Aula di scienze

Aula di scienze

Persone, storie e dati per capire il mondo

Speciali di Scienze
Materie
Biologia
Chimica
Fisica
Matematica
Scienze della Terra
Tecnologia
I blog
Sezioni
Come te lo spiego
Science News
Podcast
Interviste
Video
Animazioni
L'esperto di matematica
L'esperto di fisica
L'esperto di chimica
Chi siamo
Cerca
Come te lo spiego

Femmine sorprendenti

Anche gli scienziati più rigorosi possono essere influenzati dai pregiudizi umani sul ruolo dei sessi e sulla competizione sessuale nelle altre specie

leggi

Che cos’hanno in comune tartarughe, lemuri, passeri e albatros? Le loro femmine (e i maschi di conseguenza) sfuggono ai più diffusi stereotipi su come dovrebbero essere le relazioni tra i generi, secondo i nostri pregiudizi umani. Soprattutto non confermano le nostre aspettative sul ruolo dei sessi nelle società biologiche, che si sono plasmate in base all’esperienza e alla cultura della nostra specie.

Di questo ha scritto Lucy Cooke in un libro estroso dal titolo parecchio irriverente: “Bitch – A revolutionary guide to sex, evolution & the female animal” (Doubleday, 2022). Zoologa di formazione, Lucy Cooke ha studiato a Oxford, dove è stata allieva di Richard Dawkins. Al grande pubblico, soprattutto inglese, è nota per le sue trasmissioni televisive, oltre che per almeno un libro precedente sul bradipo (“The power of Sloth”, Hachette, 2014).

​​

Con allegria sapiente, Cooke sfata almeno due secoli di miti sui sessi in natura. Senza un briciolo di pedanteria o recriminazione, racconta che questi miti sono da imputare, oltre che a tradizioni millenarie, a un certo numero di studiosi, soprattutto di epoca vittoriana, tra cui anche Charles Darwin.

Perlopiù maschi e figli del loro tempo, questi scienziati hanno osservato e interpretato la competizione evolutiva tra i sessi come una lotta tendenzialmente solo maschile per arrivare a fecondare gameti del maggior numero di femmine.

Nell’epoca in cui è vissuto Darwin, la seconda metà dell’Ottocento, la riproduzione era considerata qualcosa di armonico. Entrambi i sessi di tutte le specie avrebbero cooperato per creare e plasmare la generazione successiva. Secondo questa concezione, basata su pregiudizi e non fatti, le femmine di quasi tutte le specie sono state considerate a lungo timide e monogame. Passive e sottomesse, la loro vita sarebbe trascorsa nell’attesa di essere impregnate e, una volta data alla luce la prole, nell’assidua cura dei piccoli.

Oggi stiamo via via scoprendo che spesso femmine e maschi non hanno affatto gli stessi obiettivi sessuali e riproduttivi. La competizione evolutiva tra i sessi è visibile negli adattamenti e contro-adattamenti che ciascun sesso ha sviluppato e che, nelle femmine, sono spesso sfuggiti o non osservati del tutto.

Perché le femmine sono state così neglette? In una concezione in cui il maschio fa il diavolo a quattro e la femmina attende, ogni studio su questi esseri passivi e indolenti sarebbe stata una perdita di tempo, dato che non avrebbero fatto nulla di interessante o audace per conquistare i maschi. Così a Darwin e ad altri era, per esempio, sfuggito che, tra gli uccelli canori, non solo i maschi ma anche le femmine sono in grado di cantare per attirare i partner. Del resto, questa visione rifletteva una concezione non solo maschile delle relazioni umane tra i sessi, talmente radicata e diffusa da scoraggiare ogni possibile idea diversa.

Le cose hanno iniziato a cambiare soprattutto negli ultimi vent’anni, quando alcune zoologhe ed etologhe donne (oltre a qualche maschio coraggioso) hanno iniziato a guardare al sesso negli animali da una prospettiva meno prevenuta. Molti di questi studi sono ancora oggi in corso in natura, in luoghi del mondo non sempre ospitali, dove Cooke si è recata per seguire sul campo le scienziate e gli animali da loro osservati.

Abbiamo così scoperto che la dominanza maschile e la docilità femminile non sono un dato di fatto nel regno animale. Le cose, da questo punto di vista, sono, anzi, molto più interessanti e inattese. Talmente inaspettate che le pioniere di queste ricerche sono state a lungo non credute, ostracizzate e lasciate ai margini delle loro discipline.

È interessante, per esempio, la prospettiva sugli ormoni sessuali. Christine M. Drea, esperta di comportamento sociale animale e di differenziamento sessuale alla Duke University a Durham, in North Carolina, ritiene che non si possa parlare di ormoni “maschili” e “femminili”, dato che gli estrogeni, il progesterone e il testosterone sono presenti in entrambi i sessi e sono inoltre in grado, in determinate situazioni, di convertirsi gli uni negli altri. Secondo Drea, «la differenza tra maschi e femmine sta piuttosto nella quantità relativa degli enzimi che convertono gli steroidi sessuali gli uni negli altri e nella distribuzione e sensibilità dei recettori ormonali» a queste sostanze.

La determinazione ereditaria del sesso tra maschi e femmine non è sempre la regola nel mondo animale, e anche l’ambiente può esercitare un’influenza rilevante. Spiega Cooke:

Le tartarughe, per esempio, si spingono fuori dall’acqua di mare per sotterrare le proprie uova nella sabbia delle spiagge tropicali. Le uova incubate a temperature superiori ai 31°C attiveranno geni in grado di creare degli ovari, mentre quelle incubate a temperature inferiori ai 27,7 °C daranno origine a testicoli. Le temperature che oscillano tra questi due estremi producono una miscela di tartarughe maschi e femmine.

Altri fattori noti per influenzare il destino sessuale di alcuni animali sono, oltre al calore, l’esposizione alla luce solare, alcune infezioni da parte di parassiti, i valori di pH, la salinità, la qualità dell’acqua, l’alimentazione, la pressione di ossigeno, la densità della popolazione e altre circostanze sociali, come quanti individui del sesso opposto ci sono nei dintorni.

Un altro mito di lunga durata è la presunta fedeltà tra le coppie di specie come i passeri scopaioli, spesso presi a esempio nelle comunità religiose per ispirare comportamenti morali. «Siate come i passeri scopaioli – il maschio e la femmina impeccabilmente fedeli l'uno all'altro», proclamava il reverendo Frederick Morris nel 1853. Morris era un appassionato ornitologo inglese, nonché l’autore di un popolare libro vittoriano sugli uccelli, nel quale incoraggiava i lettori a emulare il decoroso stile di vita della “umile e familiare” passera scopaiola (Prunella modularis).

Quel che il “buon” reverendo non sapeva è che in questo modo stava in realtà concedendo al proprio gregge femminile il permesso di cercarsi un secondo compagno e di accoppiarsi più di 250 volte con entrambi i maschi, al fine di mettere su famiglia. Oggi sappiamo, dagli studi di Nick Davies, zoologo all’Università di Cambridge, che la passera femmina gode in realtà di una notevole libertà sessuale e che, se fosse davvero stata presa a esempio dai fedeli, avrebbe generato il “caos nella parrocchia”.

Quindi tutti quelli che avevano considerato i passeri coppie monogame avevano preso un abbaglio? Non esattamente. Scoperte recenti ci dicono che c'è un’enorme differenza tra la monogamia sociale e quella sessuale: le coppie di passeri mantengono in effetti legami di coppia a volte per tutta la vita, anche se non sessualmente.

Coppie fedeli dal punto di vista sociale non sono necessariamente di due sessi opposti. Ecco un esempio portato da Cooke:

Gli albatros vivono dai sessanta ai settant'anni e […] il loro “tasso di divorzio”, come lo chiamano i biologi, è tra i più bassi di qualsiasi specie di uccelli. Quando Laura Bush aveva visitato le Hawaii nel 2006, la First Lady repubblicana aveva elogiato le coppie di albatros per la loro dedizione reciproca per la vita. Quello che nessuno, tantomeno Laura Bush, poteva sapere all’epoca era che più di un terzo di quelle coppie erano, per dirla in modo antropomorfico, lesbiche.

Un’altra idea radicata è che la mamma sia sempre un essere abnegato e dedito interamente alla prole. Le femmine di alcune specie di lemuri, il sesso dominante tra i deliziosi primati del Madagascar, depositano i propri piccoli in una sorta di asilo in cima a un albero, dove una lemure baby-sitter li accudirà insieme ad altri, lasciati lì da altre mamme. Nel frattempo cosa fanno le mamme col loro tempo libero? Si abboffano dei frutti abbondanti sugli alberi vicini e socializzano con altre femmine.

Anche alcuni anfibi non sembrano avere sempre il più forte istinto materno. Se provate a mettere delle uova fecondate di fronte ad alcuni anfibi femmina, è probabile che queste le mangino. Dopo tutto le uova sono un pasto ricco di proteine, gustoso, abbondante ed economico. La cosa curiosa è che a un certo punto alcuni circuiti neurali per la genitorialità inattivano l’istinto di cibarsi delle uova, che possono essere così covate nella bocca della mamma, al riparo dai predatori e dalla voracità materna.

Che cosa ci dicono nell’insieme questi esempi? Nelle parole di David Crews, professore di zoologia e psicologia dell'Università del Texas, ci spiegano che «il sesso non è un fenomeno unitario». Secondo Crews esistono cinque tipi di sesso: il sesso dato dai cromosomi (nella nostra specie, per esempio, XX o XY); il sesso che mostrano le gonadi (sempre negli esseri umani, per esempio, gli ovari e i testicoli); il sesso dettato dagli ormoni (dal progesterone, il testosterone e così via); il sesso morfologico, ossia quello che appare dai caratteri sessuali secondari che contribuiscono all’aspetto anche esterno di un animale (nella nostra specie, per esempio, la barba nei maschi o il seno nelle femmine); e infine il sesso che mostrano i comportamenti (le condotte e gli atteggiamenti più tipicamente maschili o femminili).

Tutte queste caratteristiche non vanno necessariamente d’accordo tra loro, né rimangono sempre fisse per la vita. Piuttosto emergono e si cumulano nel tempo, influenzate da geni e ormoni, ma anche dall’ambiente e dalle esperienza di ciascun animale. Con questi fattori di base, la biologia offre dunque una notevole plasticità sessuale, che permette quell’enorme varietà e fluidità che si osserva nelle espressioni sessuali, sia tra i membri di una specie sia tra specie diverse.

I risultati degli studi degli ultimi decenni stanno dunque non solo ridefinendo il ruolo delle femmine in molte specie. Stanno soprattutto chiarendo che anche il sesso femminile è tra le forze importanti che hanno fatto e fanno muovere l’evoluzione. Dicono anche che le aspettative schematicamente binarie, su come dovrebbero essere i geni e gli ormoni, i corpi, i cervelli e i comportamenti di maschi e femmine, sono obsolete e da aggiornare.

Per scrivere questo post ho letto Lucy Cooke, “Bitch – A revolutionary guide to sex, evolution & the female animal” (Doubleday, 2022). Le citazioni sono tradotte da me dall’inglese. Nell’immagine di apertura un esemplare di lemure della specie Varecia variegata (Wikipedia).
9781804990919-jacket-large.jpeg
La copertina del libro di Lucy Cooke, “Bitch – A revolutionary guide to sex, evolution & the female animal” (Doubleday, 2022). Sarebbe bello se fosse tradotto in italiano.
Charles_Robert_Darwin_by_John_Collier.jpeg
Charles Darwin, che ha elaborato la teoria dell’evoluzione delle specie per selezione naturale, nel corso dei suoi studi non ha colto del tutto il ruolo delle femmine nella competizione tra i sessi nel mondo animale. Probabilmente in questo è stato limitato dai pregiudizi del suo tempo. Nell'immagine è ritratto da John Colliier (1883, National Portrait Gallery, Wikipedia).
Turtle_golfina_escobilla_oaxaca_mexico_claudio_giovenzana_2010.jpeg
Una tartaruga di mare cova le proprie uova su una spiaggia in Messico (Wikipedia)
Prunella_modularis02.jpeg
Un esemplare di passero scopaiolo (Wikipedia)