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Reddito, povertà e benessere

Un viaggio alla scoperta dei risvolti economici di termini che usiamo quotidianamente e definiscono il tenore di vita di persone e famiglie

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Nella vita di tutti i giorni usiamo frequentemente la parola reddito, pensando di conoscerne il significato; tuttavia spesso ci risulta difficile darne una definizione precisa e distinguerla da altri concetti come ricchezza, patrimonio o stipendio. Facciamo allora un po’ di chiarezza.

Il reddito è un flusso di denaro che viene percepito in un arco temporale. La parola flusso ci ricorda un rubinetto aperto con l’acqua che scorre man mano che passa il tempo. È proprio questa la chiave: si può parlare di flusso solo in un intervallo temporale, non in uno specifico istante di tempo. La ricchezza o il patrimonio invece sono valori accumulati nel tempo (o stock) al pari dell’acqua contenuta in un recipiente, cioè sono quantità definibili in un preciso istante. Quindi posso facilmente parlare del mio reddito annuale o del mio patrimonio al 31 dicembre di un preciso anno, ma non del mio reddito il 20 settembre o della mia ricchezza nel mese di ottobre.

Le fonti del reddito possono essere molteplici e la principale per la maggior parte di noi è il lavoro.

  • Reddito da lavoro dipendente: è quello percepito da chi svolge il proprio lavoro presso un datore di lavoro, pubblico o privato, in cambio di una retribuzione periodica, quello che comunemente chiamiamo anche stipendio o salario.
  • Reddito da lavoro autonomo: è percepito da chi gestisce personalmente la sua attività trasformando le proprie competenze in un servizio (come la psicologa o il tassista) o in un bene (come l’orafa o il sarto) vendibili sul mercato. Questa categoria di reddito, che a seconda dei mestieri può anche essere chiamato onorario o parcella, è soggetto a maggiori oscillazioni rispetto allo stipendio del lavoratore dipendente.
  • Reddito d’impresa: deriva dall’attività imprenditoriale ed è dato dal profitto, cioè l’eccedenza dei ricavi che resta all’imprenditore dopo aver pagato ciò che è necessario alla sua attività, compreso il lavoro dei propri dipendenti.
  • Reddito da capitale: deriva dall’impiego del risparmio per acquistare strumenti finanziari offerti dallo Stato, dalle banche o dalle imprese; sono reddito da capitale gli interessi (una somma definita ricevuta periodicamente a fronte di un prestito), i dividendi (le somme riconosciute ai proprietari di azioni in base ai risultati dell’impresa) e i guadagni in conto capitale (la differenza tra prezzo di acquisto e di vendita di un’attività finanziaria).
  • Reddito fondiario: è collegato alla proprietà di beni immobili, come terreni e fabbricati, come ad esempio l’affitto.

Quanti soldi servono per non vivere in povertà?

I soldi necessari per condurre una vita dignitosa dipendono dal numero di persone presenti nel nucleo familiare, dalle loro età e dalle loro condizioni, dal luogo in cui vivono, dal livello dei prezzi in quel preciso momento e luogo. Per quantificare l’incidenza della povertà in Italia, l’istituto Nazionale di Statistica (Istat) calcola le soglie di povertà assoluta e relativa.

La soglia di povertà assoluta è calcolata a partire dalla domanda: quanto costa soddisfare i bisogni essenziali? Dopo aver stimato questo livello di spesa minimo, tutti coloro che non hanno un reddito sufficiente a coprirlo si collocano al di sotto della soglia di povertà assoluta. Questa soglia è specifica di un certo Paese in un certo anno, visto che beni e servizi hanno prezzi diversi in posti e momenti del tempo diversi.

La soglia della povertà relativa invece si basa sul confronto con la spesa che in media le persone affrontano per i propri consumi. In particolare, una famiglia è definita povera quando il reddito familiare consente ai suoi componenti di consumare non più della metà di quanto consuma una famiglia media nello stesso Paese, a parità di numero e caratteristiche dei componenti. Per esempio, secondo questa definizione, in Italia si definisce povera una famiglia di quattro persone che spende meno di quanto spende in media una famiglia di due persone; nel 2021 la spesa media per una famiglia di 2 persone era pari a 2.451€.

Per vivere dignitosamente, servono più soldi al Nord o al Sud? In una grande città o in un piccolo comune? Costa di più avere un figlio tra gli 0 e i 3 anni o un figlio adolescente? A queste domande si può rispondere grazie al calcolatore delle soglie di povertà assoluta messo a disposizione dall’Istat. Secondo questi dati, per esempio, per un adulto (tra i 18 e i 59 anni) che vive da solo la soglia di povertà assoluta nel 2021 era pari a:

  • 852 €/mese al centro di un’area metropolitana del Nord;
  • 766 €/mese in un piccolo comune del Nord;
  • 576 €/mese in un piccolo comune del Mezzogiorno.

Le stesse soglie per una famiglia di quattro persone con due figli sotto i 3 anni erano rispettivamente 1.503 €/mese, 1.359 €/mese e 1.066 €/mese.

Fermandoci a riflettere su queste grandezze, non facciamo fatica a immaginare che la povertà non sia un fenomeno così marginale nel nostro Paese. Infatti, in Italia nel 2021 si collocavano al di sotto della soglia di povertà assoluta il 7,5% dei nuclei familiari (1,9 milioni) e il 9,4% delle persone (5,5 milioni); nello stesso anno, l’11,1% delle famiglie (circa 2,9 milioni) si collocavano al di sotto della soglia di povertà relativa.

I soldi non sono tutto

Il rischio di povertà e la povertà assoluta sono anche alcuni degli indicatori utilizzati per valutare il benessere economico in Italia. Il benessere economico, a sua volta, è una delle 12 dimensioni che l’Istat valuta nel suo rapporto annuale sul Benessere equo e sostenibile in Italia (Bes). Il progetto di misurare il benessere equo e sostenibile è nato nel 2013 con l’idea di valutare il progresso della nostra società in modo multidimensionale, non soltanto dal punto di vista economico, ma anche sociale e ambientale.

In questa valutazione, gli indicatori economici si affiancano a informazioni su altre dimensioni fondamentali del benessere, non dimenticando i temi della disuguaglianza e della sostenibilità. Per misurare il Bes si utilizzano 152 indicatori, organizzati in 12 domini che, oltre al benessere economico, comprendono: salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, innovazione, ricerca e creatività, qualità dei servizi. Sul sito dell’Istat è possibile esplorare questi indicatori, confrontarli nel tempo e tra le regioni italiane, guardando anche alle differenze tra diverse classi di popolazione, distinte per genere, età e titolo di studio.

A livello internazionale l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) compie un’analisi molto simile a quella del Bes, attraverso il Better Life Index. Anche qui si considerano molte dimensioni del benessere e si possono confrontare i diversi Paesi lungo queste dimensioni. Grazie a questi dati possiamo osservare su quali dimensioni l’Italia è più indietro rispetto alla media OCSE e su quali, invece, più avanti. È anche possibile creare una propria graduatoria degli aspetti del benessere che si ritengono più importanti e vedere quale sarebbe il paese in cui questa graduatoria è meglio riflessa. 

Parliamone in classe
Che cosa è più importante la work life balance o il mercato del lavoro? Quale sarebbe quindi il paese in cui vorresti trasferirti per stare bene? Proviamo a capirlo insieme utilizzando il sito dell’OCSE.
Il calcolatore delle soglie di povertà assoluta si può usare in classe per fare semplici attività di analisi dei dati. Ecco un esempio.

  • Nel 2021, era più costoso vivere al centro o al nord? Era più costoso vivere nel centro o nella periferia di un’area metropolitana?

  • Ancora nel 2021, spendeva più una famiglia con due genitori e due figli sotto i 3 anni in un piccolo comune del nord o una famiglia con un figlio di 15 anni in centro a Roma?

L’articolo è a cura di Claudia Maurini e Angela Romagnoli che in Banca d’Italia si occupano di educazione finanziaria nelle scuole e per i più giovani.
​Le opinioni espresse in questo articolo sono delle autrici e non riflettono necessariamente quelle della Banca d’Italia o dell’Eurosistema.

immagine in evidenza: A MH via Pixabay