Terra tremante o vero continuatione de terremoti Dalla Creatione del Mondo fino al tempo presente in cui s’ammirano metamorfosi della natura, ingoiamenti di Paesi, aperture, e voragini della Terra, assorbimenti d'Isole, desolationi di Provincie, dispersioni d'Imperii, translationi di Città, di Monti, e di Territorii, di staccamenti di Regni, torcimenti di Fiumi, sorgive, e disseccamenti di essi, Città ridotte in laghi ed in cenere, inondationi di Mare, e di Fiumi, ergimenti di Colli, produttioni d'Isole, precipitii, e profondationi di Monti, Scaturigini di Fuoco […] ed altre stravaganze, tutti da' Terremoti prodotte.
Siamo nel 1691 a Napoli e questo è il titolo (solo una parte del titolo) di un formidabile lavoro di ricerca sui terremoti di tutto il mondo, compilato da Marcello Bonito, “archivario del Regno”, sulla base di una sterminata bibliografia classica e della personale raccolta di manoscritti.
Il titolo esprime bene l’impressionante potere di trasformazione che il terremoto può innescare: frane, voragini, città distrutte, fiumi deviati, sparizione o comparsa di sorgenti, maremoti… Del resto Bonito si mette freneticamente al lavoro sotto l’impressione di un grande terremoto, quello che il 5 giugno 1688 colpisce il Regno di Napoli, provocando migliaia di morti e danni gravissimi, soprattutto a Benevento e alla stessa Napoli.
L’enfasi sugli aspetti straordinari, meravigliosi, è ben comprensibile. Nel XVII secolo il fenomeno terremoto è ancora molto lontano dall’essere compreso. Lo stesso Bonito in apertura del suo poderoso volume fa una lunga carrellata sulle teorie elaborate nei secoli precedenti sul terremoto.
Tra le prime ipotesi formulate nell’antichità sulle cause dei terremoti c’è certamente l’influsso degli astri, ipotesi che curiosamente viene riesumata anche oggi in formulazioni ingenue, spesso associate alla possibilità di previsione.
Nella filosofia greca l’occorrenza del terremoto viene correlata ai quattro elementi, acqua, terra, fuoco e aria, e in particolare grande fortuna ha la teoria aristotelica, secondo la quale il terremoto è prodotto dalle esalazioni secche (pneuma) prodotte dal calore dell’interno della terra e dal sole, che all’esterno si manifesta in forma di vento, all’interno in forma di terremoto.
Proprio nel Seicento viene elaborata una delle teorie più fortunate sull’origine dei terremoti, quella fuochista, secondo la quale fuochi sotterranei sprigionano esalazioni che con le loro pressioni producono i terremoti. Uno degli esponenti più importanti di questa scuola è Athanasius Kircher, che nel suo Mundus subterraneus fornisce una rappresentazione visionaria di grande suggestione dell’interno della terra.
Nel Settecento questa teoria viene progressivamente soppiantata dalla teoria elettricista, che ipotizza che il terremoto sia prodotto da scariche elettriche interne o esterne. Insieme al grande successo delle ricerche sull’elettricità, questa teoria si alimenta anche dall’osservazione di fenomeni elettrici non infrequenti in caso di forti terremoti.
Cataloghi di terremoti
Ma facciamo un passo indietro e torniamo a Bonito. Perché mai si lancia in questa impresa impossibile di compilazione di un catalogo di terremoti “dalla creazione del mondo” e su base mondiale? Forse non ne è del tutto consapevole, ma Bonito sta facendo una operazione di enorme modernità.
In verità non si è inventato nulla. Prima di lui, altri si sono imbarcati nella stessa impresa. Un primo vero e proprio catalogo di terremoti è compilato da Giannozzo Manetti, ambasciatore fiorentino a Napoli, dopo il grande terremoto che colpisce l’Italia meridionale nel dicembre 1456. Mezzo secolo dopo, di nuovo dopo un forte terremoto che nel 1561 colpisce l’Appennino meridionale, è Cola Anello Pacca, studioso di medicina e di logica convertitosi alla ricerca storica, a compilare l’inedito Discorso sul terremoto (1563), con un accuratissimo repertorio di notizie su terremoti. Di poco successivo è il Libro, o Trattato, de Diversi Terremoti di Pirro Ligorio, scritto durante la sequenza sismica che tra il 1570 e il 1574 colpisce la città di Ferrara, testo che oltre a raccogliere informazioni su terremoti, dall’antichità al 1571, propone anche uno straordinario progetto di casa antisismica. Ma su questo torneremo.
Per capire quanto sia moderna l’intuizione e prezioso il lavoro di Manetti, Pacca, Pirro Ligorio e Bonito occorre fare un salto a metà Ottocento, quando un ingegnere inglese, Robert Mallet, che sarà protagonista di una missione di studio sul terremoto che il 16 dicembre 1857 colpisce Campania e Basilicata, corredata da uno straordinario reportage fotografico, pubblica un moderno catalogo di terremoti su scala mondiale e una “mappa sismografica”, che per la prima volta nella storia lascia intuire quello che è uno dei fondamenti della teoria della tettonica a placche, che sarà poi dimostrata, un secolo dopo, dalla disponibilità dei dati delle reti strumentali mondiali: cioè che la distribuzione della sismicità ‘disegna’ quelle che sono le placche continentali.
Il lavoro di Mallet (e del figlio) può contare su una enorme mole di lavoro svolto a Digione dall’amico Alexis Perrey, che dalla prima metà degli anni ’40 dell’800 va compilando liste di terremoti di varie parti del mondo, per studiare dal punto di vista statistico una possibile correlazione dell’occorrenza dei terremoti con le fasi lunari. Nei decenni successivi la compilazione di liste di terremoti, regionali e nazionali, diventerà pratica diffusa sia in Italia sia in Europa, contribuendo in modo sempre più consapevole a descrivere le caratteristiche della sismicità italiana ed europea.
Il punto di arrivo per l’Italia è la pubblicazione di Terremoti d’Italia del geografo Mario Baratta nel 1901, testo che è alla base di tutte le elaborazioni degli ultimi trent’anni e della nascita della sismologia storica, una disciplina e un settore di ricerca di enorme importanza.
Le fonti, tra biblioteche e archivi
Sismologia “storica” per l’appunto: un ramo della sismologia che opera con gli strumenti propri della ricerca storica quantitativa, come la storia del clima ad esempio. Questo è particolarmente possibile in Italia per l’enorme patrimonio di documentazione, di fonti, che si è conservato nel corso dei secoli in biblioteche e archivi pubblici e privati. Testimonianze sull’occorrenza di terremoti e sui loro effetti sono infatti prodotte da tantissime fonti e per ragioni diverse.
L’occorrenza di un terremoto è un evento traumatico, che fa paura, e se è forte, molto forte, può produrre danni a cose e persone, a volte con caratteri distruttivi. Per questa ragione è del tutto ovvio che sia raccontato dalle fonti memorialistiche (cronache, diari) e che si sedimenti nella documentazione amministrativa ed ecclesiastica.
Tantissime cronache medievali “registrano” l’occorrenza dei terremoti e fortunatamente molte di queste cronache sono state pubblicate, in tempi diversi. La più importante raccolta di cronache medievali è denominata Rerum Italicarum Scriptores. Le fonti ecclesiastiche, in particolare quanto è conservato negli archivi parrocchiali, sono di enorme importanza: la rete delle parrocchie è ben distribuita sul territorio e dopo il Concilio di Trento (1563) inizia la compilazione dei registri parrocchiali (battesimi, matrimoni e morti), che spesso registrano anche eventi rilevanti per la comunità, terremoti compresi; lo stesso vale per le cronache conventuali.
Fin dal Cinquecento si sviluppa poi una rete giornalistica sempre più efficiente, prima in forma manoscritta, con il “commercio” di notizie destinato alle élite economiche e sociali, per poi dare origine, dai primi decenni del Seicento, alle gazzette a stampa, destinate a un pubblico sempre più ampio. In questo mondo dell’informazione, che ha caratteristiche straordinariamente moderne e si svilupperà poi nella forma che oggi conosciamo, le notizie di terremoti trovano sempre molto spazio.
Molto importanti sono, ovviamente, le fonti amministrative, che documentano i provvedimenti delle amministrazioni stesse quando si verifica un terremoto, particolarmente quando ha prodotto danni e mette in moto meccanismi di soccorso e provvedimenti economici.
La sismologia storica
Le informazioni sugli effetti di terremoti del passato, potenzialmente presenti in tipologie di fonti molto diverse, manoscritte e a stampa, conservate in biblioteche e archivi pubblici e privati, sono di enorme importanza per la sismologia. Ma facciamo un esempio a partire da un singolo evento.
“Nel detto anno MCCCXXVIII, a l’entrare di dicembre, furono diversi tremuoti ne la Marca nelle contrade di Norcia, per modo che quasi la maggior parte della detta città di Norcia sobissò e caddono le mura de la terra e le torri, case e palazzi, e chiese, e de la detta rovina, perché fu sùbita e di notte, morirono più di Vm persone. E per simile modo rovinò uno castello presso a Norcia, che si chiama le Precchie, che non vi rimase persona né animale vivo; e per simile modo il castello di Montesanto, e parte di Monte Sammartino, e di Cerreto, e del castello di Visso”. [Villani G., Nuova Cronica, ed. G. Porta, Parma, 2007]
È l’1 dicembre 1328, un violento terremoto, che oggi stimiamo di Mw 6.4, colpisce la Valnerina, la stessa zona cioè del terremoto del 30 ottobre 2016 in Italia Centrale. A riassumerne gli effetti più disastrosi è la cronaca del mercante e cronista fiorentino Giovanni Villani, che puntigliosamente elenca le località maggiormente danneggiate: Norcia, Preci, Montesanto, Monte San Martino, Cerreto di Spoleto, Visso.
Ebbene, quello che fa la sismologia storica è raccogliere ed elaborare criticamente informazioni simili, le più dettagliate possibili, da fonti diverse, su più località possibili, che abbiano avvertito il terremoto o ne abbiano subito gli effetti di danno. Per poi interpretare tutte le informazioni disponibili sulle singole località (a volte centinaia di documenti) in una stima dello scuotimento per ciascuna località. Lo strumento che usiamo per formalizzare questa stima di scuotimento (che oggi registriamo anche con gli accelerometri) è la scala macrosismica – quella che è comunemente chiamata scala Mercalli, ma è uno strumento molto sofisticato -, e cioè un sistema di ordinamento di scenari di effetti in forma di graduatoria. Per questo parliamo di grado della scala.
Mettendo insieme le stime di intensità, di tutte le località documentate, è poi possibile definire i parametri del terremoto: localizzazione, stima dell’energia (magnitudo), ecc. Esattamente quello che fa oggi una rete sismica strumentale. La precisione di questi parametri epicentrali dipende dal numero e dall’accuratezza delle informazioni disponibili, così come per la rete sismica dipende dalla densità della rete, dall’efficienza delle stazioni, ecc. Non bisogna dimenticare che sia le stime macrosismiche, quelle appena descritte, sia quelle strumentali sono affette da errori, da incertezze.
Con questa tecnica, descritta in modo necessariamente speditivo, ricostruiamo la storia sismica del nostro Paese in forma di catalogo di terremoti, che rappresentiamo in mappe come quella disegnata da Robert Mallet a metà Ottocento. I dati di sismologia storica, relativi ad alcune migliaia di terremoti, contribuiscono alla definizione dei processi sismogenetici, a individuare e caratterizzare le strutture tettoniche attive (faglie) e soprattutto sono l’ingrediente principale, per le stime di pericolosità sismica, vale a dire per quelle valutazioni probabilistiche che indirizzano le politiche di protezione dai terremoti.
Proteggersi dai terremoti non è un’istanza solo di oggi, e per motivare scelte personali e collettive occorre innanzitutto liberarsi da modelli interpretativi che considerano il terremoto una fatalità o addirittura una punizione di una qualche divinità, modello interpretativo che ogni tanto riemerge.
Eppure già a inizio Settecento il naturalista riminese Giovanni Bianchi, facendo riferimento alle interpretazioni religiose del terremoto del 1672, risponde in modo magistrale:
«a questi discorsi d’uomini volgari che vogliono troppo presuntuosamente entrare negli imperscrutabili giudizj di Dio […] scrissero, che questo tremuoto era stato spezialmente mandato da Dio pel poco rispetto che gli Ariminesi avevano delle Chiese […] il che piuttosto alla divozione grande si sarebbe dovuto attribuire, o meglio alla natura delle case; perché è più facile che le Chiese le quali hanno altissime muraglie e senza travi, con le loro volte cadano, che le case, che divise sono in tante piccole camere legate con tante travi. A questo aggiungesi che troppo superbamente gli uomini talora entrano ne’ giudizj imperscrutabili di Dio, i fenomeni della natura per sui gastighi interpretando: poiché il tremuoto non è un puro castigo di Dio ma un vero fenomeno della natura com’è la pioggia, la nebbia, la neve, la grandine, il fulmine, le tempeste e cose simili».
Il riferimento, acutissimo, al fatto che le case, “che divise sono in tante piccole camere legate con tante travi”, siano meno vulnerabili delle chiese, richiama il contributo di Pirro Ligorio. Nel suo Libro, o Trattato, de Diversi Terremoti un corposo paragrafo è dedicato a “Delli rimedii contra’ terremoti per la sicurezza degli edificii”, in cui propone un modello di casa antisismica. Le soluzioni tecniche che propone sono molto semplici e vengono dalla sua esperienza di architetto e dall’aver osservato direttamente i danni subiti dalla città di Ferrara nel 1570: muri portanti solidi, ben ammorsati, struttura in pianta regolare, molta cura nella realizzazione degli angoli, delle aperture (porte e finestre), dei solai.
Una lezione molto semplice, dimenticata per lungo tempo, ma ancora straordinariamente attuale.
Frontespizio di “Terra tremante” [Bonito, 1691] (immagine: Wikipedia)
Seismographic Map of the World [Mallet, 1858]
Mappa del Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (immagine: INGV)