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Segni particolari, neutrino

È la particella più difficile da rivelare a causa della sua difficoltà a interagire con la materia. Per dargli la caccia gli scienziati costruiscono rivelatori enormi nei posti più inospitali della Terra. Comprenderne la natura potrebbe dare risposta ad alcune delle domande fondamentali circa la natura dell’universo. Ecco l'identikit di una delle particelle più intriganti del cosmo
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Attraversano il nostro corpo a miliardi ogni secondo senza che ce ne rendiamo conto. Provengono dal centro della Terra, ma anche dal cuore del Sole e delle altre stelle e prima di raggiungerci molti di loro viaggiano pressoché indisturbati per trilioni di trilioni di chilometri nel cosmo. Gli scienziati gli danno la caccia con rivelatori enormi, che si trovano nei posti più inospitali del nostro pianeta, dalle miniere abbandonate del Giappone e del Nord America ai ghiacci solitari dell’Antartide. Grazie a loro è nato da alcuni anni una nuovo settore di ricerca astronomica che promette di dare risposta ad alcune delle domande fondamentali circa la natura dell’universo. E in questo settore di ricerca c’è da sempre tantissima Italia. D’altra parte, forse, non poteva essere diversamente, visto che i neutrini, le particelle di cui stiamo parlando, sono le uniche ad avere un nome italiano.  

Chi ha scoperto i neutrini?

La storia dei neutrini inizia nel 1930, quando il fisico Wolfgang Pauli stava studiando il decadimento beta dei nuclei atomici, in cui un neutrone (senza carica elettrica) si trasforma in un protone (carica positiva) e un elettrone (carica negativa). Gli esperimenti, tuttavia, davano risultati contraddittori, così Pauli ipotizzò che, oltre al protone e all’elettrone, doveva esserci un’altra particella senza carica elettrica e con una massa quasi nulla coinvolta nel decadimento beta. Enrico Fermi, nel 1934, diede un nome a questa particella: neutrino. Secondo i primi calcoli fatti già nel 1934 da Rudolf Peierls e Hans Bethe, i neutrini sono particelle estremamente sfuggevoli e possono arrivare dallo spazio e attraversare tutta la Terra senza interagire con la materia. I neutrini furono osservati per la prima volta solo nel 1956 dai fisici Clyde L. Cowan e Frederick Reines. Cowan e Reines usarono un reattore nucleare come sorgente di neutrini da far scontrare con dei protoni, così da produrre neutroni e, soprattutto, positroni (particelle di antimateria con la stessa massa degli elettroni, ma carica positiva). I positroni appena creati si accoppiano con gli elettroni del materiale sensibile del rivelatore per produrre luce. Pur senza rivelare i neutrini direttamente, fu possibile osservare per la prima volta le dirette conseguenze della loro presenza.  

Che cosa sono i neutrini?

I neutrini sono descritti dal Modello Standard della fisica delle particelle.Il Modello Standard è una teoria scientifica che descrive tutte le particelle conosciute e le divide in tre famiglie: quark, leptoni, bosoni.
Tutte le particelle del Modello Standard (immagine: Wikipedia)
I neutrini fanno parte della famiglia dei leptoni. I leptoni sono una famiglia di sei particelle divise in coppie. Ci sono tre particelle cariche negativamente, elettrone, muone e tau, associate a tre tipi di neutrini: neutrino elettronico, neutrino muonico, neutrino tau. Ciascun tipo di neutrino è coinvolto nella produzione della particella associata. Per esempio, nel decadimento beta, il neutrino è elettronico perché si forma insieme a un elettrone. Secondo il Modello Standard tutti i neutrini hanno carica elettrica nulla e, almeno in teoria, massa uguale a zero.  

Che cos’è l’oscillazione dei neutrini e perché è importante misurarla?

Per rispondere a questa domanda dobbiamo partire dal Sole. Il Sole brilla perché nel suo nucleo avvengono le reazioni che trasformano quattro protoni in un nucleo di elio. Queste reazioni producono energia sotto forma di luce e neutrini elettronici. I neutrini partono dal Sole e arrivano sulla Terra. Ma c’è un problema: i neutrini solari misurati sono sempre solo una frazione di quelli attesi. Come mai? Tutta colpa dell’oscillazione del neutrino, un meccanismo ipotizzato da Bruno Pontecorvo nel 1957. L’oscillazione del neutrino è un fenomeno previsto dalla meccanica quantistica secondo cui un neutrino può trasformarsi da un tipo a un altro. Per esempio, un neutrino elettronico può diventare un neutrino muonico o neutrino tau. Nel caso dei neutrini solari, gli esperimenti condotti a partire dagli anni Sessanta erano pensati per rivelare solo neutrini elettronici; gli scienziati però ne misuravano solo 1/3 di quelli che si aspettavano il Sole producesse. Nel corso degli anni questo “mistero dei neutrini solari mancanti” fu chiarito: durante il tragitto dal Sole alla Terra il meccanismo delle oscillazioni quantistiche trasforma una parte dei neutrini elettronici in neutrini muonici e in neutrini tau. Fu la prima conferma indiretta delle oscillazioni dei neutrini. Il punto è che la teoria quantistica prevede che le oscillazioni avvengano solo se i neutrini hanno una massa diversa da zero. Quindi il meccanismo delle oscillazioni comporta che il Modello Standard originario sia modificato. Vista l’importanza di questo risultato sperimentale, Takaaki Kajita, con l’esperimento Super-Kamiokande sui neutrini atmosferici, e Arthur B. McDonald, con il Sudbury Neutrino Observatory dedicato proprio ai neutrini solari, hanno ricevuto il premio Nobel per la fisica nel 2015 proprio per l’osservazione dell’oscillazione del neutrino. Ci sono anche esperimenti che tentano di misurare direttamente la massa dei neutrini, come KATRIN in Germania. Una stima però viene dall’astrofisica: i dati della radiazione cosmica di fondo ci dicono che la somma delle masse dei tre tipi di neutrini è minore di un milionesimo della massa dell’elettrone, la particella elementare più leggera. Dopo i neutrini, naturalmente.
In occasione del primo CTA- Symposium, Aula di Scienze ha incontrato proprio Takaaki Kajita insieme a Rainer Weiss, anch'egli premiato col Nobel per la Fisica: qui trovi la loro intervista.
 

Da dove arrivano i neutrini?

Non ci sono solo i neutrini prodotti dai reattori nucleari e dal Sole. Molto interessanti sono per esempio quelli “prodotti” dai raggi cosmici. I raggi cosmici sono particelle (nuclei atomici) molto energetiche che si formano in galassie distanti o nelle esplosioni di stelle massicce (supernovae). Quando i raggi cosmici arrivano sulla Terra interagiscono con gli atomi e le molecole della nostra atmosfera e producono anche neutrini. Oltre ai raggi cosmici, le supernovae producono neutrini. Ciò fu previsto nel 1966 dagli scienziati Colgate e White e osservato poi nel 1987 nella supernova 1987A.
I resti della supernova 1987A: in alto a destra un ingrandimento della regione centrale (immagine: NASA/Hubble)
I neutrini sono prodotti anche dai nuclei radioattivi che si trovano sulla Terra. Questi neutrini geologici sono estremamente importanti per capire meglio la struttura interna del nostro pianeta.  

Come osserviamo i neutrini?

Per osservare i neutrini si costruiscono rivelatori sotto terra per riuscire a filtrare le particelle. Infatti, mentre i neutrini passano indisturbati e arrivano agli strumenti, le rocce bloccano molte particelle che disturberebbero le osservazioni.
Due tecnici a bordo di una zattera speciale sono impegnati nella manutenzione dei rivelatori del detector SuperKamiokande (immagine: SuperKamiokande Collaboration)
Questi rivelatori sono essenzialmente enormi vasche piene di liquido con il quale i neutrini possono interagire producendo luce o corrente elettrica misurabili. Uno dei liquidi più impiegati lo conosciamo molto bene: è l’acqua. In questo caso, il passaggio di neutrini produce la radiazione Cherenkov. Così funzionano il Super-Kamiokande in Giappone e l’IceCube Neutrino Observatory in Antartide.
L'IceCube Neutrino Observatory nei pressi della base Scott-Amundsen al Polo Sud (immagine: IceCube Collaboration)
A volte, al posto dell’acqua è usato un liquido particolare detto scintillante. Quando i neutrini attraversano il liquido scintillante cedono parte della propria energia agli elettroni che producono una corrente elettrica misurabile. Così funzionano, per esempio, la versione aggiornata del Sudbury Neutrino Observatory in Canada, BOREXino nei Laboratori del Gran Sasso in Italia e MiniBooNE al Fermilab di Chicago.
Un'immagine del detector SNO nella miniera di Sudbury, in Canada (immagine: SNO Collaboration)
 

Dove ci porterà la ricerca sui neutrini?

I neutrini sono ovunque e sono prodotti di continuo nell’universo. Per questo i principali risvolti della ricerca sui neutrini sono astrofisici. Per esempio, la scarsa interazione dei neutrini con la materia può essere sfruttata in modo furbo. Finora, l’osservazione dell’universo si è basata principalmente sull’osservazione della luce; tuttavia, ci sono casi in cui la luce è bloccata dalla presenza di gas e polveri, come nelle regioni centrali della Via Lattea. I neutrini provenienti da quelle zone non hanno problemi di passaggio: se riuscissimo a misurarne a sufficienza, le informazioni che trasportano possono essere utili per capire che succede da quelle parti. Per molti anni, dato il loro carattere elusivo, si è pensato che i neutrini fossero la materia oscura. Tuttavia, una volta raffinate le stime sulle possibili masse dei neutrini, si è capito che questo è uno scenario al momento da escludere, almeno per quanto riguarda i neutrini che conosciamo. Una gran quantità di neutrini dovrebbero anche essere stati prodotti subito dopo il Big Bang. Questi neutrini fossili ancora non sono stati misurati, ma se lo fossero sarebbe una svolta. Inoltre, il numero di specie di neutrini e la loro massa influisce sull’espansione dell’universo. E parlando di fatti recenti, i neutrini sono importanti nell’astrofisica multi-messaggero: nel 2017 l’IceCube Neutrino Observatory ha osservato un neutrino ad alta energia che proviene da una galassia attiva, una galassia che produce anche una gran quantità di raggi gamma. Questo è importante perché poter osservare lo stesso fenomeno con diversi occhi indipendenti (neutrini, luce, onde gravitazionali) è essenziale per capire meglio che cosa succede nell’universo.
Se vuoi approfondire i temi legati all'astronomia multimesseggero puoi leggere questo Come te lo spiego di Michele Avalle. Il libro Neutrino, di Frank Close, è invece una bella lettura che racconta la storia un po' avventurosa di questa particella: qui trovi una recensione dell'opera.
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