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Voci in Agenda: un mare di plastica

In questa ottava puntata parliamo del materiale che ha rivoluzionato il Novecento e che oggi minaccia gravemente gli ecosistemi marini

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L’affermazione della plastica nell’industria del Ventesimo secolo e i gravi rischi che le plastiche rappresentano per la sopravvivenza della vita nei mari sono i protagonisti della ottava puntata di Voci in Agenda. Nel primo podcast ascoltiamo le ragioni dell’ascesa delle materie plastiche nel mercato globale; nel secondo gettiamo uno sguardo al presente e al futuro della plastica, che oggi rappresenta forse il rischio più grave per la sopravvivenza di molte specie marine.

1. C’era una volta la bachelite

Ovunque vi troviate in questo momento provate a guardarvi intorno. Siete certamente circondati da oggetti di plastica. Magari tenete in mano lo smartphone protetto dalla sua cover di plastica e state ascoltando la vostra musica preferita utilizzando cuffie di plastica. Nel vostro zaino, probabilmente fatto di fibre plastiche, c’è il caricatore dello smartphone che si sta scaricando, anch’esso fatto di plastica. Siete a bordo di uno scooter? State viaggiando trasportati da plastica: quella delle manopole, quella della carrozzeria, quella del sellino. Di plastica sono praticamente fatti tutti gli interni dei mezzi di trasporto, auto, autobus, treni, aerei. Il settore del packaging, da quello alimentare a quello industriale, è il regno della plastica e negli ultimi decenni lo è diventato anche quello dell’abbigliamento, dove le fibre sintetiche la fanno ormai da padrone. La plastica è insomma ovunque. Essenzialmente perché è un materiale economico e dalle proprietà straordinarie.

Nella storia che ci racconta Serena Gradari l’eccezionalità di questo materiale da Nobel, campione dell’innovazione, emerge tutta, a partire dai suoi albori, quando non si chiamava ancora plastica, ma bachelite. Una storia di grandi successi, ma che oggi è accompagnata da molte ombre, dovute proprio alla sua enorme produzione. Perché se è vero che il riciclo dei materiali plastici è un’azione fondamentale dal punto di vista economico, energetico e ambientale e si investe nel settore delle bioplastiche, è vero anche che la pervasività e la persistenza di oggetti e particelle plastiche rappresenta un rischio enorme soprattutto per l’equilibrio degli ecosistemi marini. E dunque anche per la nostra salute.

2. Marine litter, microplastiche, Mediterraneo

Marine litter. In inglese significa letteralmente «rifiuti marini». Oggi sappiamo che l’80% di questi rifiuti è dovuto a oggetti di plastica e che la metà è dovuta a plastica monouso. Anche per questa ragione nel 2021 l’Unione Europa ha bandito la commercializzazione di oggetti di plastica “single-use” per gli Stati membri. Si tratta di una buona notizia. Quella della UE è stata una misura necessaria, ma in qualche maniera tardiva rispetto alla produzione esponenziale di plastica che si è registrata nel mondo negli ultimi decenni. 

Delle conseguenze del marine litter sugli ecosistemi marini abbiamo parlato con Maria Cristina Fossi, professoressa ordinaria di Ecologia ed ecotossicologia all’Università di Siena. Abbiamo così scoperto perché le microplastiche, cioè frammenti di plastica inferiori a 5 mm, sono così pericolose per la biodiversità delle specie marine. E che il Mar Mediterraneo è uno dei mari più colpiti dalla presenza di plastiche per via del grande impatto antropico a cui è sottoposto. Ma anche che la cooperazione tra ricerca e comunità internazionale può fare molto, per esempio istituendo progetti di monitoraggio come Plastic Busters, di cui Maria Cristina Fossi è coordinatrice.

In questo articolo del nostro Speciale Antropocene Giancarlo Sturloni parla della necessità di un trattato globale sulla plastica alla luce delle conseguenze che oggi sperimentiamo per via dell’enorme produzione di materie plastiche e di una filiera del riciclo ancora inefficiente.
marine litter