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La next generation delle valvole cardiache

Due ricerche cercano un rimedio alla degenerazione delle protesi cardiache biologiche per ridurre le morti dovute alle malattie cardiovascolari

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Le malattie al sistema cardiocircolatorio sono la principale causa di morte nei paesi dell’Unione Europea. Causano 1,6 milioni di morti ogni anno, pari al 35% delle morti totali. In particolare, l’infarto del miocardio e l’ictus cerebrale sono le due malattie più letali. L’interesse scientifico è focalizzato su questo ambito di ricerca con l’obiettivo di trovare strumenti e cure che possano salvare la vita a chi è colpito da queste malattie.

Un filone di ricerca è focalizzato sulle valvole cardiache, che devono essere sostituite in caso di danneggiamento del cuore. Ma la sostituzione di queste valvole è da sempre un problema per via del rigetto da parte dell’organismo che le riceve o per la loro eccessiva usura. Una possibile soluzione è l’uso di animali geneticamente modificati per produrre valvole cardiache in grado di evitare la risposta immunitaria che le danneggia e determina la loro degenerazione. A condurre questa ricerca è stato un gruppo internazionale coordinato dall’immunologo clinico Emanuele Cozzi dell’Università di Padova, che a febbraio 2022 ha pubblicato i risultati sulla rivista scientifica Nature Medicine.

Un’alternativa è fare luce sui metodi per contrastare la prematura degenerazione delle valvole cardiache biologiche, dette anche bioprotesi, disponibili in commercio. Infatti, due studi pubblicati su European Journal of Cardio-Thoracic Surgery e Frontiers in Immunology da Alessandro Gandaglia e Filippo Naso, rispettivamente biologo e biotecnologo della startup padovana BioCompatibility Innovation (BCI), riguardano una nuova tecnologia finalizzata al prolungamento della durata delle bioprotesi. Infatti, la BCI è riuscita a sviluppare il metodo Facta, un processo industriale che sfrutta molecole di origine vegetale per rendere la bioprotesi completamente biocompatibile, cioè tollerata dal corpo umano senza danni o reazioni di rigetto, e di maggior durata. Ma facciamo un passo indietro: come funzionano le valvole cardiache?

Fisiologia e patologia delle valvole cardiache

Il cuore è dotato di quattro valvole per consentire il passaggio del sangue dagli atri ai ventricoli e dai ventricoli alla circolazione sistemica e polmonare. A intervalli regolari, le valvole si aprono per far passare il sangue e si chiudono per far sì che proceda in un’unica direzione e impedire, quindi, il reflusso. La valvola mitrale separa l’atrio sinistro dal ventricolo sinistro; la valvola tricuspide si trova tra l’atrio destro e il ventricolo destro; le altre due regolano l’efflusso del sangue tra ventricolo sinistro e aorta (valvola aortica) e tra ventricolo destro e arteria polmonare (valvola polmonare). Le valvole sono costituite da membrane sottili ma molto resistenti, che si aprono e chiudono a ogni ciclo cardiaco.

Questo video dell’archivio Zanichelli mostra il funzionamento delle valvole cardiache:

Queste valvole possono essere danneggiate da una malattia, da un’alterazione congenita, da un’infezione batterica oppure dalla fisiologica degenerazione dovuta all’avanzare dell’età. Qualsiasi sia la causa del danno, il rischio per la salute è alto: la valvola si restringe e la camera interessata fatica a spingere il sangue nel comparto successivo. A quel punto il muscolo cardiaco si indurisce e diventa più spesso: il risultato è l’alterazione del flusso sanguigno attraverso il cuore, che si traduce in un affaticamento o una disfunzione. Questo fenomeno prende il nome di stènosi. Una valvola può anche indebolirsi e non chiudersi correttamente: il rischio, quindi, è che il sangue torni indietro. Questo fenomeno viene definito insufficienza valvolare. In entrambi i tipi di disfunzione, il carico di lavoro del cuore aumenta: di conseguenza, per compensare, l’organo tende a dilatarsi. Ciò comporta uno scompenso cardiaco, cioè la comparsa di un insieme di sintomi e segni dovuti all’incapacità del cuore di contrarsi normalmente e soddisfare il fabbisogno di sangue di tutti gli organi. Se lo scompenso cardiaco non è trattato, il danno al cuore diventa irreversibile.

Il progetto iHEART sfrutta i modelli matematici per descrivere la complessità anatomica e fisiologica del cuore e per aiutare i medici a comprendere meglio il funzionamento di questo organo. Ne abbiamo parlato con il matematico Alfio Quarteroni, responsabile del progetto, in una puntata del podcast Voci in Agenda.

Interventi di riparazione e sostituzione

Tutte le valvole cardiache possono diventare stenotiche o insufficienti, con conseguenti alterazioni della circolazione sanguigna. Il danno può essere isolato a una singola valvola o coinvolgerne più di una. In genere, in seguito alla conferma della diagnosi, una patologia valvolare richiede un controllo medico periodico.

Al momento non esiste alcun farmaco in grado di rallentare la progressione del malfunzionamento valvolare. Per questo, occorre ricorrere a un intervento chirurgico per la riparazione o la sostituzione della valvola. La riparazione preserva la valvola e i lembi del paziente, ma è errato pensare che sia la via più semplice e con minori rischi. Infatti, entrambi gli interventi possono richiedere procedure mininvasive o operazioni chirurgiche in circolazione extracorporea e a cuore fermo. Quest’ultima consiste nell’ossigenare e pompare il sangue in circolo, quando il cuore viene fermato per riparare o sostituire una valvola.

Un'intensa attività di ricerca scientifica è in corso da anni per sviluppare tecniche mininvasive di sostituzione di una valvola. Già oggi vengono effettuati interventi transcatetere a cuore battente: è un approccio che consente di accedere alla valvola danneggiata per vie periferiche, attraverso sonde flessibili chiamate cateteri. Generalmente, la sonda percorre una via venosa fino alla valvola danneggiata e, sotto la guida dell’ecocardiografia, si provvede a rilasciare una clip che viene posizionata in modo da unire i lembi della valvola.

Se, però, le valvole devono essere sostituite interamente, possono essere usati due tipi di protesi valvolari cardiache: quelle biologiche e quelle meccaniche. La scelta dell’uno o dell’altro tipo dipende da diversi fattori: l’età e il genere del paziente, il tipo di valvola da sostituire, la presenza di altre patologie.

Le protesi biologiche o bioprotesi provengono da tessuto umano (prelevato da un paziente deceduto e opportunamente conservato) oppure da tessuti animali di origine suina o bovina. Vanno però incontro a degenerazione (durano circa 10 anni) per fattori meccanici, chimici, infettivi e immunologici-infiammatori. Per questo motivo potrebbero richiedere un nuovo intervento chirurgico per la loro sostituzione. Tuttavia, non necessitano della somministrazione di farmaci ad azione anticoagulante. Il tipo di valvola e l’approccio chirurgico utilizzato hanno un impatto a breve termine sulla fase di recupero e a lungo termine sulla qualità della vita della persona.

Le valvole meccaniche, invece, sono di carbonio, un materiale durevole e resistente: possono durare tutta la vita del paziente e rappresentano di gran lunga il tipo più usato. Sebbene siano durevoli, sulla loro superficie possono formarsi degli aggregati solidi di componenti del sangue, chiamati trombi. Il trombo ostruisce il vaso sanguigno in cui si forma e può staccarsi e propagarsi, comportando l’ostruzione di altri vasi importanti o può frammentarsi e dar luogo a emboli, cioè masse che si muovono nel flusso sanguigno e possono a loro volta ostruire altri vasi. Quindi, il paziente deve essere trattato con terapia anticoagulante per tutta la vita, per impedire la formazione di coaguli che possono formarsi a seguito del contatto del sangue con la valvola meccanica. L’intensa ricerca scientifica degli ultimi 50 anni sulle valvole meccaniche ha migliorato il design e ha permesso di trovare materiali sintetici ad alta performance e bassa trombogenicità.

Difficoltà da superare

Quando una bioprotesi viene impiantata, è riconosciuta come “estranea” dal corpo che la riceve, che tenta di eliminare le molecole di cui è costituita. In particolare, una delle cause principali delle reazioni immunologiche avverse è una piccola molecola chiamata alpha-Gal (o galattosio-alfa-1,3-galattosio). L’alpha-Gal è espressa in tutti i mammiferi ad eccezione dell’essere umano, dei bovini e dei suini (per questo motivo usiamo i tessuti di questi animali per la fabbricazione delle bioprotesi).

Il nostro corpo, stimolato dalla flora intestinale che produce alpha-Gal, dirige anticorpi contro questa molecola allo scopo di eliminarla. La reazione immunologica avversa comporta la degenerazione e la disfunzionalità della bioprotesi impiantata. Il risultato è una progressiva calcificazione dell’impianto valvolare, cioè si accumulano minerali di calcio e fosfato a seguito dello stress meccanico a cui è sottoposta la valvola.

È possibile rallentare il processo di calcificazione? In parte sì, mediante un trattamento chimico delle bioprotesi, ma si tratta di una soluzione che non elimina il problema. In alternativa si può ricorrere alle soluzioni di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo: la soluzione di Cozzi, più onerosa e lunga, consiste nell’utilizzare tessuti animali ingegnerizzati in cui è stata inattivata l’alpha-Gal; la soluzione della tecnologia Facta consiste nell’usare trattamenti biochimici non tossici che rendano invisibile al nostro sistema immunitario l’alpha-Gal. Si basa su un processo industriale che utilizza molecole di origine vegetale per rendere la bioprotesi completamente biocompatibile e prolungarne la durata. Questa tecnologia, oltre a garantire la riduzione del tasso di re-intervento chirurgico per degenerazione della bioprotesi, potrebbe rappresentare anche un risparmio per la spesa sanitaria pubblica.

valvole cardiache-1

La struttura chimica della molecola alpha-Gal (immagine: Wikipedia)

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Vista in sezione longitudinale e trasversale delle valvole cardiache (immagine: archivio Zanichelli)