La storica conquista della Luna, la corsa verso il suolo marziano e il ritorno di fiamma per la superficie lunare sono gli argomenti protagonisti della terza puntata di Voci in Agenda. Nel primo podcast ascoltiamo i motivi che negli anni Sessanta spinsero la Nasa a portarci sulla Luna e perché oggi torniamo a guardare con interesse al nostro satellite; nel secondo scopriamo che cosa ci spinge ad andare su Marte e il ruolo che il ritorno sulla Luna potrebbe giocare sul futuro dell’esplorazione spaziale.
1. Da John Fitzgerald Kennedy a Elon Musk
Nel 1962 il Presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy lancia il programma spaziale Apollo col quale la Nasa promette al mondo di far camminare un uomo sulla Luna entro la fine degli anni Sessanta. Un progetto ambizioso e costosissimo, di cui gli Stati Uniti hanno però assoluto bisogno. In quel momento, infatti, la corsa allo spazio la sta vincendo l’Unione Sovietica: nel 1957 Mosca ha lanciato in orbita Sputnik 1, il primo satellite artificiale terrestre, mentre nel 1961 Jurij Gagarin è stato il primo uomo a volare nel cosmo. Negli anni Sessanta, nel pieno della Guerra Fredda, questi successi sovietici sono inaccettabili per Washington, prim’ancora che dal punto di vista scientifico, dal punto di vista politico e dell’immagine.
Da qui parte la grande ricorsa alla Luna che culminerà nel “balzo” di Neil Armstrong, il primo a camminare sul suolo lunare nel luglio del 1969. Da qui parte anche il racconto di Serena Gradari, che dagli anni della Guerra Fredda ci porta fino ai giorni nostri, giorni nei quali abbiamo acceso nuovamente i riflettori sulla Luna. Dopo alcuni decenni di oblio, infatti, il nostro satellite naturale è tornato a essere al centro dei pensieri delle agenzie spaziali di mezzo mondo, ma anche di aziende private, come SpaceX di Elon Musk. Un rinnovato interesse scientifico che potrebbe inaugurare una nuova fase dell’esplorazione spaziale.
2. Viaggiare verso Marte, partendo dalla Luna
Oggi sappiamo che in un periodo della sua storia evolutiva, su Marte scorrevano fiumi, su Marte pioveva, su Marte le temperature erano tali da farci supporre che ci fossero condizioni compatibili per lo sviluppo di vita. La nostra chiacchierata con Maria Cristina De Sanctis, ricercatrice all’Istituto di Astrofisica e Planetologia spaziale dell’INAF, comincia proprio ancorandosi a questo concetto chiave: Marte era e resta il pianeta del Sistema Solare più simile alla Terra.
Oggi abbiamo messo i piedi sul suolo marziano solo con i robot, ma la sfida è appena iniziata. I prossimi anni vedranno al centro dell’interesse scientifico lo studio della sottosuperficie marziana, anche se il sogno dichiarato delle agenzie spaziali resta quello dell’esplorazione umana del Pianeta Rosso.
Provare a portare su Marte i primi astronauti e le prime astronaute è il cuore del progetto Artemis della Nasa, di cui ci ha parlato Maria Cristina De Sanctis. La roadmap del progetto prevede che per riuscire nell’impresa dovremo però tornare prima sulla Luna. La Luna sarà infatti la palestra privilegiata dove potremo allenarci a utilizzare le tecnologie necessarie a estrarre materiale in loco per costruire sul posto le strutture che dovrebbero ospitare le prime potenziali colonie umane su Marte. Da qui il rinnovato interesse per la Luna, che da punto di arrivo della prima era dell’esplorazione spaziale, diventa oggi il punto di partenza per la prossima.