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Una carezza non è un pugno

Forse per Adriano Celentano una carezza poteva celarsi in un pugno. Non è così per le fibre C, i neuroni che permettono al cervello di distinguere sensa esitazioni le percezioni cutanee più delicate. Un nuovo studio fornisce ulteriori dettagli sulle fibre C e apre alla possibilità di terapie per la cura di stress e dolore cronico.
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Forse per Adriano Celentano una carezza poteva celarsi in un pugno. Non è così per le fibre C, i neuroni che permettono al cervello di distinguere sensa esitazioni le percezioni cutanee più delicate. Un nuovo studio fornisce ulteriori dettagli sulle fibre C e apre alla possibilità di terapie per la cura di stress e dolore cronico. 

Coccole e carezze non sono solo una sensazione piacevole: forniscono anche un punto di contatto che salda i rapporti interpersonali e permette di regolare, nei primati così come in altri animali, le dinamiche del gruppo (come nel fenomeno del grooming). Un studio pubblicato dalla rivista Nature fornisce nuovi dettagli sulla rete di neuroni sensoriali responsabili di trasmettere il segnale delle coccole: gli stessi che ci permettono di distinguere senza esitazione una carezza da un pugno.

Un test di stimolazione cutanea per simulare carezze e massaggi in un topolino (Immagine: D. Anderson lab, Caltech)


La nostra pelle: un reticolo di neuroni sensoriali
La nostra pelle è letteralmente cosparsa di terminazioni nervose che rispondono a stimoli meccanici: si tratta dei meccanocettori e permettono di convogliare al cervello le migliaia di impulsi collegati alla percezione cutanea. Molti di questi impulsi sono associati ad una sensazione di dolore e hanno una funzione protettiva. Ma non tutti gli stimoli percepiti dalla nostra pelle sono uguali: come spiegare, ad esempio, la diversa sensazione che proviamo quando riceviamo una botta piuttosto che una carezza? Inizialmente, gli scienziati pensavano che la diversa sensazione dipendesse dall’intensità dello stimolo. Studi recenti (già presentati sulle pagine dell’Aula) hanno però aiutato a mettere a fuoco la questione: esistono in realtà fibre nervose che sono specifiche per massaggi e carezze, le cosiddette fibre C. Queste fibre sarebbero presenti solo nella pelle ricoperta da peli e si attivano solo quando la pelle viene toccata gentilmente – ad esempio con una carezza o un massaggio leggero – rimanendo mute nel caso di un pizzicotto o di una botta...

C di “Coccole”: il ruolo delle fibre C
Quando furono scoperte nel 2007, i ricercatori sapevano ben poco della funzione delle Fibre C. Gli studi in vitro non furono sufficienti a chiarirne la funzione e così i ricercatori decisero di testare la funzione di queste fibre direttamente nell’animale. Per fare ciò, neuroscienziati del California Institute of Technology di Pasadena hanno generato dei topi transgenici in cui i neuroni in esame si accendono ogni volta che vengono stimolati: in questo modo è più immediato capire quale tipo di stimoli è necessario per attivare le Fibre C. Dopo aver testato diversi tipi di stimoli, i ricercatori hanno identificato un tipo particolare di neuroni coinvolti nel fenomeno, i cosiddetti neuroni MRGPRB4+. Oltre ad avere un nome impronunciabile, questi neuroni hanno però anche il privilegio di essere, tra tutte le fibre C, i veri depositari dei segnali relativi a massaggi e carezze: in altre parole, sono i veri neuroni dalle coccole.

Ma le coccole possono modificare il comportamento dell’animale?
Per testarlo, i ricercatori hanno generato altri topi transgenici in cui la somministrazione di un farmaco è in grado di attivare artificialmente le fibre C, simulando lo stimolo delle coccole. Dopo una serie di esperimenti di “condizionamento”, i ricercatori hanno potuto verificare che i topi così trattati mostrano una netta preferenza per l’ambiente in cui viene somministrato loro il farmaco e cercano di tornarvi quando possibile. La stimolazione farmacologica delle fibre C è quindi legata ad una sensazione piacevole: tanto piacevole da influenzare il comportamento dell’animale.

In futuro, una “lozione alle coccole”?
Lo studio dei ricercatori californiani purtroppo non ci dice ancora se gli stessi neuroni MRGPRB4+  esistano anche nell’uomo. Ma se così fosse, questo aprirebbe nuove possibilità terapeutiche per alleviare, ad esempio, situazioni di stress o di dolore cronico. Ad esempio, stimolando i neuroni sensoriali normalmente attivati da coccole e massaggi «si potrebbe pensare di formulare medicine o addirittura lozioni che aiutino a sentirsi meglio» suggerisce David Anderson, il neurobiologo a capo dello studio.

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