Un esemplare del nematode C. elegans (Foto: Wikimedia Commons).
Camere singole e un microscopio per studiare un esemplare alla volta
Il dispositivo ideato dai ricercatori svizzeri ha le le dimensioni di appena un paio di centimetri di lato e può contenere fino a 32 camerette, in cui altrettanti esemplari di C.elegans possono essere studiati separatamente. A differenza delle comuni piastre Petri in cui i vermi vengono normalmente studiati, queste camerette permettono di monitorare ciascun esemplare singolarmente. Grazie a un sofisticato sistema microfluidico, le condizioni all’interno di ciascuna camera possono essere controllate con precisione, aggiustando le concentrazioni di nutrienti in funzione delle esigenze metaboliche o regolando la temperatura.
Rappresentazione schematica del sistema microfluidico per lo studio di C. elegans; il dispositivo permette di regolare le condizioni di coltura e la tempereratura (a) e può alloggiare fino a 32 camere separate (d). (Immagine: Cornaglia M et al. Mol Neurodegener 2016).
Un piccolo dispositivo con tanti vantaggi
Le ridotte dimensioni del dispositivo offrono un notevole vantaggio: ciascuna cameretta può essere osservata al microscopio, permettendo di seguire lo sviluppo di ogni singolo esemplare durante tutta la sua vita. Si tratta di un notevole passo avanti, perché i parametri oggetto di studio non sono più stimati sulla media della popolazione (come si è costretti a fare quando i diversi esemplari di C. elegans condividono lo spazio di una piastra Petri) ma su ogni singolo individuo, con un’accuratezza molto più elevata. A questo vantaggio, si aggiunge quello di poter eseguire indagini molto precise di biologia molecolare. In genere, questo tipo di test richiede che l’esemplare sia immobilizzato, il che spesso porta a dover sacrificare il verme oggetto di studio. Il nuovo dispositivo permette invece di immobilizzare il verme temporaneamente: questo è possibile grazie a una soluzione liquida che, all’aumento della temperatura (da 15 °C a 25 °C), si trasforma in un gel, dentro al quale il verme rimane intrappolato. Terminata l’indagine, la temperatura viene nuovamente abbassata e il verme è in grado di muoversi nuovamente. La procedura può essere ripetuta più volte senza che lo sviluppo del verme venga compromesso: questo permette di studiare nel medesimo esemplare l’insorgenza e la progressione delle alterazioni molecolari, via via che queste si manifestano. La procedura si presta ad essere adattata anche alle tecniche di imaging più sofisticate: per esempio, se una proteina mutata viene marcata con un apposito colorante fluorescente, è possibile osservarne la distribuzione nei tessuti del verme e verificare se questa si modifica in modo anomalo via via che l’animale invecchia (come mostrato nell'immagine qui sotto).
Il dispositivo permette di seguire lo sviluppo di uno stesso verme nel tempo (pannelli a sinistra) e, grazie a opportuni marcatori fluorescenti, consente di monitorare alterazioni a livello molecolare (Immagine: adattata da Cornaglia M et al. Mol Neurodegener 2016).
Questo tipo di indagine potrebbe rivelarsi molto utile per studiare l’insorgenza di malattie neurodegenerative collegate al folding anomalo delle proteine o alla formazione di aggregati proteici, come per esempio la sclerosi laterale amiotrofica, la malattia di Alzheimer, il Parkinson e la corea di Huntington. Questo dispositivo potrebbe rivelarsi molto utile anche per testare nuovi farmaci in grado di interferire con lo sviluppo e la progressione di queste malattie.
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