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La scienza della frittura

Che cosa vuol dire friggere dal punto di vista chimico? Ed è davvero possibile friggere con l’aria, come promette lo strumento presente in molte cucine?

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«Fritto è buono tutto» è un modo di dire molto popolare e che molti si sentirebbero di sottoscrivere perché, come dimostrano diffuse abitudini alimentari, le specialità fritte sono le regine di molte cucine tradizionali, così come delle ricette da fast food. Prima di addentrarci nell’esame di quali siano le ragioni che rendono questa tecnica di cucina così popolare, chiediamoci innanzitutto quale sia la definizione di frittura, per aiutarci anche a distinguere cosa non si può correttamente definire come tale.

Che cosa significa “friggere”?

Per “frittura” si intende una cottura che prevede l’immersione di un alimento in un grasso (animale o vegetale, solido o liquido a temperatura ambiente) riscaldato a una temperatura che generalmente va da 160°C  a 190°C (la temperatura tipica è di 180 °C circa). Attraverso l’uso delle alte temperature, il calore, che viene trasferito molto velocemente dalla sostanza grassa all’alimento sottoposto alla cottura, provoca la rapida evaporazione dell’acqua contenuta nei suoi strati superficiali, che quindi si disidratano – si producono in questa fase le bollicine visibili sull’alimento sottoposto alla frittura – facendo sì che si formi la famosa crosticina croccante esterna, mentre l’interno può mantenersi morbido e non seccare. Il tutto ovviamente se l’operazione è eseguita a regola d’arte, a partire dal mantenimento della corretta temperatura.

L’uso di grassi da frittura – che raggiungono temperature decisamente più alte di quelle dell’acqua, permettendo quindi ai fritti di ottenere le loro caratteristiche tanto apprezzate – è quindi una parte essenziale di questa tipologia di cottura e bisogna tenerlo a mente, per comprendere bene imprecisioni o errori che si nascondono nella comunicazione a scopi promozionali o commerciali in un settore oggi molto in voga come quello della cucina e dell’alimentazione.

Perché il fritto ci piace?

Una delle ragioni per le quali il fritto ci piace così tanto è dovuta al fatto che il percorso dell’evoluzione ci ha resi predisposti ad apprezzare cibi con alto potere calorico, come quelli grassi e dolci, che favorivano la sopravvivenza. Non dobbiamo dimenticare che, anche se oggi in alcune zone del mondo una parte della popolazione avverte di più il problema contrario, cioè quello di limitare le calorie, le condizioni in cui la specie umana si è evoluta erano quelle in cui la ricerca di cibi calorici poteva fare davvero la differenza.

Del gusto della frittura, così come di molte altre tipologie di cottura tanto amate (tra cui tostatura e grigliatura), è protagonista la reazione chimica più famosa dell’ambito culinario: la reazione di Maillard, che prende il nome dal chimico e medico francese che la descrisse per primo nel 1912, anche se i suoi studi non riguardavano il cibo. Si tratta di una reazione tra gli amminoacidi (le unità che compongono le proteine) e quegli zuccheri che vengono definiti in chimica riducenti: per avvenire in tempi rapidi, necessita di una temperatura di almeno 140°C, così le alte temperature tipiche della frittura ne favoriscono l’azione.

Con la reazione di Maillard si producono composti organici chiamati melanoidine, che conferiscono agli alimenti cotti il classico aspetto bruno e un aroma e un sapore gustosi, come quello di crocchette e patatine fritte (ma anche quello tipico del caffè tostato, di pane e focacce appena sfornate e carne alla griglia). Tra gli altri motivi che rendono il fritto particolarmente gradito è la presenza del grasso, che può influenzare la percezione delle altre sostanze che contribuiscono all’aroma caratteristico dell’alimento e alla sua apprezzabilità. Ma gli studi scientifici hanno anche messo in luce un ulteriore aspetto, che dimostra come la cucina sia a pieno titolo un’esperienza multisensoriale. Un famoso studio, a cura di Massimiliano Zampini del Centro Mente e Cervello (CIMeC) dell’Università di Trento e Charles Spence del Dipartimento di Psicologia sperimentale dell’Università di Oxford, ha messo in evidenza come anche gli indizi sonori siano importanti per completare il quadro: in particolare, il riconoscibilissimo suono di una patatina fritta croccante contribuisce a farcene apprezzare sapore e freschezza.

Purtroppo, la frittura produce anche sostanze pericolose, come l’acrilammide, classificata come probabilmente cancerogena; per questo una delle raccomandazioni è quella di ridurre l’esposizione alla sostanza attraverso una scelta oculata degli alimenti e delle relative modalità di cottura. In generale, il necessario equilibrio e l’attenzione a bilanciare i nutrienti evitando l’eccesso di calorie sono, come è noto, importanti strategie per preservare la salute, tenendo anche conto del fatto che l’eccesso di peso è una delle cause di malattie di diverso tipo.

Un buon olio per friggere

Nella scelta dell’olio da adoperare per la frittura un parametro fondamentale è quello del “punto di fumo”, cioè la temperatura alla quale un grasso alimentare che viene riscaldato comincia a rilasciare sostanze volatili visibili sotto forma di fumo, tra le quali sono presenti sostanze dannose per la salute (come l’acroleina). Per evitare la formazione di queste sostanze nocive, una scelta ottimale è quella di un olio con un punto di fumo superiore a 180°C.

Un altro parametro importante è la resistenza alle ossidazioni, che però vede vincenti i grassi saturi, per altri versi pericolosi per la salute. Valutando nell’insieme le alternative, come suggerisce il chimico e divulgatore scientifico Dario Bressanini, l’olio di arachidi, l’olio di nocciola, l’olio di oliva o quello di girasole alto oleico sono le scelte più raccomandate.

Un aspetto controintuitivo ma importante riguarda la quantità di grassi assorbita dall’alimento fritto: ridurre la quantità di olio è tutt’altro che una buona idea; una quantità abbondante permette infatti alla temperatura di abbassarsi meno quando l’alimento viene immerso, e così di vaporizzare quasi istantaneamente l’acqua presente nel cibo, impedendo al grasso di penetrare al suo interno.

Friggere con l’aria è possibile?

Abbiamo visto come la presenza del grasso sia fondamentale per la frittura. Com’è possibile allora che da qualche anno si parli moltissimo di friggere con l’aria, rendendo estremamente popolare un apposito strumento, venduto proprio con il nome di “friggitrice ad aria”? Sgomberando il campo da ogni dubbio, la semplice descrizione del principio di funzionamento di questo elettrodomestico mostra che non si tratti di uno strumento che consente di friggere.

La struttura di una friggitrice ad aria prevede la presenza di una camera di cottura in cui si trovano resistenze in grado di produrre calore in modo rapido ed efficiente, nonché di una ventola che muove velocemente l’aria al suo interno. Si tratta, in breve, della struttura di un piccolo forno ventilato, quindi la tipologia di cottura che si può ottenere è analoga a quella, appunto, di un forno ventilato. Questo non vuol dire, ovviamente, che con questo strumento non si possano ottenere cibi gustosi. Al di là della scontata variabilità dei gusti alimentari, il fatto che lo strumento possa raggiungere per via delle piccole dimensioni la temperatura idonea alla cottura in tempi rapidi può renderlo una scelta comoda soprattutto per chi deve cucinare piccole quantità di cibo (l’utilizzo di un forno classico comporterebbe un maggiore consumo di energia e tempi più lunghi).

Talvolta la presenza di grassi nei cibi può rendere l’alimento cotto con una figgitrice ad aria simile nel gusto a un cibo fritto in modo tradizionale (per esempio quando si adopera la friggitrice ad aria per completare la cottura di alimenti precotti con grassi e poi surgelati). Si tratta però delle caratteristiche del prodotto e non della modalità di cottura.

Ma se, in ultima analisi, l’aria non frigge davvero, perché le friggitrici ad aria si chiamano così? Si tratta di un’oculata scelta di marketing che ha dato un contributo importante al successo e alla diffusione di questo elettrodomestico, trasmettendo l’illusoria idea che sia possibile coniugare il piacere del fritto con la salubrità, evitando i pericoli collegati al suo consumo in eccesso. Non a caso, infatti, strumenti analoghi alle odierne friggitrici ad aria messi in commercio più di 20 anni fa con nomi diversi non avuto successo commerciale e sono stati presto dimenticati. Proprio per evitare di essere vittime del marketing è quindi importante informarsi adeguatamente e poi prendere la propria personale decisione, che sia quella di utilizzare questi piccoli forni ventilati oppure no.

immagine di copoertina: Wikipedia su licenza CC BY-SA 3.0

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Fish and chips, il tradizionale piatto britannico a base di pesce fritto e patate fritte (immagine: Matthias Meckel via Wikipedia)

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Cotoletta alla milanese (immagine: pier via Wikipedia su licenza CC BY-SA 4.0)

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Tempura, un piatto giapponese a base di pesce fritto e verdure fritte (immagine: Wikipedia su licenza CC BY 2.0)

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