affrontando una durissima e lunga siccità, che aveva mandato in crisi il settore agricolo e gli allevamenti. I cinque anni che avevano preceduto la rivolta di Daraa, l’innesco della guerra civile siriana della primavera del 2011, furono di grande siccità nel paese, con il 60% del paese coinvolto, in particolare le zone più a vocazione agricola. La storia della regione è sempre stata anche una storia di siccità, ma quella sperimentata a partire dal 2006 era qualcosa che non si era visto per secoli: secondo una ricerca pubblicata su Journal of Geophysical Research-Atmospheres, quella era la peggiore siccità degli ultimi 900 anni. Un report uscito nel 2011 pubblicato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti legava l’intensificarsi dell’aridità in Medio Oriente ai cambiamenti climatici causati dalle emissioni di gas serra.
Se il legame di quella siccità col riscaldamento globale è ormai provato, quello della siccità con la guerra civile siriana è stato però messo in discussione da diversi studi e ricerche, come questo studio pubblicato su Nature. Come spiegava al Washington Post Francesco Femia, nel 2013 direttore del Center for Climate and Security, il cambiamento climatico va intenso come un «moltiplicatore di rischio». Anche se non c’è un collegamento causale diretto, può essere inserito tra i principali fattori che hanno causato l’instabilità che poi avrebbe portato alle rivolte contro il dittatore Bashar al-Assad, combinate per altro con la cattiva gestione della risorsa e con i sussidi pubblici a coltivazioni non adatte alle poche risorse idriche della regione, come il cotone, che ha bisogno di tantissima acqua per crescere.
La Siria in quel momento era considerata un paese stabile, nonostante le primavere arabe che erano scattate in altri paesi del Medio Oriente, ma c’era stata negli anni precedenti una migrazione invisibile di oltre un milione e mezzo di contadini e allevatori verso le città dove poi sono nate le rivolte. È impossibile sapere se ci sarebbe stata lo stesso una guerra civile di quell’intensità anche senza la siccità, ma è allo stesso tempo impossibile non considerare la siccità uno degli inneschi della guerra civile, quando il 75% degli agricoltori avevano perso tutto il raccolto e gli allevatori avevano perso l’80% del bestiame. La povertà e l’insicurezza alimentare sono montate e la scintilla si è accesa.
Guerre e siccità tra passato, presente e futuro
Al momento quattro esseri umani su dieci sperimentano scarsità di acqua, e secondo le previsioni della Banca Mondiale e dell’ONU 700 milioni di persone potrebbero diventare rifugiate entro il 2030 a causa delle crisi idriche. Insomma, la guerra civile siriana rischia di essere solo un prototipo di qualcosa che vedremo sempre di più. E già la storia dell’umanità è stata costellata di questo tipo di episodi, anche prima del cambiamento climatico.
Water Conflict Chronology è un archivio di tutte le guerre accompagnate da crisi idriche, dai tempi di Hammurabi a oggi: sono in tutto 925. Secondo i ricercatori che hanno stilato l’elenco, ci sono tre categorie di conflitti idrici: quelli in cui l’acqua è l’innesco del conflitto (due territori che se la contendono), quelli in cui l’acqua è l’arma del conflitto (quando una fornitura viene bloccata tra paesi confinanti in una fase di tensione) e quelli in cui l’acqua è vittima del conflitto (come quando la Russia ha attaccato le infrastrutture idriche dell’Ucraina). Secondo il World Resources Institute:
Le ricerche mostrano che la violenza collegata all’acqua sta aumentando, perché la crescita della popolazione e lo sviluppo economico fanno crescere la domanda di acqua, mentre il cambiamento climatico fa diminuire la disponibilità.
Tra le aree che perdono più velocemente acqua, e quindi più vulnerabili nei prossimi decenni, ci sono il bacino del Tigri e dell’Eufrate (dove ci sono, oltre alla Siria, anche i territori di Turchia, Iraq e Iran occidentale), il lago di Aral, già ridotto ai minimi termini in epoca sovietica, il corso del Mekong, con le continue tensioni fra Cina e paesi confinanti e infine la delicatissima situazione del Nilo blu, con il vasto progetto della Great Ethiopian Renaissance Dam in Etiopia che rischia di restringere l’accesso a Egitto e Sudan.
Un’analisi sull’intersezione tra le dinamiche sociali e quelle climatiche dell’Africa sub-sahariana ha misurato che una siccità fa diminuire le entrate economiche di una regione dell’8,1% e fa aumentare la violenza e l’estremismo del 29%; nello studio viene citato il caso del Mali, dove le tensioni e i conflitti interreligiosi sono aumentati proprio in concomitanza di una serie di siccità. Il cambiamento climatico metterà sempre più in discussione il nostro accesso all’acqua, la storia dell’umanità mostra come ogni volta che quell’accesso è stato messo in discussione, sono arrivati guai.
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