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Bloccati nello spazio

Dovevano trascorrere in orbita poco più di una settimana, ma sono costretti a restare sulla ISS otto mesi. Che cosa è accaduto agli astronauti della Starliner?

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Il 5 giugno 2024 Sunita Williams e Butch Wilmore sono usciti indossando le tute spaziali dal Neil Armstrong Building del Kennedy Space Center, in Florida. Prima di dirigersi verso la rampa di lancio hanno salutato famigliari e amici, dando loro appuntamento a otto giorni dopo, quando era previsto il rientro sulla Terra. Non sapevano che la durata della loro missione sarebbe diventata di otto mesi.

La coppia di astronauti statunitensi è rimasta bloccata nella Stazione Spaziale Internazionale. Colpa di una serie di guasti che ha colpito la loro navetta, il nuovo modello Starliner della Boeing. Che qualcosa potesse andare storto era stato messo in conto: si trattava infatti di un test per verificarne il funzionamento, il primo volo con un equipaggio a bordo. La situazione che si è venuta a creare è stata però decisamente più complessa del previsto.

I problemi di Starliner

Realizzata nell’ambito del programma Commercial Crew della NASA, lo stesso che ha permesso di varare nel 2020 la navetta Crew Dragon di SpaceX, la Starliner è una nuova navetta riutilizzabile progettata per portare nell’orbita del nostro pianeta fino a sette astronauti. Il contratto fra l’agenzia spaziale statunitense e la Boeing ha un valore di oltre 4 miliardi di dollari. Il suo sviluppo è stato costellato da ritardi e problemi tecnici, compreso un primo volo nello spazio senza equipaggio nel 2019 che fallì l’attracco alla Stazione Spaziale Internazionale. Un secondo test di questo tipo fu completato nel 2022 e consentì di passare alla fase successiva: una missione di prova con astronauti a bordo.

Il 5 giugno 2024 la Starliner è stata lanciata verso il laboratorio orbitante anche se nei giorni precedenti nel sistema di propulsione erano state rilevate delle perdite di elio, giudicate di poco conto. Altre perdite analoghe sono iniziate dopo la partenza, ma il problema principale è emerso nella delicata fase di attracco, quando cinque dei 28 propulsori del Reaction Control System hanno smesso di funzionare correttamente e uno, in particolare, si è fermato del tutto.

L’aggancio alla ISS è riuscito comunque, ma l’ipotesi di rispettare i programmi è stata scartata quasi subito: i guasti erano diventati troppi e troppo rilevanti. Sono invece iniziati oltre due affannosi mesi di raccolta e analisi di dati per capire se la navetta fosse in grado di riportare sulla Terra in sicurezza l’equipaggio. La NASA, alla fine, ha scelto di non correre alcun rischio. La Starliner è scesa in modo automatico il 7 settembre, peraltro con successo. Williams e Wilmore sono invece rimasti in orbita in attesa di poter rientrare a febbraio con una Crew Dragon della SpaceX di Elon Musk.

I rischi per Sunita Williams e Butch Wilmore

Per la Boeing è stato un colpo di immagine durissimo. Per gli astronauti invece che cosa significa? Che ripercussioni ha rimanere bloccati lassù, oltre alla necessità di riprogrammare progetti e impegni sulla Terra? Sunita Williams e Butch Wilmore non erano stati selezionati a caso per testare la nuova navetta: sono dei veterani con alle spalle altre due missioni spaziali. L’addestramento e l’esperienza per adattarsi anche psicologicamente alla nuova situazione, insomma, non gli mancano.

Alcune conseguenze però non si possono evitare, come quelle sul fisico. Uno dei rischi maggiori è rappresentato dall’esposizione alle radiazioni: la NASA valuta che durante una missione di sei mesi nella Stazione Spaziale Internazionale si sia esposti a una dose di radiazioni fra 80 e 160 millisievert, cioè più o meno come fare fra 240 e 480 radiografie al torace. Facendo due calcoli, un soggiorno di otto mesi come quello degli astronauti della Starliner espone a una dose di radiazioni compresa fra 106 e 213 millisievert, pari a 318-639 radiografie. Si può stimare che il rischio di ammalarsi di cancro nel corso della vita per loro possa essere salito di quasi un punto percentuale. A questo vanno aggiunti tutti gli effetti della microgravità sul corpo umano, dalla riduzione della massa muscolare alla perdita della densità delle ossa. Un lungo parcheggio a oltre 400 chilometri di quota non è una passeggiata, insomma.

Cambi di programma

Non è la prima volta che si verifica una situazione simile. Nel 2015, ad esempio, a restare più a lungo nello spazio furono l’astronauta italiana Samantha Cristoforetti e i colleghi Terry Virts e Anton Skhaplerov. Il loro rientro era previsto il 14 maggio ma un paio di settimane prima, il 28 aprile, una navetta cargo russa Progress ebbe un’avaria e non riuscì a raggiungere la Stazione Spaziale Internazionale. Fu aperta un’inchiesta e i lanci successivi furono rinviati, con ripercussioni su tutte le attività pianificate. I tre astronauti tornarono solo l’11 giugno. Quel ritardo ebbe anche un risvolto positivo: consentì ad AstroSamantha di rimanere in orbita per un totale di 199 giorni e di battere il record di permanenza consecutiva nello spazio per una donna, che all’epoca apparteneva proprio a Sunita Williams, con 194. Oggi a detenerlo è invece la statunitense Christina Koch, che rimase nello spazio per 328 giorni fra il 2019 e il 2020. Il record maschile è del cosmonauta russo Valeri Polyakov con 437 giorni fra il 1994 e il 1995.

Tornando a chi è stato bloccato in orbita, l’episodio più celebre e bizzarro è quello che coinvolse Sergei Krikalev, rimasto nella vecchia stazione spaziale Mir perché il paese che l’aveva lanciato fuori dall’atmosfera aveva smesso di esistere. Il cosmonauta partì il 18 maggio 1991 dall’Unione Sovietica per una missione di sei mesi. Poco dopo la sua partenza accadde di tutto: l’URSS si disgregò, il cosmodromo di Baikonur da cui venivano effettuati i lanci divenne parte del territorio del neonato Kazakhstan, persino la sua città cambiò nome e da Leningrado diventò San Pietroburgo. Il programma spaziale di Mosca fu travolto da quei mesi di caos. Krikalev dovette attendere a lungo il cambio e scese dopo 311 giorni, il 25 marzo 1992, in un mondo completamente cambiato. La sua vicenda pochi anni dopo ispirò anche il famosissimo spot pubblicitario di un atlante geografico, in cui uno spaesato cosmonauta rientrava in Ucraina e scopriva di non essere più in Unione Sovietica.

Biglietto di ritorno per turisti spaziali

In modi diversi, tutte queste vicende mettono in evidenza che le missioni spaziali sono attività complesse e rischiose. Chi intraprende una carriera da astronauta professionista sa che, per quanto rare, queste situazioni si possono presentare. Krikalev, nonostante la disavventura sulla Mir, effettuò altre quattro missioni spaziali. Williams e Wilmore sono stati integrati nell’equipaggio della Stazione Spaziale Internazionale e si sono subito adattati al cambio di programma, prestando servizio a bordo come tutti gli altri colleghi.

Con la crescita del turismo spaziale, però, è solo questione di tempo prima che anche delle persone meno addestrate e preparate restino coinvolte in vicende analoghe. Dover trascorrere qualche giorno in più in orbita può essere tutto sommato un piacevole colpo di fortuna, ma come reagirebbero dei comuni cittadini alla prospettiva di rimanere settimane o mesi in più nello spazio? Quanto sarebbero in grado di mantenere la calma venendo a sapere ad esempio che nel frattempo sulla Terra un famigliare si è sentito male, come è già accaduto ad astronauti impegnati in una missione di lunga durata sulla Stazione Spaziale Internazionale? Da una parte, chi organizza viaggi spaziali a pagamento dovrà tenerne conto. Dall’altra, chi acquisterà un biglietto per volare fuori dall’atmosfera dovrà aver ben chiaro che quando si parla di spazio la data di rientro è da considerarsi sempre indicativa e molto flessibile.

Il turismo spaziale è uno degli asset della space economy, alla quale Stefano Dalla Casa ha dedicato un articolo che puoi trovare qui.
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Butch Wilmore e Sunita Williams dentro la Stazione Spaziale Internazionale (foto: NASA)

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Butch Wilmore e Sunita Williams diretti alla rampa di lancio (foto: NASA Television)

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La navetta Starliner (foto: NASA)

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La navetta Starliner vista dalla ISS (foto: NASA)