Da un po’ di tempo Alfred Lothar Wegener aveva qualche problema, da quando aveva presentato la sua idea sulla deriva dei continenti. L’idea era questa: circa 250 milioni di anni fa esisteva un unico oceano e un’unica massa continentale che si sarebbe smembrata in un certo numero di continenti. Il Nord America e il Sud America scivolarono verso ovest, allontanandosi da Europa e Africa, mentre Antartide e Australia si staccarono dall’Africa per spostarsi lentamente verso sud e sud-est. Questi spostamenti lasciarono in eredità due nuovi oceani, l’Atlantico e l’Indiano.
L’idea della deriva dei continenti spiegava con semplicità molti problemi geografici, geologici, paleontologici, paleoclimatici e botanici. Se l’Africa occidentale e il Sud America hanno linee di costa che si incastrano quasi alla perfezione e contengono rocce, fossili, depositi glaciali simili è perché alla fine del Paleozoico erano unite in un unico continente che Wegener chiamò Pangea.
Il problema era che l’idea della deriva dei continenti non era ritenuta valida dalla comunità geologica di allora. I ricercatori statunitensi erano convinti che i continenti non si fossero mai mossi dalla loro posizione attuale. Per i geologi europei, invece, i continenti potevano muoversi in verticale ma niente a che vedere con quella migrazione massiccia proposta da Wegener. Perché i continenti si sarebbero mossi lateralmente? Quale era il meccanismo che li mandava, letteralmente, alla deriva?
Wegener si impegna a fondo per rispondere a questa domanda, che stava alla base delle critiche dei colleghi. Nel 1922, nella terza edizione de L’Origine dei Continenti e degli Oceani, prova a spiegare il funzionamento della sua idea. I continenti sono dei blocchi rigidi fatti da rocce che contengono grandi percentuali di silice e allumina (sial era l’acronimo usato dagli specialisti di allora per queste associazioni di rocce) che galleggiano su livelli rocciosi composti soprattutto da silice e magnesia (il cosiddetto sima). Importante, nella sua spiegazione, è la natura del sima che è immaginato simile ad un fluido viscoso in grado di supportare le masse continentali e permetterne il movimento. Gli spostamenti, infine, erano causati dalla rotazione della Terra attorno al proprio asse. L’analogia più vicina a questa spiegazione è quella degli iceberg (i continenti) che galleggiano sull’acqua degli oceani (il sima), qualcosa che Wegener conosceva bene grazie alla sue spedizione artiche.
Nonostante il suo accumulare prove a favore della deriva dei continenti e la pubblicazione, nel 1929, di una quarta edizione de L’origine dei Continenti e degli Oceani, Wegener non riuscì mai a far accettare la sua idea. Per la maggior parte dei geologi di allora non c‘erano, in natura, forze sufficienti per spostare le masse continentali. La risposta alla domanda sul perché i continenti si muovono si sarebbe trovata solo cinquant’anni dopo, in fondo al mare.
La grande quantità di dati geofisici sulla morfologia e composizione dei fondali oceanici ottenuti nella prima metà del XX secolo e subito dopo la seconda guerra mondiale ha permesso lo sviluppo e il consolidamento della teoria della tettonica delle placche. Tra gli anni ’50 e ’70 del secolo scorso cinque scoperte scientifiche hanno permesso l’affermazione della teoria tettonica delle placche:
- la dimostrazione che i fondali oceanici sono fatti di rocce giovani, dal punto di vista geologico; i fondali oceanici hanno meno di 180 milioni di anni e quasi un quarto della crosta oceanica attuale ha meno di 40 milioni di anni;
- i fondali oceanici non sono terre piatte ma, piuttosto, una superficie corrugata con valli e creste chiamate dorsali oceaniche;
- la creazione di nuova crosta oceanica in prossimità delle dorsali oceaniche (margini di placche divergenti) è bilanciata dal suo consumo in corrispondenza delle zone di subduzione (margini di placche convergenti);
- la conferma che i basalti di crosta oceanica mostrano delle anomalie magnetiche registrate in un minerale chiamato magnetite, un ossido di ferro che come l’ago della bussola si allinea al campo magnetico terrestre che varia nel tempo geologico;
- l'attività sismica e vulcanica della Terra è concentrata lungo le zone di subduzione e le dorsali oceaniche.
La tettonica delle placche spiega come la superficie della Terra sia composta da una quindicina di placche litosferiche (figura), tra quelle principali e quelle minori, che si muovono una rispetto all’altra.
Ogni placca è formata da crosta e dalla porzione più esterna del mantello, detto mantello litosferico (figura). Dal punto di vista meccanico le placche sono corpi rigidi appoggiate sul mantello astenosferico, rocce molto più calde in grado di deformarsi plasticamente.
Il motore del movimento delle placche è di solito spiegato con la presenza di celle convettive nel mantello astenosferico e nel mantello inferiore. Il movimento di queste celle, fatte di rocce essenzialmente allo stato solido ma in grado di fluire plasticamente a causa delle alte pressioni e temperature a cui sono sottoposte, si trasmette alle placche litosferiche che, quindi, si muovono in risposta a questi processi profondi.
Ma le celle convettive nel mantello non sono l’unica spiegazione della deriva dei continenti. Tra tutte le forze che agiscono sulle placche litosferiche, quelle esercitate dalle placche in subduzione sembrano essere le più importanti. Sappiamo che le rocce delle placche in subduzione subiscono trasformazioni metamorfiche che le rendono più dense del mantello che le circonda. È come se i continenti fossero tirati da un gigantesco peso (figura) e non dalle celle convettive nell’astenosfera.
Wegener aveva ragione: i continenti si muovono ma i meccanismi di questo movimento gli erano oscuri. La teoria della tettonica delle placche è stato un enorme avanzamento rispetto all’idea della deriva dei continenti ed è oggi uno dei principi fondamentali delle Scienze della Terra. Non conosciamo però tutti i dettagli che regolano la deriva dei continenti e nuove domande scientifiche aspettano una risposta: quando è iniziata la tettonica delle placche sulla Terra? E perché la Terra sembra essere l’unico tra i pianeti rocciosi del sistema solare ad avere attività tettonica?
Mappa del flusso di calore globale. I margini delle placche tettoniche sono indicati dalle linee bianche (immagine: Commissione Internazionale del Flusso di Calore, 1993)
Le principali unità strutturali all’interno della Terra. (A) Sezione della litosfera. (B) Sezione della Terra con profondità, pressione e temperature in corrispondenza delle discontinuità sismiche. (C) Sezione della Terra con i modelli convettivi a due celle e a una cella (rispettivamente a sinistra e a destra) (immagine: rielaborazione da Mineralogia e petrografia, di Klein e Philpotts, Zanichelli, ed. italiana)
Slab pull, ovvero il «tiro» che la placca in subduzione esercita sulla litosfera (immagine: rielaborazione da Erkan Gül et al. Pre-collisional extension of microcontinental terranes by a subduction pulley, Nature Geoscience, 2021)
Schema della subduzione di una placca oceanica (immagine: rielaborazione da Mineralogia e petrografia, di Klein e Philpotts, Zanichelli ed. italiana)