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Newton o Leibniz: chi ha inventato il calcolo infinitesimale?

David Acheson firma una Chiave di lettura dedicata a una delle dispute matematiche più famose della storia

leggi

Nel XVII secolo la scienza non era ancora considerata un'impresa collettiva. Le scoperte erano proprietà di chi le faceva e il riconoscimento che ne derivava serviva a impressionare vescovi, principi o altri benefattori nella speranza di ottenere una carica prestigiosa. Le dispute sulla paternità dei risultati scientifici non erano rare, ma quella tra Isaac Newton e Gottfried Wilhelm Leibniz impressionò persino i loro contemporanei. Non solo per l’intensità che raggiunse e la fama dei protagonisti, ma anche per l’oggetto del litigio: i due si contesero l’invenzione del calcolo infinitesimale, lo strumento su cui si basa una buona parte della matematica moderna.

Di questa storia e di altri aspetti legati al calcolo infinitesimale parla il libro Viaggio nel calcolo infinitesimale di David Acheson, edito da Zanichelli per la collana Chiavi di lettura.

Cos’è il calcolo infinitesimale?

Questa disciplina studia il modo e la rapidità con cui cambiano gli oggetti matematici; si tratta di cambiamenti che avvengono su scale piccolissime e da questo deriva l’aggettivo «infinitesimale». Uno dei problemi che portò alla nascita del calcolo consiste nel trovare la retta tangente al grafico di una funzione, un’operazione che oggi chiamiamo derivazione. All’inizio del Seicento non esisteva un metodo per calcolare il modo in cui la tangente cambia quando ci si sposta lungo una curva; oltre che di interesse matematico, questo procedimento era utile anche in molti campi della fisica che si stavano sviluppando in quel periodo. Un esempio è la meccanica newtoniana, che studia il moto dei corpi macroscopici: quando un oggetto si sposta seguendo una traiettoria curvilinea, la sua velocità corrisponde al vettore tangente alla traiettoria.

Nello stesso periodo arrivarono molte scoperte nel campo dell’ottica, tra cui la legge di rifrazione di Snell, che descrive il cambiamento di direzione della luce quando passa da un mezzo materiale a un altro. Secondo questo principio la rifrazione si può esprimere a partire dagli angoli che il raggio luminoso forma con la retta perpendicolare alla superficie di separazione tra i due materiali.

Il video, in lingua inglese, illustra il famoso esperimento del prisma di Newton e il suo legame con la legge di Snell:

C’era anche un’altra questione aperta, che nel linguaggio della matematica moderna corrisponde al calcolo integrale: per una data curva, calcolare l’area compresa tra l’asse delle ascisse e la curva stessa. Il primo a intuire l’applicazione fisica di questa operazione fu Galileo, che nel libro Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze trovò il modo di calcolare lo spostamento di un corpo che compie un moto uniformemente accelerato: la distanza percorsa in un certo intervallo di tempo corrisponde all’area sottesa dal grafico della velocità nell’intervallo di tempo considerato.

La «doppia invenzione» di Newton e Leibniz

A contendersi l’invenzione del calcolo infinitesimale sono due personaggi molto diversi per storia e atteggiamento: Newton proviene da una famiglia di allevatori del Lincolnshire, nell’Inghilterra centrale; Leibniz è figlio di un colto professore di giurisprudenza di Lipsia, in Germania, che all’epoca faceva parte del Sacro Romano Impero. Sono quasi coetanei: il primo nasce nel 1642, l’altro nel 1646.

Da piccolo Newton riceve un’educazione solo per volere della madre e a diciannove anni viene ammesso al Trinity College di Cambridge, dove approfondisce lo studio delle materie scientifiche. Dopo essersi laureato e aver dimostrato il suo primo teorema matematico, è costretto a fare ritorno a casa per sfuggire all’epidemia di peste che da Londra si sta diffondendo nelle campagne circostanti. Così passa i due anni successivi, dal 1665 al 1666, in un isolamento volontario durante il quale si dedica allo studio e agli esperimenti scientifici; tra i molti risultati che ottiene ci sono le scoperte sul calcolo infinitesimale.

Nello stesso periodo Leibniz sta studiando diritto all’Università di Altdorf, vicino Norimberga. La sua è una famiglia istruita ma non particolarmente ricca; lo scienziato passerà tutta la vita in condizioni economiche precarie, cercando la protezione della nobiltà tedesca per sopravvivere. Dopo gli studi universitari diventa un diplomatico al servizio dell’arcivescovo di Magonza ed in questi anni approfondisce le sue conoscenze matematiche. Durante un soggiorno a Parigi, come ambasciatore alla corte di Luigi XIV, Leibniz conosce Christiaan Huygens, matematico e fisico di origine olandese; sotto la sua guida si dedica allo studio di queste discipline e autonomamente inizia a lavorare al calcolo infinitesimale.

Nel 1676 avviene l’unico scambio epistolare tra i due, che di persona non si incontreranno mai: quattro lettere scritte in latino, una corrispondenza tra due ricercatori interessati allo stesso argomento da cui traspare un rispetto reciproco. Newton scrive di alcuni risultati che ha ottenuto, soprattutto riguardo le serie numeriche, e anche Leibniz è abbastanza trasparente su quello che ha scoperto fino a quel momento.

La situazione cambia nel 1684, quando Leibniz pubblica sulla rivista Acta Eruditorum un articolo che contiene i principi del calcolo infinitesimale da lui sviluppati. Newton invece, che è diventato da qualche anno professore a Cambridge, non ha ancora pubblicato le sue scoperte sul calcolo infinitesimale, che risalgono a quasi vent’anni prima. Lo farà nel 1687 nei Principia Mathematica, il trattato in cui espone la Legge di gravitazione universale e la teoria sul moto dei corpi. La prima sezione dell’opera è interamente dedicata alla sua versione del calcolo, di cui darà una descrizione completa in articoli successivi.

La disputa che ha diviso la matematica

Dopo la pubblicazione del suo articolo, Leibniz inizia una fitta corrispondenza con i grandi matematici del tempo per diffondere la teoria che sta sviluppando. È in questo periodo che tra Newton e i suoi seguaci iniziano a circolare dei sospetti; il matematico inglese è convinto che Leibniz abbia copiato i suoi risultati, approfittando dello scambio di lettere che hanno avuto qualche anno prima.

Quando inizia a diffondersi anche la versione newtoniana del calcolo infinitesimale, i sostenitori di Leibniz si fanno un’idea simile: è Newton ad aver copiato lo scienziato tedesco, facendo dei passi avanti nelle sue ricerche solo grazie all’articolo pubblicato negli Acta Eruditorum.

La prima accusa pubblica viene mossa dal matematico svizzero Nicolas Fatio de Duillier, che nel 1699 definisce Leibniz «il secondo inventore» del calcolo infinitesimale; il suo plagio sarebbe confermato dai manoscritti originali di Newton, che Fatio aveva avuto occasione di leggere. La risposta si fa attendere per qualche anno, poi nel 1705 sugli Acta Eruditorum viene pubblicato un articolo anonimo, oggi attribuito con certezza a Leibniz, in cui viene messa in dubbio la priorità di Newton nell’invenzione del calcolo infinitesimale, senza però accusarlo di alcuna scorrettezza. La polemica raggiunge il suo apice intorno al 1711, quando è un membro della Royal Society a sostenere la disonestà di Leibniz. Questi invia una lettera alla Royal Society, di cui lui stesso fa parte, nella quale chiede delle scuse pubbliche. L’associazione britannica non solo nega le scuse, ma certifica la colpevolezza di Leibniz, senza neanche chiedere la sua versione dei fatti. Il rapporto della commissione è firmato da Newton, che in quel periodo dirigeva la Royal Society.

La disputa continuerà con altri episodi fino alla morte di Leibniz, nel 1716, e dopo qualche anno pare che Newton abbia smesso di interessarsi alla questione.

Viaggio nel calcolo infinitesimale

Oggi non c’è dubbio che Newton sia stato il primo a sviluppare il calcolo infinitesimale. L’opinione più accreditata tra gli storici è che Leibniz sia arrivato agli stessi risultati in modo indipendente; a giudicare dagli altri contributi che ha dato alla scienza, possiamo essere certi che avesse quantomeno le capacità per riuscirci. La disputa ebbe comunque delle conseguenze significative, arrivando a dividere la comunità scientifica: i matematici del continente europeo adottarono la versione del calcolo di Leibniz, che nel tempo guadagnò sempre più prestigio tanto da essere usata ancora oggi. Gli inglesi invece restarono fedeli alla formulazione newtoniana, con un conseguente isolamento che durò per più di un secolo.

Il viaggio del calcolo infinitesimale non si esaurisce tuttavia con la disputa tra due giganti della storia della scienza. Le tecniche forgiate da Newton e Leibniz verranno infatti affinate nel corso dell’Ottocento e porteranno alla formulazione delle equazioni differenziali, che oggi descrivono una varietà di fenomeni impensabile all’inizio del secolo scorso. Dalla dinamica dei fluidi a quella dei sistemi caotici, dall’evoluzione di una malattia a quella del clima, oggi continuiamo a raccogliere i frutti di strumenti matematici di incredibile versatilità.

Acheson è anche autore di un’altra Chiave di lettura: 1089 e altri numeri magici.
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La copertina di Viaggio nel calcolo infinitesimale di David Acheson