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Il lupo in Italia, tra paure e ricerca scientifica

In Italia ci sono circa 3000 esemplari sparsi su tutta la penisola. Vediamo cosa ha permesso la loro crescita e quali problemi ha generato

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L’aumento della popolazione di lupi in Italia è un fenomeno complesso e sfaccettato, legato a diversi cambiamenti sociali, ambientali e legali. Secondo le stime del 2022, frutto del primo Monitoraggio nazionale del Lupo condotto su grande scala e in simultanea, in Italia gli esemplari sono circa 3300. Non si tratta di un censimento, ma di una stima sufficientemente affidabile dal punto di vista scientifico, perché censire ogni singolo lupo del panorama ambientale italiano è tecnicamente impossibile.

I fattori che hanno favorito la diffusione

Questa stima rappresenta un successo per i piani di conservazione ambientale e non è frutto del caso. All’inizio degli anni Settanta il lupo era vicino all’estinzione, ma due decreti ministeriali (il Decreto Natali del 1971 e Decreto Marcora del 1976) hanno prima vietato la caccia e poi sancito la protezione legale integrale. Nel 1979 il lupo è stato inserito tra le specie protette in tutta Europa e nel 1992 questa protezione è stata rafforzata grazie a una direttiva dell’Unione Europea nota come Direttiva Habitat. Il divieto di caccia ha permesso alla specie di riprendersi rapidamente. I lupi, sopravvissuti in piccoli nuclei isolati dell’Appennino centrale e meridionale, sono stati dunque i fondatori di quella che è la popolazione attuale, diffusa dalle Alpi al Salento e alla punta della Calabria. La specie è infatti capace di spostarsi di centinaia di kilometri in poche settimane e sfrutta questa capacità per esplorare il territorio e per riprodursi.

Non c’è, dunque, mai stato bisogno di un progetto di reintroduzione per favorire il ritorno del lupo nelle regioni italiane. Sono stati, però, altri importanti elementi a favorire la diffusione di questo predatore su tutta la penisola.

  1. L’emanazione dei Decreti di tutela ha seguito l’onda dei primi movimenti ambientalisti e di una nuova sensibilità collettiva nei confronti della natura. Questa si è tradotta nella nascita di numerose associazioni di salvaguardia della biodiversità, che hanno promosso campagne per la protezione del lupo.
  2. La corsa alla ricostruzione e allo sviluppo, la nascita di nuovi mestieri e la pubblicità di uno stile di vita più confortevole hanno portato milioni di italiani ad abbandonare i comprensori montani e di collina in favore delle città di pianura. In questo modo è calato il numero di mandrie di vacche e pecore che brucavano incessanti i pascoli di Appennini e Alpi e le terre coltivate si sono convertite prima in pascoli e cespuglieti, poi in boschi e foreste. Questi nuovi spazi hanno favorito il ritorno di cinghiali, caprioli e cervi, ma anche daini e mufloni, grazie a progetti di reintroduzione e a operazioni di ripopolamento da parte di associazioni venatorie, parchi ed enti pubblici. Una combinazione rara di fattori favorevoli che ha quindi permesso a un predatore elusivo e perseguitato come il lupo di trovare prede da cacciare, spazi in cui nascondersi e riprodursi.

La situazione in Europa

Un fenomeno simile si è verificato, ed è tutt’ora in corso, anche nel resto d’Europa. Nel continente europeo i lupi sono tra i 13000 e i 17000, a seconda dei confini a cui si fa riferimento (quelli dell’Unione europea o quelli dell’Europa geografica). Le sottospecie di lupo sono tre: lupo italiano (Canis lupus italicus), lupo eurasiatico (Canis lupus lupus) e lupo iberico (Canis lupus signatus).

Ad eccezione delle isole, i lupi stanno gradualmente facendo ritorno in Paesi dai quali erano stati eradicati secoli fa, come il Belgio, l’Olanda, la Germania o la Francia. In alcuni casi la ricolonizzazione di queste zone è frutto degli spostamenti di dispersione di lupi italiani, che valicano i confini alpini. In altri si tratta di lupi provenienti dall’Europa orientale, per i medesimi tentativi riproduttivi e di esplorazione in nuove aree geografiche. Interessante osservare come anche le Alpi orientali siano oggetto di un processo di ritorno che avviene da due direzioni: da Ovest, per l’arrivo di lupi italiani che risalgono l’arco alpino, e da Est a causa dell’arrivo di lupi eurasiatici dalla Slovenia.

Paure legittime o irrazionali?

Nonostante gli sforzi di conservazione e i suoi successi, i conflitti tra lupi e popolazioni umane rimangono un problema. Negli ultimi vent’anni si è verificata una forte polarizzazione nella percezione del lupo. Da un lato, la crescente consapevolezza ambientale ha portato molti a vedere il lupo come un simbolo di natura selvaggia da proteggere. Dall’altro, allevatori e abitanti delle zone rurali percepiscono il lupo come una minaccia per il bestiame e la sicurezza personale. Una percezione non del tutto errata, poiché il ritorno di un predatore formidabile come il lupo ha spesso colto di sorpresa le amministrazioni pubbliche locali, trovandole impreparate a fronteggiare la minaccia. A ciò va aggiunto il verificarsi di predazioni a danno di cani e gatti domestici. Questo tipo di scelta alimentare è comune nelle zone in cui il lupo sia presente, ma ha destato enormi tensioni, paure irrazionali e preoccupazioni legittime nelle comunità locali interessate.

Negli ultimi anni, inoltre, è stata dimostrato che i lupi sanno adattarsi alla presenza umana. Si sono, infatti, formati nuovi branchi in realtà eccezionali, come la Pianura padana, le periferie urbane, le coste della Toscana, della Puglia o del litorale romano. Luoghi che sono densamente abitati, sfruttati da un turismo di massa in momenti delicati per il lupo, come quello dell’allevamento dei cuccioli, e che paradossalmente però offrono ancora a questa specie ottime possibilità di sopravvivenza.

È evidente che la sfida per il futuro sarà trovare un equilibrio tra le esigenze di conservazione del lupo con quelle proprie delle comunità. Questo richiederà sforzi continui di educazione, perseveranza nell’adozione di strategie di protezione del bestiame e dialogo costruttivo tra tutte le parti coinvolte.

Una sfida conservazionistica che chiede di investire nella corretta informazione e nella conoscenza, affinché gli incidenti siano sempre più rari e gli avvistamenti siano esclusivamente fonte di emozione.

Il lupo, la volpe e il gatto selvatico sono tre predatori comuni su Alpi e Appennini: Andrea Boscherini racconta le loro caratteristiche e sfata i miti più diffusi in questo video, tratto da Zanoli, Pini, Veronesi – Noi, la natura e l’ambiente.
Se vuoi approfondire alcuni dei temi trattati, puoi proseguire con la lettura di questi articoli:

Immagine di apertura: Canis lupus italicus (lupo appenninico), Luigi Piccirillo | Wikimedia Commons

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La distribuzione del lupo nella penisola italiana (immagine: ISPRA)

Boscherini Andrea, Predatori: volpi, lupi, gatto selvatico