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La pericolosa “pazzia” dei cervi

Negli Stati Uniti una malattia causata dai prioni si sta diffondendo tra i cervidi e viene studiata anche per capire se è in grado di diffondersi tra gli esseri umani

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Tra il 1967 e il 1979 una malattia mai registrata fino a quel momento aveva colpito 53 cervi muli (Odocoileus hemionus) tenuti in cattività in alcuni centri di ricerca in Colorado e Wyoming, negli Stati Uniti centro-occidentali. Venne chiamata sindrome del deperimento cronico (CWD, dall’inglese chronic wasting disease) o colloquialmente malattia dei cervi zombi. Gli animali colpiti diventavano letargici, digrignavano i denti, perdevano rapidamente peso e nell’arco di alcuni mesi morivano.

Nel 1980, Beth Williams e Stuart Young, patologa veterinaria e neuropatologo della Colorado State University, avevano analizzato il tessuto cerebrale dei cervi morti osservando la presenza di buchi, detti vacuoli, tipici di una famiglia di malattie chiamate encefalopatie spongiformi trasmissibili. A causare queste malattie sono proteine particolari, chiamate prioni.

Glossario minimo delle encefalopatie spongiformi trasmissibili
  • Scrapie, colpisce gli ovini, in particolare pecore, capre e mufloni.
  • BSE o sindrome della mucca pazza, colpisce soprattutto le mucche da latte, ma può colpire anche gatti o altri animali ruminanti che siano entrati in contatto con carne di ovini affetti da scrapie o bovini affetti da BSE.
  • Malattia di Creutzfeldt-Jakob, colpisce gli esseri umani ed esiste in due forme, con sintomi clinici ed effetti patologici diversi: una forma sporadica colpisce spontaneamente le persone sopra i 45 anni, mentre la forma variante è causata dall’assunzione di carne di bovini affetti da BSE.
  • CWD o malattia dei cervi zombi, colpisce i cervidi, in particolare cervi, alci e renne.
Abbiamo approfondito le caratteristiche dei prioni nell’articolo Lo strano caso delle malattie prioniche di Sofia Dellavalle.

CWD in Nord America

Dai primi 53 casi concentrati in Colorado e Wyoming, oggi la CWD è presente in 35 stati americani e cinque province canadesi. In Wisconsin, uno stato settentrionale al confine col Canada, sono stati trovati animali malati in 64 contee su 72. Tom Hauge, ex direttore del Wildlife Management Program presso il Dipartimento delle Risorse Naturali del Wisconsin, ha dichiarato alla rivista americana The Nation:

Senza un cambiamento significativo nella risposta del Wisconsin alla malattia, non c'è nulla che possa impedire la diffusione della CWD in tutte le 72 contee.

A fine 2023 ha fatto scalpore la notizia dei primi casi riscontrati in cervi in libertà nel parco di Yellowstone, la più antica area protetta del mondo, che si estende tra gli stati di Wyoming, Montana e Idaho. Thomas Roffe, veterinario ed ex capo della salute degli animali per il Fish & Wildlife Service, un’agenzia federale statunitense, ha detto al quotidiano The Guardian:

La scoperta [della malattia] a Yellowstone, il cui ecosistema ospita la più grande e diversificata gamma di grandi mammiferi selvatici degli Stati Uniti continentali, rappresenta un importante campanello d'allarme per l'opinione pubblica.

La caccia al cervo nelle zone colpite del Nord America è un’attività ricreativa molto popolare e attira numerosi turisti. Inoltre, è una fonte importante di cibo per la popolazione locale. Proprio per questo il rischio che i prioni che causano la CWD superino la barriera di specie e infettino gli esseri umani è preso molto sul serio dalla comunità scientifica e dalle autorità. Tutti ricordano bene il caso dell’encefalopatia spongiforme bovina (la BSE o sindrome della mucca pazza) che colpì gli allevamenti britannici nella seconda metà degli anni Ottanta e causò, dieci anni dopo, quasi duecento casi nelle persone.

Contenere l’epidemia tra gli animali

Il primo passo da compiere sarebbe contenere la diffusione nella malattia tra gli animali. Ma non è semplice.

Nel 2009 Stanley Prusiner, premio Nobel per la medicina nel 1997 per i suoi studi sulla BSE, scoprì che i prioni sono presenti nelle feci degli animali malati. Studi successivi ne hanno rilevato la presenza anche nella saliva e nelle urine, prima ancora che si manifestino i primi sintomi.

Per rilevare i prioni nelle fasi presintomatiche della malattia, abbiamo sfruttato tecniche estremamente sensibili che permettono di rilevare anche piccole quantità di prioni.

Parole di Fabio Moda, ricercatore dell’Università degli Studi di Milano e dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano. Moda ha importato dagli Stati Uniti all’Istituto Besta queste tecniche, la PMCA (Protein Misfolding Cyclic Amplification) e la RT-QulC (Real-Time Quaking Induced Conversion), due tecniche che permettono di rilevare quantità minime di prioni.

Probabilmente i prioni sono presenti nelle urine e nella saliva degli animali infetti già prima dell’insorgenza dei sintomi. Questo non sorprende, vista la rapidità e l’efficacia con cui la CWD si diffonde tra i cervidi, in particolare renne, alci e cervi. Uno dei meccanismi di trasmissione è probabilmente legato all’abitudine di questi animali di leccare le rocce, che sono per questi animali, come per gli ovini, fonte di minerali. La saliva lasciata sulla roccia da animali malati può essere veicolo di contagio per gli animali che la leccheranno dopo.

Nel 2015 un gruppo di ricercatori, tra cui Moda, ha documentato la capacità di questi prioni di legarsi alle radici e alle foglie delle piante e dunque di rimanere a lungo nell’ambiente. Spiega Moda:

Se un cervo bruca l’erba in una zona in cui giorni, settimane o mesi prima ha urinato un animale malato, è possibile che si infetti, perché i prioni sono molto resistenti e possono rimanere nell’ambiente per molto tempo senza perdere la loro infettività.

Per cercare di limitare la diffusione della malattia tra le popolazioni di cervidi del Nord America le autorità di alcuni stati, come il Wyoming, hanno introdotto piani di gestione dei cosiddetti feeding ground, aree in cui vengono periodicamente distribuiti foraggio e fieno durante l’inverno. Decine di migliaia di cervi si ammassano in queste aree nella stagione fredda, aumentando il rischio di trasmissione della malattia.

CWD in Europa

In Europa il primo caso di CWD è stato individuato nel 2016 nella popolazione di renne della Nordfjella, una regione meridionale della Norvegia. Sylvie Benestad è ricercatrice dell’Istituto Veterinario Norvegese dove coordina i progetti di ricerca sulla CWD. Grazie al suo aiuto, abbiamo cercato di capire che cosa sta succedendo nel Paese scandinavo.

La malattia rilevata in Norvegia sembra molto simile a quella descritta negli Stati Uniti. I risultati ottenuti dai test diagnostici e il tipo di contagiosità non mostrano differenze. Tuttavia, si trovano differenze quando le malattie vengono confrontate attraverso modelli di topi.

La Norvegia è intervenuta subito e in maniera incisiva. Il primo caso è stato identificato ad aprile 2016 e a luglio erano già in atto diverse misure: vietato spostare gli animali tra contee, vietata l’alimentazione supplementare, in particolare i salt licks, blocchi di sale che vengono lasciati nell’ambiente dove vivono gli animali selvatici per soddisfare il loro fabbisogno di minerali. È stato messo in atto un vasto programma di sorveglianza che continua ancora oggi. Infine, per evitare la diffusione della malattia in altre popolazioni di cervidi, a maggio del 2018 è stato disposto l’abbattimento della popolazione di renne della Nordfjella. Dice ancora Benestad:

È stata una decisione molto difficile, la Norvegia ospita l’unica popolazione di renne selvatiche in Europa, composta da circa 25 000 individui. Sono stati uccisi circa 2500 animali, poi testati negli 8 mesi successivi, per un totale di 21 renne risultate positive.

Nel 2020 e nel 2022 nuovi casi della malattia europea sono stati identificati nella regione norvegese della Hardangervidda, non lontano dalla Nordfjella.

L’area è molto meno confinata rispetto a Nordfjella e ospita la più grande sottopopolazione di renne selvatiche d’Europa. In questo caso l'abbattimento non era un’opzione. Stiamo monitorando attentamente la regione e finora la frequenza dei casi è molto bassa.

Benestad aggiunge poi che la differenza nell'entità dell'epidemia in Europa e in Nord America è probabilmente dovuta alla tempistica.

Noi eravamo all’inizio della curva esponenziale, mentre il Nord America era 60 anni più avanti. Questo fa un’enorme differenza in termini di numero di animali infetti. La CWD del Nord America e delle renne norvegesi è una malattia contagiosa tra cervidi, sia per contatto diretto tra animali vivi che attraverso l'ambiente contaminato.

Tuttavia, Benestad precisa:

Anche se sembra che in Nord America il ceppo sia uno solo, è molto difficile avere un quadro chiaro perché ogni Stato e ogni parte dello Stato esegue test ed esperimenti separatamente. In Europa la situazione è molto diversa. I gruppi di ricerca europei collaborano fin dai tempi della BSE e della scrapie, l’encefalopatia spongiforme che colpisce gli ovini.

Questa esperienza e lo scambio di materiali e competenze ha portato all’identificazione, dal 2016 in poi, di 14 casi in alci di età avanzata in Norvegia, 3 in Finlandia, e 4 in Svezia oltre che in 3 cervi rossi sempre in Norvegia. Questi animali sono stati colpiti da un tipo di prione diverso da quello identificato inizialmente nelle renne norvegesi e anche da quello diffuso in Nord America. Attualmente i casi sono associati a una forma sporadica della malattia, che differisce dalla forma contagiosa. Spiega Benestad:

Questo ceppo sporadico non sembra essere contagioso tra animali vivi. La principale differenza fenotipica tra la forma contagiosa e quella sporadica delle encefalopatie spongiformi trasmissibili è la localizzazione dei prioni nell’organismo. Nelle forme contagiose i prioni sono presenti nei tessuti periferici, come i linfonodi e la milza, e negli escrementi e quindi possono facilmente diffondersi nell'ambiente e passare tra animali vivi. Nella forma sporadica, invece, i prioni rimangono principalmente nel sistema nervoso centrale. La malattia può comunque essere contagiosa ma solo da animali morti, dopo che il corpo si decompone e il cervello si liquefa liberando i prioni nell’ambiente.

Nel 2018, la Commissione Europea ha introdotto un piano di sorveglianza triennale per la CWD in sei paesi dell’Unione (Estonia, Finlandia, Lettonia, Lituania, Polonia e Svezia) e due del territorio europeo (Norvegia e Islanda), chiedendo di analizzare campioni di cervello e midollo e se possibile di linfonodi prelevati da cervi, renne, alci e caprioli sia in cattività che selvatici. Dal 2021 la sorveglianza avviene su base volontaria. La Norvegia continua a essere molto attiva e dall’inizio della sorveglianza ha testato 180 000 animali.

L’Italia ha aderito fin dall’inizio al programma, in modo volontario, e prosegue tutt’oggi. Cristina Casalone, responsabile del laboratorio di neuropatologia dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta:

Dal 2016 al 2023 abbiamo esaminato circa 3600 cervidi senza aver riscontrato finora nessun caso. Dal 2023 la sorveglianza è limitata alla sola specie cervo (Cervus elaphus) esclusivamente della categoria dei morti o abbattuti perchè clinicamente sospetti.

La CWD può contagiare le persone?

Il rischio che la CWD possa superare la barriera di specie e contagiare le persone è stato valutato con diversi tipi di esperimenti, in modo simile a quanto fatto in passato con la BSE e con altre encefalopatie spongiformi trasmissibili. I risultati di questi studi sono contrastanti.

Gli esperimenti con topi transgenici umanizzati, cioè modificati geneticamente per esprimere la proteina prionica umana, hanno mostrato che il passaggio non avviene. Sono stati condotti anche studi di inoculazione nei macachi, gli animali geneticamente più simili agli esseri umani consentiti per questi studi di trasmissione. Un primo studio condotto dall’agenzia canadese per la sicurezza alimentare nel 2017 ha osservato trasmissione, mentre uno studio statunitense dell’anno successivo non ha rilevato alcuna prova di trasmissione della malattia, né clinicamente, né utilizzando test diagnostici con alta sensibilità.

Il dibattito su questo tema è stato riacceso da altri due studi pubblicati quest’anno. Nel primo che arriva dagli Stati Uniti, un gruppo di medici ha riferito che un uomo di 72 anni è morto dopo aver manifestato improvvisamente un comportamento confuso e aggressivo. E un secondo uomo, che frequentava la stessa riserva di caccia, è morto in una data successiva, non specificata, dopo aver presentato sintomi simili. L'autopsia ha stabilito che questo secondo paziente è morto a causa di un’encefalopatia spongiforme che spontaneamente insorge di rado, la malattia di Creutzfeldt-Jakob. Ne esiste però una forma variante, che può manifestarsi dopo aver consumato carne di bovini infetti da BSE. Poiché entrambi gli uomini avevano consumato carne di cervi appartenenti a popolazioni infette e considerata la bassissima incidenza della malattia di Creutzfeldt-Jakob, i medici hanno pensato a un caso di zoonosi trasmessa dai cervi alle persone.

Il secondo studio ha utilizzato organoidi cerebrali, tessuti cresciuti in vitro a partire da cellule staminali che riproducono le caratteristiche di parti del cervello umano. Quando i ricercatori hanno prelevato campioni cerebrali da cervi infetti con CWD, li hanno omogeneizzati e poi li hanno inoculati negli organoidi cerebrali umani, non hanno osservato alcun esito patologico. Fabio Moda spiega così le incertezze e le contraddizioni di questi studi:

È difficile fare una sintesi dei risultati ottenuti finora su CWD. Pur essendo tutti molto validi, i modelli sperimentali esistenti non sono in grado di ricapitolare esattamente ciò che succede negli esseri umani. Per questo dobbiamo interpretare con le dovute cautele i risultati ottenuti finora riguardo la capacità dei prioni che causano la CWD di superare la barriera di specie. Sulla base di quello che sappiamo non possiamo escludere che ci sia trasmissione alle persone.

In attesa di prove definitive, gli stati del Nord America colpiti dall’epidemia chiedono ai cacciatori di testare la carne dei cervi uccisi prima di consumarla. In Wyoming nel 2022 sono stati testati 6700 animali: 800 sono risultati infetti (il 12%) e il tasso di positività è cresciuto nel tempo.

Studiare la BSE per capire la CWD

Nel valutare il possibile salto di specie della CWD dai cervidi agli esseri umani è importante ricordare l’esperienza della BSE. Gli esperimenti condotti all’inizio degli anni Novanta, quando la BSE stava dilagando negli allevamenti britannici, avevano mostrato che i prioni che causavano la malattia nei bovini non erano in grado di infettare modelli sperimentali che approssimavano gli esseri umani. Inoltre, era stato osservato che gli esseri umani non contraevano la scrapie se mangiavano carne di ovini infetta da prioni.

Solo nel 1996 venne riconosciuto il primo caso di una forma variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob causato dall’assunzione di carne di bovini infetta. Spiega Casalone:

Una delle ipotesi sull'origine della BSE è che sia arrivata ai bovini attraverso le farine di carne, usate come supplemento proteico e derivate da carne e ossa di ruminanti.

Questo suggerirebbe che, se i bovini mangiano farine che contengono carne di ovini infetta, i prioni sono in grado di adattarsi alla nuova specie e causare malattia e che i prioni adattati sarebbero anche capaci di infettare le persone.

Nel 2011, è stato poi mostrato che i prioni della BSE diventavano infettivi anche per le persone dopo un passaggio in topi transgenici modificati per esprimere la proteina prionica ovina. Spiega Benestad:

Con la BSE abbiamo visto che era molto difficile infettare i topi transgenici umanizzati. Ma quando i prioni della BSE sono stati inoculati in topi transgenici ovini, questi prioni adattati sono stati in grado di infettare topi umani transgenici.

L’ipotesi che un passaggio in una specie intermedia possa rendere i prioni della CWD capaci di contagiare le persone non è ancora stata verificata nel caso della CWD, ma sarà l’oggetto di un nuovo studio finanziato dal Research Council norvegese e condotto da Benestad e Moda insieme a colleghi in Spagna e Francia.

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Distribuzione della CWD in Nord America, aggiornato al 30 dicembre 2024 (fonte: USGS)

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Posizione geografica di Nordfjella e Hardangervidda (cerchiate in rosso) e comuni in cui è stato rilevato il numero totale di cervidi positivi alla CWD attraverso il programma di sorveglianza norvegese. A meno che non si tratti di un singolo caso, viene indicato il numero di animali in ogni località (dati del Norwegian Veterinary Institute)

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