Se mi schiacci, mi appiattisco...
Se proviamo a schiacciare questa blatta potremmo avere una sorpresa: sollevato il piede l'animale potrebbe essere vivo e vegeto e scappare a tutta velocità verso un irraggiungibile nascondiglio. P. americana, infatti, oltre a resistere a pressioni di 300 volte il proprio peso, ha la capacità di ridurre lo spessore del corpo anche della metà, riuscendo in questo modo a infilarsi in spazi di appena tre millimetri di altezza. Ma la cosa più sorprendente è che anche in spazi così angusti l'insetto riesce a muoversi molto velocemente: come è possibile, visto che non c'è letteralmente lo spazio perché possa camminare? Gli scienziati del Poly-PEDAL Lab, un laboratorio specializzato in biomimetica dell'Università di Berkeley, negli Stati Uniti, ha scoperto che quando queste blatte si trovano in spazi molto stretti, riescono a usare parti diverse delle zampe per darsi la spinta necessaria, senza perdere (o quasi) efficienza.Roboblatta
Dopo aver scoperto e approfondito queste caratteristiche dell'odioso scarafaggio, gli scienziati hanno provato ad applicarle alla robotica e hanno costruito CRAM (Compressible Robot with Articulated Mechanisms). A differenza di molti altri suoi cugini, questa macchina appartiene alla categoria dei robot "soffici", costruiti cioè in modo da permettere un cambiamento di forma. Proprio come l'essere vivente a cui si ispira, CRAM è costituito da un esoscheletro composto da placche robuste ma flessibili, che quando è schiacciato può comprimersi della metà. Quando CRAM è in modalità "compressa", può continuare a muoversi velocemente perché le sue zampe, anche se in maniera più rudimentale rispetto al modello vivente, cambiano orientamento continuando a garantire la presa necessaria anche negli spazi più inaccessibili.Ricerca e soccorso
Ma a cosa serve uno scarafaggio robot? Nel loro studio appena pubblicato su PNAS, i ricercatori suggeriscono in particolare applicazioni nel campo della ricerca e soccorso. Immaginiamo che un terremoto abbia ridotto in macerie un edificio: i soccorritori, o i loro cani, non possono infilarsi in ogni pertugio alla ricerca di un superstite; un robot di questo tipo, attrezzato con sensori e telecamere, invece sì. Per lo stesso motivo un successore di CRAM potrebbe diventare un ottimo strumento di monitoraggio ambientale, perché riuscirebbe a raggiungere luoghi molto pericolosi per un essere vivente (per esempio un sito contaminato da forti radiazioni) e allo stesso tempo non avrebbe le difficoltà di movimento di un essere umano o di un robot convenzionale. Robert Full, autore della ricerca insieme a Kaushik Jayaram, in un commento alla rivista Wired US ha dichiarato: «Non siamo entomologi, pensiamo anche che [gli scarafaggi] siano disgustosi, ma ci possono insegnare grandi cose». Immagine in apertura e immagine box: Tom Libby, Kaushik Jayaram e Pauline Jennings/PolyPEDAL Lab, UC Berkeley via Berkeley News