E se un giorno i nostri campi fossero impollinati anche da insetti robot? Il progetto Robobee dell'Università di Harvard punta in quella direzione e ha appena raggiunto un importante traguardo: il volo controllato di un robot grande quanto un'unghia.
Dopo dodici anni di lavoro da uno dei laboratori della Harvard University è emersa una nuova specie. Il suo nome è Robobee e la sua evoluzione, per quanto rapida, non è stata affatto facile: solo dopo centinaia di prototipi questo piccolissimo robot che si ispira al volo degli insetti è diventato davvero capace di volare in modo controllato, un traguardo meritevole di una pubblicazione sulla rivista Science.
Il modello, o meglio, lo "schizzo" su cui basarsi era il volo delle mosche (Ditteri), in particolare del genere Eristalis (morfologicamente simile alle api, che però appartenengono all’ordine degli Imenotteri) del quale si è copiata la forma dell’ala: il principio base, imitare la natura, era semplice e ben collaudato (basta pensare al velcro), ma nel caso di Robobee i ricercatori scoprirono presto che quando si tratta di un insetto che vola è più facile a dirsi che a farsi. Semplificando, non basta applicare le leggi dell’aerodinamica così come le applicheremmo per far volare un nuovo modello di elicottero, aereo, o aliante: a questa scala (ogni Robobee pesa appena 80 milligrammi) non funzionano, bisogna reinventarle, perché ogni minima perturbazione è in grado di destabilizzare il robot. Addirittura contano moltissimo le differenze "individuali": ogni robot si ottiene grazie a un laser che intaglia strati di fibra di carbonio, plastica, e ceramica che poi si piegano fra loro come un origami, ma per quanto sia elegante questo processo, non è comunque in grado di produrre copie identiche, e il sistema deve bilanciare gli effetti di queste minute e imprevedibili imperfezioni.
Ma come funziona un Robobee?
Per quanto riguarda la parte prettamente meccanica, l’elettricità invece di alimentare un "classico" motore elettromagnetico va a dei "muscoli" che sfruttano la piezoelettricità: grazie a particolare ceramiche si genera a livello del "torace" un moto oscillatorio che, opportunamente amplificato con delle leve, è in grado di far muovere le ali.
Ogni ala è poi controllata da un muscolo indipendente e ogni manovra può essere quindi eseguita modulando l’ampiezza e la frequenza del battito. Questo è però possibile solo grazie a un set di videocamere per il motion capture, che possono cioè tradurre in tempo reale ciò che riprendono in dati sul movimento, grazie ai quali un computer è in grado di pilotare il robot in qualsiasi posizione voluta.
Anche gli insetti fanno qualcosa di simile, cioè osservano le proprie ali con gli ocelli più dorsali: nel caso di Robobee si potrebbe dire che gli ocelli (almeno per ora) sono all’esterno.
Come si può vedere nelle immagini e nel video al momento i Robobee si distinguono dai veri insetti per un altro particolare non da poco, cioè l’alimentazione e la comunicazione col dispositivo avvengono grazie a un leggerissimo cavo del peso di 5 mg. Purtroppo un sistema completamente wireless al momento è quasi impossibile, ma come si è visto Robobee è un progetto in divenire: Kevin Y. Ma, tra gli autori della pubblicazione, rivela che solo negli ultimi sei mesi sono stati testati venti prototipi.
Le generazioni successive di questi robot potrebbero un giorno essere utilizzate sia in ambito militare (spionaggio e ricognizione) che civile (monitoraggio in ambienti ostili, controllo del traffico), e muoversi in sciami come gli insetti sociali da cui prendono il nome. A questo proposito un’altra applicazione potrebbe essere quella di ausilio all’impollinazione delle colture, purtroppo minacciata dal generale declino dei principali impollinatori: le api.
Nella parole di Ma: «Voglio creare qualcosa che il mondo non ha mai visto prima [...]. È l’eccitazione di spingersi al limite di quello che pensiamo sia possibile realizzare, al limiti dell’ingegno umano. (Traduzione di «I want to create something the world has never seen before,” adds Ma. “It’s about the excitement of pushing the limits of what we think we can do, the limits of human ingenuity.»)